Thank God Is Wednesday is back, bitches! Una nuova ondata di DC You colpisce gli scaffali delle fumetterie Statunitensi, rubando la scena ad un Battleworld relativamente scarno rispetto alle scorse settimane. Essendo un simpatico burlone, ho sparso per le recensioni un po’ di citazioni del film Disney che da il titolo a questo articolo. Cercatele e, se ne avete voglia, riportatele nei commenti. Partiamo!
Justice League Of America #1 – Hitch
Same Old, Same Old
Avulsa dalla continuity attuale, in lavorazione da circa due anni e di stampo widescreen, la Justice League Of America di Bryan Hitch si prefissa l’obiettivo di raccontare una storia di proporzioni epiche, senza badare alle restrizioni della timeline principale DC Comics ed utilizzando comunque i personaggi nati con il New52. L’illustre disegnatore si improvvisa nuovamente autore, realizzando forse la sua miglior prova alla penna e superando di gran lunga tutti i suoi precedenti lavori alla sceneggiatura, a dir poco pessimi. Sorprendente è quindi il discreto risultato raggiunto da questo debutto, marchiato però da imperdonabili pecche sintomatiche di una evidente immaturità artistica nella scrittura, nonostante il lungo lavoro di creazione prima della pubblicazione.
Già coinvolto in passato come illustratore della JLA di Mark Waid, Hitch torna sui più importanti supereroi DC mantenendo quel tono panoramico che da sempre contraddistingue il suo artwork, da Stormwatch a The Authority sino ad arrivare ai più moderni Age Of Ultron e l’indimenticabile run su Ultimates 1 & 2. Nonostante abbia ultimamente semplificato il suo stile per rispettare le scadenze e non incorrere negli interminabili ritardi del sopracitato Ultimates, Bryan Hitch continua ad essere una vera e propria gioia per gli occhi: a partire dalle brillanti rappresentazioni dei vari Leaguers, ciò che da sempre definisce la grandezza del disegnatore britannico è l’immensa quantità di dettagli presente su pagina e il dinamismo dei suoi layout durante le splendide sequenze action. L’apocalittica apertura, la raccapricciante pila di Superman defunti e l’utilizzo di angolazioni cinematografiche in grado di rendere alla perfezione momenti come l’abnorme crescita di Parasite, sono solo alcune tra le peculiarità artistiche che rendono Justice League Of America #1 visivamente appagante.
Lo script della issue vacilla, dimostrando quanto sia acerba la penna di Bryan Hitch: nonostante la buona conoscenza della mitologia DC e l’impegno nella caratterizzazione dei personaggi e nella scrittura dei dialoghi, la sceneggiatura di Justice League Of America #1 non convince appieno. Pilastri come Superman e Batman risultano spesso out-of-character, comportandosi come novellini soprattutto durante le sequenze d’azione e d’indagine. Le mire sensazionalistiche della trama impostata da Hitch si spengono nell’eccessiva quantità di pagine filler di questa oversized-issue, riprendendosi nel finale grazie ad un cliffhanger che contemporaneamente sa di già visto e stupisce per la reintroduzione di un personaggio decisamente importante della mitologia Kryptoniana. Interessantissimo il sub-plot con protagonista Aquaman, coinvolto in un intreccio di stampo sociopolitico che pone una di fronte all’altra le Nazioni Unite e la sua Atlantide.
Approfittando del Post-Convergence diventa facile divertirsi con una continuity traballante, ed è esattamente questo lo scopo della Justice League di Bryan Hitch: divertire. Nonostante le pecche dello script, la banalità generale della trama e l’eccessiva decompressione di uno storytelling farcito di filler inutili, JLA#1 intrattiene il lettore grazie ad un’ampia dose di mistero, spunti narrativi discretamente interessanti e un artwork stellare, per quanto lontano dai fasti del passato. Un piccolo monito giunge infine: non sottovalutate l’immaturità di Hitch come autore, potrebbe non essere in grado di far quadrare il cerchio delle molteplici sottotrame.
Préz #1 (of 12) – Russel/Caldwell
Is This A Dc Comic!?
Come descrivere questa nuova, eccentrica miniserie targata DC Comics, così diversa dalla solita produzione di Burbank fatta sempre con lo stesso stampino?
Préz è Black Mirror se fosse stato girato dai registi di Boris. The Waldo Moment scritto come Il Sordomuto, Il Senatore e Gli Equilibri Del Paese. Una forte satira al vetriolo nei confronti di una società distopica sin troppo vicina alla nostra, filtrata attraverso un surreale sarcasmo ed un cinismo in grado di delineare in maniera lucida i grotteschi effetti su ampia scala delle tecnologie di comunicazione. Annesso a tutto questo, Préz #1 è in grado di portare a galla temi scottanti quali l’immigrazione illegale, il peso della sanità privata che grava sulle spalle dei cittadini Statunitensi e, soprattutto, quanto a largo potrebbe spingersi il sistema politico, a tal punto da avere come papabile candidata presidente una ragazzina diventata famosa grazie ad uno stupido video su YouTube, sorretta dall’organizzazione più influente sulle masse, Anonymous, ed eletta grazie a Twitter.
Beth Ross è la protagonista che timidamente fa capolino sulle pagine di questa prima issue, debutto dedito principalmente al build-up della bizzara ambientazione. Mark Russel ci lascia poche informazioni sulla giovane: una commessa part-time che tenta disperatamente di raggranellare denaro sufficiente a pagare le cure per la grave malattia che affligge suo padre, disposta anche a mettere in pericolo sé stessa in grotteschi show televisivi per raggiungere questo fondamentale obiettivo.
Quello che stupisce di Préz è l’incredibile capacità di prevedere l’imminente futuro a cui siamo destinati, un mondo in cui gli YouTuber hanno totalmente sostituito i Talk Show e le corporazioni hanno la possibilità di concorrere per la Casa Bianca, oltre che di proporre nelle loro campagne elettorali Droni Consegna-Tacos come soluzione all’annoso problema della povertà e della fame nelle strade Americane del 2036.
Russel tende un agguato ai lettori: quanti di noi saranno in grado di cogliere la spaventosa verità che si nasconde dietro Préz? Perché non è le premessa di una teen-ager alla Casa Bianca a destare scalpore ma la tranquillità con cui questa premessa viene accettata dal vibrante setting e, inconsapevolmente, dal lettore poco attento, oramai anch’egli assuefatto da una vita in cui realtà e distopia sono inquietantemente fuse.
L’appeal apparentemente scanzonato di Préz #1 è merito in gran parte del disegnatore Ben Caldwell: a dispetto della buona ma non eccellente prova dello Sneak Peek, l’artista si dimostra nuovamente adatto alla narrazione di Russel con il suo stile cartoonizzato alla Babs Tarr e aggiunge ulteriore dettaglio alle sue tavole, fucine di easter eggs disseminati per tutta la issue. Caldwell contorce il suo tratto pulito ed innocente, portando i possibili sorrisi sfuggiti al lettore verso un abisso di inconsapevole angoscia.
È proprio miscelando le peculiarità del duo creativo che si ottiene la sconvolgente comicità di Préz, pilastro dell’intera miniserie che, purtroppo per noi, durerà solo un anno. La consapevolezza morale e politica dell’opera di Russel&Caldwell annienta la concorrenza DC You e porta la giovane presidentessa sulle vette del rilancio. Perché Préz sta all’attuale line-up DC come 1984 sta ad Hunger Games: entrambi raccontano una storia ma solo uno è in grado di intrattenere e contemporaneamente approfondire tematiche importanti. Allora grazie di tutto Beth, è stato un vero spasso.
DC YOU MEDLEY!
Robin, Son Of Batman #1 By Gleason: Sarà Damian Wayne in grado di reggere una regular in solitario senza l’ausilio di suo padre? Questa prima issue di Robin, Son Of Batman purtroppo non è in grado di rispondere in maniera propriamente positiva alla domanda. Dimenticavi della cura di Tomasi per le sfumature caratteriali dei protagonisti. Patrick Gleason si tuffa a capofitto nella piscina degli anni 90 per una issue molto superficiale e dallo storytelling poco equilibrato, gestita non al meglio ma che comunque riesce a dare un obiettivo, perlomeno a breve termine, per lo sviluppo degli eventi. La narrazione spesso si perde in passaggi fondamentalmente inutili per un numero troppo elevato di pagine, mentre gli spunti più interessanti vengono relegati in secondo piano. Damian in solitario perde parte del suo fascino, instaurando un pericoloso dubbio per questa serie: e se la bellezza del piccolo Wayne fosse definita dalle sue relazioni interpersonali con il resto della Bat-Famiglia?
Se la penna di Gleason è incerta, lo stesso non si può di certo dire delle sue matite: la maggior parte delle tavole sono spaccamascella, in particolar modo quelle rappresentanti l’enorme Man-Bat, chiamato Goliath, che accompagna Damian. Le illustrazioni dell’artista colgono alla perfezione il mood di ogni singolo momento della issue, superando di gran lunga persino Andy Kubert come miglior disegnatore di Damian Wayne. Ciò che rendeva speciale Batman&Robin sembra essersi perduto e questa testata purtroppo sembra semplicemente, per quanto discreta, l’ennesima storia sull’ennesimo Robin. Incrociamo le dita per un futuro miglioramento.
Martian Manhunter #1 By Williams/Barrows: La nuova serie sul Marziano più amato dell’universo DC Comics poggia su buone idee che vacillano in fase di esecuzione, complice una narrazione farraginosa e frammentaria. La fantastica premessa Horror/Sci-Fi dell’Epifania, il risveglio dei Marziani dormienti sulla terra, è intrigante oltre ad esser coerente con numerosi indizi disseminati qua e là dall’inizio del New52, ma lo storytelling sovente perde il focus, gettando troppa carne al fuoco in maniera disorganica, saltando da una scena all’altra e da un personaggio all’altro in tempi eccessivamente rapidi. La qualità della narrazione è dunque altalenante, ottima nelle sequenze Horror/Sci-Fi e di caratura mediocre nelle restanti porzioni della issue.
L’attenzione sull’omonimo protagonista della testata, Martian Manhunter, è relativamente scarsa, risultando straniante per il lettore inesperto e piuttosto incoerente con il numero #1 sulla cover. Questa serie di pecche denota una struttura poco solida di uno script che raramente riesce a reggere il peso di questa trama sviluppata su ampia scala. Martian Manhunter #1 è artisticamente la serie “Dark” DC Comics che meglio riesce a rappresentare graficamente il mood oscuro ed inquietante impostato dall’autore. Tutto questo grazie alle ottime matite di Eddy Barrows, in grado di rendere al meglio anche le abilità metamorfiche del protagonista attraverso l’utilizzo di un risibile numero di pannelli. MM#1 di Williams&Barrows è una issue che provoca sentimenti contrastanti: un’ottima idea, impostata con il giusto tono ma macchiata da uno storytelling sconsiderato.
Doctor Fate #1 By Levitz/Liew: È molto semplice descrivere questa nuova incarnazione di Dr Fate scritta da Paul Levitz: un ottimo clone, forse il meglio riuscito, della famosissima Ms Marvel targata Wilson. Riprendendo la narrazione precisamente dal termine del recente Sneak Peak, al giovane Studente di Medicina Khalid Nassou viene conferito il potere dell’elmo di Doctor Fate dalla Dea Egizia Bastet, mentre Brooklyn è vittima di un tremendo nubifragio. Il background scarno di questo personaggio appena creato ed un setting avulso da una qualsivoglia mitologia e mai esplorato, rendono Doctor Fate una vera chicca nel panorama supereroistico DC Comics, una testata libera e pulita dalla routine e dalla ciclicità fatta di Kryptoniani depotenziati e Robo-Conigli.
Fondamentale è il sopracitato Sneak Peek, parte integrante della storia e assolutamente necessario per godersi al meglio questo debutto. La narrazione è perfetta, esattamente come la caratterizzazione dei personaggi e delle forze divine in gioco, decisamente originali nei loro atteggiamenti. Sonny Liew ed il suo stile abbozzato e particolare, apprezzato nel candidato all’Eisner The Shadow Hero, è fantastico nel definire senza troppi fronzoli la città di Brooklyn, concentrandosi principalmente sulla rappresentazione realistica degli ambienti in cui si svolgono le sequenze di Doctor Fate: la spazzatura lasciata agli angoli delle strade e la cucina in totale disordine della casa in cui vive con i suoi genitori, sono solo alcuni dei dettagli che avvicinano questa issue ad una realtà tangibile e lontana dallo splendore del mondo supereroistico a cui siamo tutti abituati. Doctor Fate #1 è l’ottimo debutto di uno slice-of-life di egregia fattura, insolito per il target e per la line-up Dc Comics.
BATTLEWORLD MEDLEY!
Thors #1 By Aaron/Sprouse: Di tutta la Marvel è il più esaltante degli eroi e Jason Aaron sa come si fa ad appassionare ogni lettore. Prendete un poliziesco procedurale a-là Law And Order, miscelatelo con la maestosità Asgardiana del Dio Del Tuono e otterrete Thors #1, un nuovo tie-in di Secret Wars da annoverare tra le migliori storie di quest’anno. Ultimate Thor e Beta Ray Bill, partner investigativi dei Thor Corps, sono sulle tracce di un Serial Killer che ha colpito donne provenienti da svariati reami del Battleworld. Il duo è protagonista di una Crime-Story con venature Fantasy e, per quanto l’accostamento possa sembrare poco appropriato, tutto scorre nel migliore dei modi: ogni singolo personaggio, dai due detective della omicidi provenienti dal Doomguard ai numerosi Thor presenti nella issue, è caratterizzato talmente bene da provocare un forte impatto emotivo nel lettore, oltre ad avere in generale un script stellare e dei dialoghi incredibilmente adeguati all’atmosfera.
I tratti dei Thor sono perfettamente dettagliati, mantenendo la loro individualità ed espressività, grazie alle matite di Chris Sprouse. Il suo stile molto tendente al photo-refering impregna le illustrazioni di un realismo perfettamente coerente con l’atmosfera da cop-drama che aleggia su tutto Thors #1, senza concentrarsi troppo sulla definizione estetica delle varie comparse facenti parte dei Thor Corps. L’attenzione alle inquadrature e al posizionamento delle sagome nei pannelli instaura un feeling televisivo non indifferente, che coadiuva la sensazione di aver di fronte a sé una serie poliziesca piuttosto che un fumetto. Jason Aaron non smette mai di stupirci, non sbagliando mai nemmeno un colpo e tirando fuori dal cilindro capolavori su capolavori.
Squadron Sinister #1 By Guggenheim/Pacheco: Malvagi fino al midollo, con l’intento di annettere al loro dominio la maggior parte dei Reami che li circondano, lo Squadron Sinister è protagonista di questa prima issue dell’omonimo tie-in di Secret Wars, denso di intrighi politici e discreta caratterizzazione. Nati come una versione distorta dello Squadron Supreme, rivisitazione in chiave realistica della Justice League, è possibile definire questo team come un Crime Syndicate Of America targato Marvel. A differenza di lavori seminali su supergruppi di questo genere come JLA: Earth 2 o Supreme Power, il debutto di Guggenheim su questi Villain è soltanto discreto, incapace di lasciare il segno e colpire i lettori a causa di una costante sensazione di Deja-Vù.
I personaggi, seppure stereotipi scopiazzati da altri stereotipi ben più famosi, funzionano grazie ad una caratterizzazione semplicistica ma efficiente. Il plot procede con un ritmo ben scandito, regalando anche qualche buon twist, e la narrazione non lascia spazio ad errori tecnici, Squadron Sinister #1 è semplicemente reo di non aver in sé nessuna peculiarità che lo distingua da centinaia di altri fumetti. Carlos Pacheco, un tempo grandissimo e ultimamente altalenante, si assesta ad un livello discreto ma risultando troppo anticlimatico in determinati scenari e lasciando molto a desiderare nel character-design dei protagonisti, spesso tremendamente ridicolo. Senza infamia e senza lode, Squadron Sinister #1 è un tie-in totalmente bypassabile, consigliato unicamente ai fan più sfegatati degli alternate-universe.
Giungiamo al termine di questo Thank God Is Wednesday 19, ci risentiamo alla prossima settimana con l’attesissimo rilancio di Superman targato Gene Luen Yang. Hasta La Vista!