ANUBI, scritto da Marco Taddei e disegnato da Simone Angelini è la cosa più interessante che mi sia ritrovato per le mani in questo 2015 appena trascorso. Il motivo è presto detto: dal preciso istante in cui ho iniziato a leggere il volume, non sono più stato in grado di staccare gli occhi dalle sue pagine.
Una storia avvincente quindi? No, non direi. Anzi, Anubi è un racconto quotidiano – quasi monotono – in cui ci viene mostrata, senza particolari fronzoli, la vita di una ex divinità egizia alle prese con il proprio esilio forzato in una qualsiasi cittadina di provincia. Una divinità molto più umana di quanto potreste immaginare, con una particolare predilezione per la droga e per il Campari, da consumare esclusivamente nell’unico bar della città in cui è permesso l’ingresso a divinità con fattezze di sciacallo. Accanto a questo grottesco personaggio, troviamo poi una variegata ed eterogenea quantità di sordidi comprimari: dall’ex collega Horus, preda delle sue incurabili psicosi, all’inseparabile Enrico, amico di vecchia data con cui Anubi condivide la dipendenza dall’eroina. Poi, ancora, un’infinita carrellata di tossici, beoni, vecchi ricoglioniti e suore dal discutibile senso etico; tutti lì a ricordare al nostro protagonista quanto è amara la sua prigionia, sebbene priva di muri o sbarre.
Ed in effetti – a ben vedere – è proprio a noi che gli autori vogliono rivolgere questo messaggio. Perché leggendo tutto d’un fiato questo eccezionale fumetto, ciò che salta subito alla mente (almeno alla mia) è la costante sensazione di disagio che presiede, o comunque, anima in parte le nostre vite. Quella perenne e oltremodo disturbante voglia di fuggire in un posto diverso da quello in cui ci troviamo, salvo poi ricordarci – anche solo per qualche breve istante – una qualche recondita ragione che ci costringe a restare. Intrappolati e infelici.
Detta così, sembra che Anubi sia una lettura angosciante o deprimente; quando, in reatà, nonostente la durezza dei temi e il crudo realismo con cui questi vengono sviscerati, il risultato ottenuto è spassoso e spesso intrigante. Lo stile underground di questo libro ricorda quello del primo Gipi o addirittura di Paz, con il suo modo spontaneo e ingenuo di raccontare lo squallore della vita quotidiana. Il libro è scandito da diversi racconti, spesso totalmente slegati tra di loro, ma che conservano come comune denominatore il tema della solitudine e del disagio esistenziale dell’essere umano.
La prosa è scarna e brutale, ma l’autore, Marco Taddei, non rinuncia ad inserire monologhi, riflessioni e pensieri che fanno luce sulla profondità e complessità dell’esistenza e dell’animo umano. Capita così che, nel corso di una lettura rapida e scorrevole, ci si imbatta in tratti più ostici, da leggere e rileggere più volte, per tentare di cogliere appieno ogni signola sfaccettatura di questa bizzarra storia e dei sui personaggi.
Il lavoro grafico è perfettamente in linea con quello di sceneggiatura. La semplificazione del tratto operata da Simone Angelini è propedeutica al tipo di linguaggio che si è inteso adottare e rispetto al quale entrambi gli autori si allineano in una perfetta sintonia di intenti e di risultato. Anubi è un romanzo brutale, grottesco e spigoloso e necessita di un segno che rispetti in modo puntuale le sensazioni che il testo intende trasmettere al lettore. Anche la scelta del bianco e nero risulta perfetta per rappresentare lo stridente contrasto tra divinità e umanità, gloria e esilio, vittoria e fallimento.
Anubi, edito da GRRRz Comic Art Book al prezzo di € 13.90, è un libro da non perdere, specie se avete un debole per un certo tipo di fumetto indipendente, crudo e diretto. La storia di un dio che rinasce uomo per comprendere sulla propria pelle tutta la tristezza e la sofferenza propria della natura umana.