È giusto giocare secondo le proprie regole, infischiandosene dell’etica, della morale e delle restrizioni politiche o legislative? Secondo Grant McKay e la sua Anarchy League Of Scientists sì, a tal punto da porre come assioma ideologico del loro lavoro l’assunto “There is no authority but yourself“. Sfondando la barriera della realtà e imparando i segreti della Black Science, il team di scienziati inizia il suo viaggio nell’Omniverso, un ammasso di universi paralleli disposti a strati uno sopra l’altro. Quando l’oggetto utilizzato per compiere i salti interdimensionali, detto il pilastro, viene sabotato, il surreale pellegrinaggio del team viene compromesso e i movimenti tra le varie dimensioni divengono casuali, impedendo agli scienziati di tornare al proprio mondo.
Black Science, scritto da Rick Remender e illustrato da Matteo Scalera, è uno sci-fi in salsa pulp sull’autarchia scientifica e sulle conseguenze morali che essa comporta. Grant McKay, il suo team e la sua famiglia, scoprono presto quanto poco contino le loro idee d’indipendenza quando si è dispersi nel Caos del multiverso. Remender è uno storyteller di esperienza, capace di tessere una trama frenetica e ricca di twist in cui spicca la sua fervida immaginazione nella rappresentazioni delle numerose realtà parallele di Black Science.
Tra rane bioelettriche in guerra con pesci-umanoidi e nativi americani tecnologicamente avanzati coinvolti in un conflitto contro le armate tedesche, Remender scaglia contro gli intrepidi dimensionauti una serie di realtà ostili, corroborando il senso di smarrimento dovuto al sabotaggio del pilastro: nessuno dei protagonisti saprà dove finirà e quanto ci rimarrà, aumentando ad ogni salto dimensionale quella sensazioni di stupore e terrore che pervade l’intero fumetto.
Il ritmo serrato di Black Science è il pilastro della narrazione di Rick Remender: i protagonisti viaggiano rapidamente tra le dimensioni, dando al lettore un corposo assaggio dell’universo parallelo visitato senza però dilungarsi nell’approfondire ogni dettaglio. Questa peculiarità dello storytelling è un chiaro omaggio allo sci-fi old-school e lo scopo del viaggio interdimensionale, una pericolosa avventura libera dalle redini della morale alla ricerca di una soluzione ai problemi dell’umanità, è l’emblema della golden age fantascientifica. Lo stesso protagonista Grant McKay è la figura centrale su cui ruota questo riferimento: il tipico scienziato brillante che esprime disprezzo nei confronti della società e delle convenzioni che sino a quel momento hanno limitato la sua ricerca. Ossessionato dal suo lavoro, pessimo nei suoi rapporti con una famiglia che ignora ed una moglie che tradisce, continua imperterrito nella costruzione del pilastro, un oggetto che potrebbe danneggiare l’universo in maniera irreparabile e che sarà causa della sua rovina. Un genio distorto ed oscuro, un arrogante ed egocentrico maniaco che assomiglia molto più ad un villain che ad un eroe.
Black Science, facendo affidamento ai tropi della fantascienza Golden Age, ne eredita purtroppo anche i difetti: dal celere incedere della narrazione di Remender traspare una superficialità non indifferente ed una forte sensazione generale di dejà-vu. È necessario scendere a compromessi con una trama sostanzialmente inconsistente, puntata tutta sulla velocità e sull’azione. Il perno su cui ruota Black Science può venire a noia molto facilmente in quanto intrinsecamente poco originale: il cliché del viaggio interdimensionale è una base molto debole per una serie che si preannuncia duratura come Black Science. Remender dovrà far affidamento sulla sua fantasia per continuare perlomeno a proporre al lettore universi sempre più bizzarri e deliranti.
Gli stessi personaggi non godono di una caratterizzazione particolarmente ispirata: piatti, stereotipati ed emotivamente poco coinvolgenti. Il protagonista Grant McKay, nonostante sia parte integrante di quella sensazione di dejà-vu imperante, è l’unico a possedere una personalità complessa e profonda. Principale narratore di Black Science, è l’unico ad intrigare il lettore grazie ai suoi monologhi dal taglio molto milleriano e alla sua volontà di potenza.
Il tratto ruvido, frenetico, spigoloso ed adrenalinico di Matteo Scalera esplode sulle pagine di Black Science, portando una folle quantità di energia e dinamismo nei multiversi visitati dagli esploratori dimensionali. Il design delle creature che abitano le realtà parallele è sbalorditivo e delirante, vero motore dello stupore provato nella lettura di questo primo volume. Gli stessi paesaggi mostrati durante il contorto viaggio tra le dimensioni sono mozzafiato, grazie anche alla fondamentale prova di Dean White ai colori, capace di rendere ancora più immersiva l’esperienza artistica di Black Science. Nonostante la caratterizzazione sterile dei personaggi, Scalera e White riescono comunque a donare una certa intensità ai protagonisti durante le scene più concitate e a rendere più sfaccettata la loro personalità tramite l’ampia gamma di espressioni facciali di cui godono.
Black Science non è esente da difetti ma resta comunque una storia fantascientifica affascinante e coinvolgente, in grado di sollevare interessanti dubbi sull’etica scientifica. Rick Remender, Matteo Scalera e Dean White trascinano il lettore nell’omniverso, portandolo a scoprire mondi di una bellezza sbalorditiva e spesso terrificanti, in un frenetico tripudio di azione, dilemmi morali e paradossi spazio-temporali. Una manna dal cielo per gli amanti dello sci-fi e per tutti colori che cercano una lettura semplice, frenetica ed avvincente.
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