Il Dylan Dog di Ratigher

Sottotitolo: La sospensione dell’incredulità

Vediamo se ho capito bene: c’è questa tizia che si fa almeno 800 km, metti otto ore di macchina senza fermarsi mai (utopico), per andare a Londra da Dylan Dog a chiedergli di indagare sulla scomparsa di una sua cara amica, abbastanza zoccola, che in paese per ammazzare la noia la dava a tutti, cani e porci.

Arriva a Londra, che è mattino, insomma c’è ancora la luce del giorno, entra in casa dell’indagatore, dopo aver interagito con il più brutto Groucho che io abbia mai letto (a proposito, ma non era sparito con il nuovo corso di Dylan Dog il poro Groucho?), spiega a Dylan le cause della sua visita e tenta di farselo, così a bruciapelo.

L’evento evolve in modo che inspiegabilmente – ah prima che me lo chiediate, i dialoghi sono pietosi e la caratterizzazione latita – dicevo, inspiegabilmente Dylan torna con la tipa in Scozia, in un posto che non esiste, Port Frost.

Sono altri 800 Km, quindi lei macina in una giorno circa 1600km…

No, non è una camionista di professione, è una maestra d’asilo e, a giudicare dalle fregole, è un poco zoccola come l’amica scomparsa. Ma, si sa, la vita di paese è noiosa e monotona,  e per rallegrare le giornate uno si inventa quel che può, anche trombare a destra e a manca… lustri e lustri di commedia sexy all’italiana con Alvaro Vitali e Renzo Montagnani insegnano. Chissa Ratigher quante ne ha viste di commedie sexy all’italiana per scrivere una sceneggiatura così.

Dunque, il nostro eroe e la sua nuova cliente, con un semplice caso di sparizione, senza mostri senza, vampiri, senza fantasmi, senza più il caro vecchio quinto senso e mezzo a giustificare mille vecchie avventure, arrivano in Scozia in tempo, guarda un pò, per vedere i funerali dell’amica scomparsa, quella abbastanza zoccola.  
A proposito in Scozia, sedici ore dopo è ancora giorno.

Quindi, nell’arco di sedici ore, a tenersi stretti badate bene, in un paesello che non esiste, viene ritrovato il cadavere di una donna scomparsa, viene fatta l’autopsia dal coroner, viene restituita la salma ai familiari, e viene organizzato il funerale.
Ma il curatore dov’è?! Non c’è, è su facebook, impegnato a celebrarsi sulla sua bacheca per i mille impegni nel mondofumetto di provincia italiano.

Torniamo a noi: e che funerale! 

Donne imbruttite che si fanno i selfie, nei pressi della bara, berciando maleparole nei confronti della defunta (d’altronde le donne sono così, più sei bella, più sei mignotta). Tifosi che intonano cori da stadio, bambini morbosi, curiosi di assistere ad una sepoltura. Insomma stereotipi scadenti come se piovesse.
Parlando di stereotipi, c’è anche un marinaio vestito come il Capitano dei bastoncini, che versa sulla bara un bicchiere di… di cosa? Acqua di mare? Acqua potabile? Vino? Piscio di capra? Whisky? Non ci è dato saperlo.
L’intera sceneggiatura sembra scritta a cappella, direbbe er Piotta.
E poi lì – in mezzo a tutti quegli stereotipi – le megere invidiose che si fanno i selfie, i tifosi ubriachi, i bimbi morbosi, la povera Fiona (la maestra d’asilo), un personaggio in cerca d’autore, ha una crisi isterica stereotipata.
Grida vendetta, la Fiona, butta le braccia al collo di Dylan e piange , non resta che portare la tipa a casa, e cambiare la location.

Vi risparmio i dettagli, vi voglio bene, ma posso dirvi che ad un certo punto lacrimavo sangue come una madonna addolorata.

Vi basti sapere solo che in quelle particolari pagine mi imbatto in una vignetta che ovviamente buca la griglia classica dei Bonelli, e fateci caso è un tema ridondante quello dello stravolgimento della griglia classica bonellide da quando c’è Recchioni in giro.

Rivoluzione irriverente. Povero Sergio.

Comunque  vi stavo parlando di questa particolare vignetta, appena l’ho vista ho avuto un brivido lungo la schiena: i due personaggi di profilo uno di fronte all’altro, alle loro spalle lo spazio diviso in due precisi rettangoli, il bianco per Dylan Dog, che parla bonariamente di cose senza senso, sdrammatizza, manco alla tipa gli fosse morto il gatto, il nero per la povera Fiona, con il lume della ragione andato, perso nell’angoscia e nella rabbia per la recente perdita. Il bianco ed il nero, due registri comunicativi così diversi ed incompatibili, in quel frangente.

Deja-vu, Asterios PolypMazzuchelli. Prego iddio di sbagliarmi.

Sarebbe troppo. Il risultato è comunque grottesco.

Si fa notte finalmente, anche in questo piccolo paese della Scozia che in realtà non esiste, Port Frost è solo l’ennesima forzatura in una trama forzata come i lavori, Port Frost esiste per poter citare i Led Zeppelin, il fumetto ipertestuale che piace tanto al Rrobbe.
E quando si fa notte si dorme, senza sesso però, si tromberà più in là, in una tavola con griglia a nove vignette senza parole, come se ci si potesse permettere il lusso di ammutolire sequenze di immagini senza senso, e l’indomani Dylan finalmente ha un unico pensiero coerente, fa l’unica azione umanamente accettabile, sente di non essere di alcun aiuto lì, ma è solo una brevissima parentesi, poi Ratigher riprende a ruota libera, lui vuole rientrare a Londra, lei non vuole riportarcelo e come si fa? Il treno direte voi. Bah come siete ordinari.
Invece no, qui siamo in pieno fumetto autoriale, sul treno ce lo avrebbe messo SclaviManfredi, chiunque di queste vecchie mummie che hanno ucciso il fumetto italiano. Qui siamo in piena rivoluzione bonelliana. Ratigher invece porta Dylan al bar del paese a “cercare un passaggio per Londra”!
Siamo ad ottocento km da Londra, in un buco di culo di paese… è come se io adesso andassi al bar del buco di culo di paese in cui abito nella provincia di Pavia e chiedessi ai clienti se qualcuno è diretto a Roma.

E’ più o meno qui, a questo punto della non-storia, che realizzo che sto leggendo una delle cose più ridicole da quando mia madre mi ha messo in mano il primo Topolino, per farmi stare zitto e bono. Non avrebbe avuto più senso tirar fuori questo famoso smartphone e collegarsi a blablacar?

Quanto disagio, quando pressappochismo, quanta inesperienza, quanta ignoranza del mezzo, e secondo il Rrobbe sarebbe un’autore emergente della scena autoriale italiana? Ma il Rrobbe l’ha letta questa sceneggiatura prima di apporci il timbro “approved“? O per il nuovo lettore Bonelli, quello perennemente connesso online, doveva bastare il nome in copertina?

Ma come ha fatto a firmare la storia di un personaggio che 20 anni fa rappresentava il fumetto in Italia? Ma come abbiam fatto a ridurci così? Ma avete fatto a ridurvi così? Mi correggo.

Peggiora comunque, so che sembra impossibile ma peggiora, manca ancora molto prima di arrivare a 98 pagine, purtroppo.

Impossibilitato a rientrare, Dylan comincia ad indagare, su cosa? Non si sa.

Si ritrova in un altro bar, dove il barista ubriaco già di prima mattina che fa?

Bravi, singhiozza. Stavolta è con il marinaio di pocanzi, il capitano Findus, che ovviamente in quanto depositario della conoscenza è considerato il matto del paese. Aprite gli ombrelli piovono stereotipi.

“Devi andartene da qui ragazzo o morirai qui!”

Fermatevi e fate mente locale e contate in silenzio quante volte avete sentito questa frase nella vostra vita di lettori.

Il vecchio parla della leggenda della strada costruita dai giganti, delle pietre esagonali, quelle presenti anche sulla cover del disco dei Led Zeppelin, col senno di poi sembra che l’intera baracconata sia costruita per far capire ai lettori che Ratigher è uno di noi, di voi a dire il vero, che  ascolta i Led Zeppelin. Il resto della leggenda è frutto della mente dell’autore, non c’è alcun maleficio sulle rocce esagonali, al contrario, quelle irlandesi, quelle della cover del disco, sono state dichiarate patrimonio Unescu, pensa te, pure una querela dall’ente del turismo irlandese rischiamo, meno male che Dylan Dog lo leggiamo per lo più solo in provincia d’ Italia, il maleficio è come Port Frost, non esiste, è una forzatura, una non svolta in una non storia.

Solo una cosa è certa, le acque del mare che bagna questa sfortunata costa della Scozia si stanno ritirando, e stanno esponendo  alla vista dei protagonisti di questo dramma, quel misterioso pavimento di rocce esagonali, e più metri quadri di pavimento maledetto si palesano, più la gente impazzisce e diviene cattiva.

Ecco perché è morta l’altra zoccola, quella scomparsa, Molly si chiamava, morta perché l’aveva data troppo in giro, a tutti tranne che al papà. Piovono stereotipi e luoghi comuni, riparatevi che l’ombrello non basta più.

E finalmente Ratigher comincia la discesa verso il finale, verso un’altra vignetta che buca la griglia bonelli, verso un’altra assurdità, in un albo che ne è saturo. E’ l’apocalisse, il mare sparisce del tutto e rivela il suo letto, qui e li stelle marine e granchi, il tipo forse ha letto Dagon, forse possiamo sperare che non è tutto il tempo connesso sui social ad ammaestrare i fan ad apprezzare la sua scrittura.
Ma un HP, non fa primavera, al porto o in cima ad una scogliera, non ricordo più, il vecchio pazzo quasi piange, ha le mani sugli occhi, ed è incapace di sostenere la vista di questa visione aliena, la costa prosciugata dal mare, è come un vecchio amico reso irriconoscibile da un incidente, da una serie di ferite, e cosa si disegna in questo riquadro per enfatizzare la didascalia?

Dylan Dog sfigurato. Ma è ovvio, d’altronde il marinaio lo conosce da meno di 12 ore, chi meglio di Dylan Dog può esprimere il concetto?

Rivoluzione irriverente, sinergia sperimentale tra chi scrive e chi disegna… o forse no, semplici dilettanti allo sbaraglio in una casa editrice in cui regna un’ anarchia assoluta.

A me piace pensare che quel Dylan Dog dilaniato, è li per me, per me che non leggevo una sua storia da più di 18 anni, un vecchio amico che ho seguito per più di 100 numeri ma che poi ho lasciato perdere, quella didascalia, mi piace pensare sia rivolta a me e a tutti quei lettori che hanno maturato la loro passione per la lettura anche con Bonelli, che ora è irriconoscibile, dilaniata da una pletora di pippe vere  rese dive dalla rete, che si credono autori di fumetti.

Vi dico il finale?

Ma il finale non c’è.

3,50€ o giù di lì, ma non ti è dato sapere perché l’acqua sparisce, ne perché ricompare inghiottendo l’ultima zoccola superstite, il vecchio albo di Dylan Dog sarebbe finito con l’indagatore seduto alla sua scrivania antica, a casa sua, annotando sul suo diario l’inspiegabile vicenda, il vecchio Dylan Dog, avrebbe tentato di esorcizzare la sua esperienza, cercando spiegazioni plausibili degli eventi, qui, nulla di tutto ciò, l’acqua così come va via senza motivo, torna senza motivo, e sommerge Port Lost.
Perché? Il perché non conta, conta solo che avete tra le mani il Dylan Dog di Ratigher, mica in Bonelli stanno a pettinà le bambole.

Stringete tra le mani la prova che ci siete anche voi, lettori, autori, tutti connessi, tutti convinti di essere parte di un imperdibile momento della vita dell’editoria italiana. Quell’irriverente giovane energia che alla fine prevarrà sul vecchio. Magari il prossimo che chiamano a scrivere è Sio.

Ma a mio modestissimo parere siete testimoni degli ultmi rantoli, e ai tempi di Sergio robe del genere avrebbero visto la via della pubblicazione, forse nelle pagine dei cloni di Dylan Dog, orrori veri tipo Dick Drago o Gordon Link. A Recchioni, se accetta consigli da semplici lettori, poco inclini all’incanto che può dare rapportarsi sui social con il loro autori preferiti, posso solo dire, leggi di più ciò che fai pubblicare, perché se questa è la rivoluzione e questi sono i robespierre….povera italia.

Baci ai pupi.

 

Questo pezzo è stato pubblicato anche sul mio blog: Fumettopenia

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