The Walking Dead – Tra fumetto e serie TV

Ok, lo ammetto. Quando ho sentito la notizia di un imminente telefilm sugli Zombie mi è quasi venuta l’orticaria. Ho sempre detestato i film che ne parlavano, (e stiamo parlando di qualcosa che, se va male, dura due ore, quindi il massimo del rammarico può essere quello di avere la sensazione di aver perso 120 minuti della propria già breve esistenza) figuriamoci doversi sorbire un telefilm che, nella migliore delle ipotesi, mi avrebbe vista entrare negli “enta”.

Niente di più stupido da parte mia, già alla prima puntata (vissuta con pessime aspettative) mi sono dovuta ricredere su tutta la linea: non solo il telefilm non ha niente – E DICO NIENTE – a che vedere con i film di cui sopra, ma ti tiene incollato allo schermo con un coinvolgimento che difficilmente una serie TV era riuscita a trasmettermi.

Perché The Walking Dead parla di Zombie, è vero, ma sarebbe riduttivo e superficiale soffermarsi a questo.

Quando Rick Grimes, vice sceriffo di una piccola cittadina della Georgia, si risveglia dal coma nulla è come lo aveva lasciato. La morte prende il sopravvento sulla vita, tutti coloro che conosceva non ci sono più, sono spariti, o peggio, si sono trasformati in esseri mostruosi, tornati dall’aldilà senza una ragione apparentemente plausibile. In un mondo invaso da “morti viventi”, in cui le autorità e i governanti sembrano aver abbandonato al proprio triste destino i pochi superstiti rimasti sulla terra, la lotta per sopravvivere sembra senza fine.

Cosa è successo? E dove è finita la sua famiglia? Da questi interrogativi inizia l’avventura di Rick, il suo viaggio alla ricerca di risposte, ma ancor più alla ricerca di quella famiglia che può essere il suo unico appiglio per non perdere la speranza . Da questo punto di partenza si sviluppa una storia intensa, ricca di personaggi ben caratterizzati, avventure al cardiopalma e… zombie, zombie e ancora zombie. 

Assolutamente affascinata dalle prime due serie TV, che ho trovato davvero splendide, e spinta da una spasmodica curiosità, ho deciso allora di prendere in mano il fumetto, non avrei di certo potuto attendere quei quasi 365 giorni che mi separavano dall’inizio della terza serie.

Mi sono tuffata e, in una quasi apnea, ho letto quegli 11 volumi che sembravano tantissimi ed enormi ma per i quali, in realtà, mi è bastata poco meno di una settimana. E quello che ho trovato è stato una sorpresa.

Constatare la profonda diversità tra l’opera scritta da Kirkman e il telefilm mi ha lasciata basita, ma entusiasta allo stesso tempo.

Le due opere non si differenziano solo per le tempistiche totalmente dicotomiche (basti pensare alla parte della fattoria che nella serie Tv sembra infinita, mentre nel fumetto dura il tempo di un soffio), ma per le cose che accadono, per le modalità in cui accadono, per la presenza di personaggi che nella serie TV esistono e nel fumetto no, e viceversa. Giusto per fare un esempio, la scomparsa di Sofia, nodo centrale della seconda serie, e la terribile scoperta della sua presenza nel fienile in una stupenda scena al cardiopalma a conclusione della settima puntata, non figura minimamente all’interno del fumetto in cui, ancora al dodicesimo numero, Sofia è viva e vegeta e gioca allegramente assieme a Carl. 

Ma non solo. Molte cose nella serie TV sono state sottratte e tralasciate, senza tuttavia far mai avvertire la mancanza di nulla, tant’è che il telefilm è riuscito a suscitare in me i medesimi sentimenti che ho provato leggendo il fumetto. Ricordo qual era il pensiero ricorrente: nel mio immaginario, se mai dovesse (o potesse) accadere una cosa simile, mi piacerebbe riuscire a creare un gruppo con gli altri sopravvissuti, crescere, diventare forti e spaccare il culo ai maledetti zombie.

Ma, altrettanto spesso, messa di fronte a sentimenti contrastanti, personaggi controversi e comportamenti discutibili ho pensato: se il mondo non fosse mai più come lo abbiamo conosciuto, i sentimenti , i valori, le priorità non si trasformerebbero poi irrimediabilmente?

Ed è questo ciò che rende davvero meraviglioso tutto il mondo di “The Walking Dead”, non esistono più sentimenti scontati, il torto o la ragione, il bene o il male. Tutto cambia, di tutto quello in cui crediamo e che diamo per scontato non v’è più traccia: esiste la voglia di sopravvivere  a qualunque costo e la legge del più forte torna a farla da padrone. Hai davanti a te personaggi che sono “brave persone”, e talvolta contro ogni logica spicciola queste compiono dei gesti apparentemente incomprensibili. E tu ti trovi investito da sentimenti in totale contrasto tra loro, rifletti, immagini, ti immedesimi, e le domande si fanno sempre più frequenti e pressanti. Fin dove potresti spingerti per proteggere te stesso e le persone che ami? Quanta umanità rimarrebbe in te continuando a vivere in un mondo che di umano conserva ben poco?

Per questo il mio giudizio su questa opera, sia per ciò che concerne il fumetto che per quel che riguarda la serie TV, non può che essere estremamente positivo. È vero, ci sono puntate di “transizione” che potrebbero in un primo momento lasciarti con l’amaro in bocca, farti pensare che la settimana passata ad attendere la puntata o, peggio, i mesi ad attendere il fumetto siano stati inutili, e che ti saresti aspettato di più ma, almeno a mio parere, anche queste “pause” sono assolutamente necessarie a far arrivare al lettore/telespettatore l’aspetto di cui parlavo, quello legato ai sentimenti, che a mio avviso è ciò che rende The Walking Dead un’opera veramente unica. 

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