Eviterò di fare la classica recensione meccanicamente scandita da sintesi della trama-giudizio sulla storia-giudizio sui disegni. Sarebbe una recensione certamente positiva, ma che non chiarirebbe nulla di ciò che penso realmente del Nuovissimo Occhio di Falco di Jeff Lemire e Ramon Pérez.
Si perché a prescindere dal giudizio tecnico sul fumetto – nella specie certamente favorevole al lavoro svolto da questi due bravissimi artisti – ciò che più rileva in questo caso, è il risultato del predetto lavoro, in considerazione delle mie (e sottolineo MIE) personali aspettative.
Va obbligatoriamente premesso che sono un lettore Marvel da tantissimi anni ormai; e che già da qualche tempo subisco la noia dalle spesso ripetitive letture offertemi dalla Casa delle Idee (non che la controparte DC Comics sia meglio, eh). Non credo che la cosa avvenga per colpa di un particolare abbassamento qualitativo dei prodotti, quanto piuttosto e più probabilmente a causa della fisiologica crescita del sottoscritto che, superata da un po’ la soglia degli “enta”, ha iniziato a veder pian piano scomparire la perenne e costante scimmia per eroi e calzamaglie varie. La conseguenza è che, abbandonate da qualche tempo le testate principali e più spiccatamente supereroistiche, la mia affezione nei confronti del Marvel Universe, mi ha portato a cercare sempre più spesso le testate secondarie che, secondo un trend instaurato ormai con una certa frequenza, risultano quasi sempre essere quelle più sperimentali, meglio scritte e conseguentemente più interessanti. Moon Knight, She Hulk, Elektra, Iron Fist e ovviamente Occhio di Falco, sono solo gli ultimi esempi di come le testate di “seconda fascia” siano diventate terreno di sperimentazione ed evoluzione per tantissimi artisti più o meno affermati e di come su di esse si siano sviluppate storie e personaggi assai più interessanti di quelli considerati appunto come “principali”.
Proprio per tale ragione, l’annuncio di un team creativo come quello formato da Jeff Lemire e Ramon Pérez su All New Hawkeye è stato accolto dai lettori Marvel con grande gioia e sommo gaudio, vista anche la pesante eredità lasciata dalla strepitosa coppia Fraction-Aja. In fondo, la presenza di due autori come Lemire e Pérez avrebbe garantito alla testata una sorta di continuità stilistica con la run precedente, mantenendo intatto quello spirito indie (si può dire indie quando si parla di Marvel?!?) che tanto aveva colpito nelle precedenti avventure di Clint Burton. Aspettative soddisfatte? No, neanche per niente.
Innanzitutto, perché il Nuovissimo Occhio di Falco non ha proprio nulla di “nuovissimo”. Una storia che tenta da un lato di riprendere le fila esattamente da dove Fraction aveva lasciato, mantenendo toni e personaggi della storia il più aderenti possibile al suo predecessore; mentre dall’altro lato prova ad introdurre tematiche proprie della sua produzione (come ad esempio la presenza dei “regazzini”) che, francamente, iniziano a diventare piuttosto viste e conseguentemente noiose.
Poi, senza voler fare spoiler di alcun tipo, non sono rimasto convinto neppure dalla deriva della trama. Lo svolgimento della storia non innesca in alcun punto quella potente e sana voglia di sapere cosa succederà, cosa faranno i protagonisti, chi saranno gli antagonisti e così via. La sensazione è che si tratti di una lettura quasi fine a se stessa, priva di un’idea forte che faccia da traino agli eventi e, dunque, ad una lettura coinvolta e interessata.
Non certo un fumetto pessimo, All New Hawkeye, risulta quindi carente – almeno ai miei occhi – di quel quid in più che è legittimo attendersi da uno scrittore fatto e finito come Lemire. Probabile che l’autore di Essex County soffra un po’ i paletti imposti dalla Casa delle Idee o comunque patisca, come capita a molti, la limitazione di dover lavorare su un soggetto non suo, già formato in ogni sua sfaccettatura (o quasi).
Anche Pérez non appare nella sua forma migliore. La storia si snoda su due linee temporali (presente e passato) e il disegnatore cambia il proprio stile a seconda della narrazione: per il presente il tratto e la colorazione risultano quasi identiche a quelle di Aja (senza però la geniale e sempre ben studiata costruzione delle tavole dello spagnolo); mentre per raccontare gli eventi passati, Perez ci mostra i suoi famosi acquerelli, assai lontani, purtroppo, rispetto alla maestosità delle tavole e al sapiente uso del colore mostrato in passato con Tale of Sand.
Insomma, come avrete capito, sebbene si tratti di un buon fumetto, non posso fare a meno di rimanere un po’ deluso, forse a causa delle personali aspettative che riponevo su questi due fantastici artisti, forse anche a causa del gran parlare che si è fatto di questo titolo che, fino a questo momento, non riesce neanche lontanamente a farmi saltare dalla sedia. Rimandato a settembre (o meglio, a marzo con il numero #2).