Un fllm di Tarantino è sempre un evento cui si guarda con inevitabile fiducia, la fiducia di uscire dal cinema appagato e felice di aver assistito a qualcosa di mai visto prima. Nonstante ciò sono andato a vedere Hateful 8 mantenendo un rigoroso low profile ed aspettative basse. Il fatto è che dall’uomo che ha partorito Pulp Fiction e Kill Bill mi aspetto, appunto, di restare sempre sbalordito, e sia Bastardi Senza Gloria che Django mi avevano convinto a metà. Hateful 8 invece è stato una bellissima sorpresa. Non un capolavoro, intendiamoci, ma un gran film con una trama, se vogliamo, basic che risulta a conti fatti solidissima perché tenuta insieme da dialoghi scritti e recitati alla grande.
Dopo Django, Tarantino ha deciso di continuare con il western ma non fatevi ingannare: questo film di western ha solo l’ambientazione perché lo svolgimento (almeno nella prima parte) è più simile ad un giallo di Agatha Christie che si sviluppa, però, dentro La Casa di Sam Raimi. In pratica all’inizio sembra un classico western, poi ti aspetti che quanto prima entri in scena Poirot e, alla fine, pensi che con Ash e la sua motosega il quadretto sarebbe stato completo. A proposito dell’atmosfera western, non ci sarebbe da stupirsi se il prossimo film di Tarantino, e cioè il suo penultimo (lo sapete, vero, che Quentin ha dichiarato che al decimo film si ritirerà?) dovesse essere anch’esso ambientato nel west perché, come lui stesso ha dichiarato: “Non puoi dirti un regista western se non hai fatto almeno tre film western, altrimenti ti stai solo trastullando.” Se tanto mi da tanto…
Naturalmente tornare un’altra volta nel far west sarebbe il miglior modo per omaggiare uno dei suoi idoli, Sergio Leone (anche se è indiscutibile che gli echi del cinema di Leone siano molto più visibili in Kill Bill vol.1 che in Django o The Hateful 8). Dopo l’immortale Trilogia del Dollaro di Sergio Leone potremmo così assistere alla Trilogia dell’Odio di Quentin Tarantino e, se Clint Eastwood era il filo conduttore dei western di Leone, Samuel L.Jackson lo è nei film di Tarantino. E c’è una aspetto che accomuna i due attori: la meravigliosa (in)espressività. E’ cosa nota che Leone disse che il suo pistolero, Clint Eastwood, aveva solo due espressioni: una col cappello ed una senza il cappello. Beh, anche Samuel L.Jackson ha solo due espressioni: una incazzata ed una incazzatissima.
Ma ora torniamo più strettamente in topic. Hateful 8 si svolge sostanzialmente in due atti: il primo tempo ha la finalità di preparare il terreno, presentare al pubblico il modo di agire e di pensare degli 8 odiosi (o “gli otto pieni d’odio” a seconda di che interpretazione decidiate di dare al titolo, entrambe comunque calzanti), ed il secondo tempo in cui saltano gli equilibri ed i toni da western investigativo vengono spazzati via da una mattanza splatter, una vera e propria escalation di violenza il cui termometro è il volto dell’unica donna tra gli 8: Daisy Domergue, interpretata da una sesquipedale Jennifer Jason Leigh, non a caso candidata all’Oscar ed assolutamente meritevole della statuetta dell’Academy.
E’ Daisy il centro di gravità attorno a cui si muovono gli altri sette (/otto) pessimi elementi del film. Solitamente nelle pellicole di Tarantino c’è almeno un antieroe che, per quanto violento, è animato da intenti per lo più nobili, un personaggio insomma con cui il pubblico riesca ad entrare in empatia (il pugile Butch Coolidge in Pulp Fiction, il tenente Aldo Raine in Bastardi Senza Gloria, Beatrix la sposa di Kill Bill o lo stesso Django), in Hateful 8 no. Perché se è pur vero che il cacciatore di taglie John Ruth, interpetato da un redivivo Kurt Russell (che con Tarantino aveva già lavorato nello slasher A Prova di Morte in cui era il sanguinario Stuntman Mike), ha una vaga parvenza di codice etico, la sua grettezza ed il ricorso (smodato) che fa alla violenza su Daisy lo pongono sullo stesso livello degli altri ospiti dell’emporio di Minnie. Insomma questo è il west di Tarantino ed è pieno di gente di merda. La mente va inevitabilmente ad un improbabile confronto con The Revenant e ok, forse nel film di Inarritu faceva più freddo, ma lì si poteva “simpatizzare” con Hugh Glass Di Caprio, un uomo che cerca giustizia animato dalla vendetta, o con quel buon uomo del capitano Henry; nel film di Tarantino invece è come se fossero tutti dei Tom “Fitzgerald” Hardy, con diversi livelli di perversione e bassezza morale.
Come accennavo più su, Tarantino non elogia la violenza, si limita a raccontare l’odio e nel farlo riesce sempre ad intrattenere il pubblico con improvvisi momenti di gore, dialoghi memorabili, personaggi che diventano immediatamente iconici e, ovviamente, una tecnica registica superlativa: la sequenza di apertura, un crocifisso di roccia in mezzo alla neve con una diligenza che si avvicina dall’orizzonte e la camera che si sposta lentissimamente è da brividi, e lo è anche grazie alla musica del maestro Morricone, musica che merita un discorso a parte.
Tarantino, rispetto ai soliti mash-up musicali che hanno caratterizzato i suoi film e che avevano raggiunto la loro sublimazione nella lucida follia di RZA in Kill Bill, ha deciso che Hateful 8 meritava una colonna sonora originale. A chi rivolgersi, se non all’uomo che aveva contribuito a rendere indimenticabili i western di Sergio Leone, ovvero Ennio Morricone? Dopo il loro incontro, però, fu chiaro che Morricone non aveva tempo per scrivere l’intera soundtrack: il film di Tarantino era finito, servivano le musiche entro un mese e Morricone stava lavorando all’ultimo film di Tornatore. Ma il maestro trovò una soluzione: diede a Tarantino una serie di pezzi originali che aveva realizzato per La Cosa di John Carpenter e che non erano finiti nello score finale del film tra cui l’immenso brano iniziale: L’Ultima Diligenza per Red Rock. Poi, ulteriormente ispirato dal film, Morricone ha impreziosito il tutto con alcuni brani scritti apposta per Hateful 8. Risultato un Golden Globe vinto ed una nomination agli Oscar. Applausi.
A questo proposito, due parole sulla clamorosa topica dei Subsonica che hanno dichiarato che le prime 4 note di L’Ultima Diligenza per Red Rock sarebbero le stesse di Tutti i Miei Sbagli, loro celebre pezzo del 2000; peccato che il brano di Morricone fosse, appunto, vecchio di 30 anni. Qui c’è il post direttamente dalla pagina FB dei Subsonica, alcuni commenti sono memorabili:
e comunque le prime quattro note orchestrali della colonna sonora (meravigliosa) di Hateful Eight di…
Pubblicato da Subsonica su Lunedì 8 febbraio 2016
Altro aspetto da sottolineare inevitabilmente di Hateful 8 sono le connessioni con il Tarantino Cinematic Universe. Come saprete (o dovreste sapere) i film del regista del Tennessee sono ambientati tutti nello stesso universo narrativo e due di essi (Kill Bill ed A Prova di Morte) sono considerati dei film nel film, cioè delle pellicole esistenti in questo strambo microcosmo narrativo. Ci sono dunque dei rapporti di parentela sottotraccia, il più celebre dei quali è che il personaggio interpretato da Michael Madsen in Le Iene, ovvero Mr Blonde il sadico responsabile della tortura al poliziotto, è in realtà Vic Vega, fratello del John Travolta/Vincent Vega di Pulp Fiction. Tornando ad Hateful 8, il personaggio interpretato da Tim Roth dice di chiamarsi Osvaldo Mobray, ma il suo vero nome si rivelerà essere Pete Hicox, il bis-bis-bis-nonno di Archie Hicox, l’ufficiale inglese che aveva il volto di Michael Fassbender in Bastardi Senza Gloria.
E poi Zoe, la donna neozelandese che guida la diligenza nel flashback di Hateful 8 (flashback che inizialmente ha quei toni volutamente e forzosamente stucchevoli ed allegrotti), è un richiamo alla stuntwoman, anch’essa neozelandese, Zoe di A Prova di Morte. Le due Zoe, tra l’altro, sono interpretate entrambe dall’attrice Zoe Bell.
Insomma di un film di Tarantino si potrebbe parlare per ore, trovando mille argomenti di discussione, taglio corto consigliandovi, se ancora non l’avete fatto, di andare al cinema a godervi lo spettacolo (che rimane tale anche se non avete vicino casa una sala in Ultra Panavision 70) perché The Hateful 8 è un freddo e coinvolgente viaggio nell’odio e nella mente di un regista dalla fantasia inesauribile, un film probabilmente non perfetto ma con momenti semplicemente geniali. Indiscutibilmente purissimo Tarantino.
Io vi saluto e vi ricordo che anche gli avventori dell’emporio di Minnie frequentano la pagina Facebook più odiosa dell’internet. La mia:
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