Bentornati a Thank God Is Wednesday! Mentre il mondo trema per un film uscito da pochissimo, anche su carta tutto viene un po’ scombussolato. Se n’è parlato in lungo in largo ancora prima dell’uscita della issue: Bobby Drake è gay. Il coming-out dell’Uomo Ghiaccio targato Bendis ha fatto scalpore ed è proprio da All-New X-Men #40 che cominceremo le recensioni di questa settimana. Buona lettura!
All-New X-Men #40 – Bendis/Asrar/Beredo
Noise For Nothing
Il termine adatto per definire questa issue è solo uno: controversa. All-New X-Men #40 è un fumetto controverso sotto tutti i punti di vista, pieno di contraddizioni sia nello sviluppo della trama che nella struttura narrativa ed artistica sui cui esso si appoggia. L’enorme attenzione ricevuta, grazie anche agli spoiler pre-issue, ha forse impedito al lettore di prestare attenzione a tutte queste peculiarità: nonostante la maggior parte delle pagine siano dedicate a Bobby Drake e al suo coming-out, All-New X-Men #40 avrebbe momenti decisamente più interessanti se solo Bendis ci avesse dedicato più tempo, senza fossilizzarsi così tanto su Iceman.
Il momento del Coming-Out ha il pregio di non esser banale a livello di scrittura, oltre ad essere ben gestito: il tutto si svolge attraverso un confronto tra Bobby e Jean Grey (le loro “prime” versioni teenager provenienti dal passato) che riesce a miscelare conflitto, imbarazzo e dolcezza, rendendo il lungo dialogo molto piacevole da leggere. L’idea del non portare semplicemente il personaggio a dichiarare la propria omosessualità, usando la telepatia di Jean per portare a galla l’argomento, è una mossa vincente che coinvolge il lettore con il tono da teen drama di qualità sempre molto caro a Bendis. Una scena controversa che poteva facilmente divenire un disastro ma che l’autore riesce a controllare al meglio delle sue possibilità.
Tutto il resto è però relegato in secondo piano e già partendo dalla cover di questo numero si nota la prima contraddizione: gli Utopians, apparsi soltanto in una splash-page al termine della issue, il cui ruolo viene relegato a quella che sarà la fine dell’Era Bendis sugli X-Men. Una scelta pericolosa che poggia tutte le responsabilità narrative sui futuri All-New X-Men #41 e Uncanny X-Men #600. L’incerto futuro dei Mutanti nel Post-Secret Wars mette questi azzardi, gettando nella mischia anche la rivelazione di Bobby Drake, sotto una luce differente: quanto di quel che abbiamo visto sino ad ora avrà ancora senso una volta dissipata la nebbia che avvolge il futuro degli X-Men? Non lo sappiamo e non lo sapremo sino a quando non avremo maggiori informazioni.
Paradossalmente il momento più interessate e gradevole di tutta la issue resta quello meno appariscente, nonostante sia legato a filo doppio con l’evento Black Vortex di cui All-New X-Men #40 è un aftermath. Il dialogo tra Angel e X-23 è probabilmente il punto più alto della issue, una breve ma perfetta analisi delle decisioni prese dall’Angel proveniente dal passato durante l’evento cosmico che ha coinvolto X-Men e Guardiani Della Galassia.
Mahamud Asrar di solito è sempre una certezza ed anche in All-New X-Men #40 va a segno, senza però raggiungere i fasti della precedente saga nell’Universo Ultimate da lui disegnata. Un comparto grafico che mantiene la giusta intensità nei momenti come il dialoghi tra Bobby e Jean ed Angel e X-23, ma che spesso risulta quasi abbozzato, illustrazionI che in alcuni punti sembrano frutto della fretta. Nonostante questi piccoli difetti, Asrar dona un aspetto brillante ed affascinante ad una issue che si presta benissimo al suo stile.
All-New X-Men #40 è una buona issue, forse tra le migliori di questa run Mutante altalenante di Bendis, ma è impossibile non chiedersi per quanto tempo queste scelte pericolose avranno ancora un peso sui personaggi. Il poco spazio rimasto all’autore per sviluppare queste ottime trame lascia aperte due possibilità, una meno fiduciosa dell’altra: un azzeramento nelle prossime issue oppure retcon su retcon nell’incerto futuro Mutante.
The Black Hood #3 – Swierczynski/Gaydos
From Hero To Zero
La discesa di Greg Hettinger dall’essere un eroe poliziesco in grado di uccidere il vigilante mascherato della città, sfregiato a causa del suo gesto in realtà fortuito, ad un abisso fatto di tossicodipendenza e arresto è stata vertiginosamente rapida, trascinando il lettore nella mente del protagonista, grazie ai suoi monologhi crudi e realistici a cui è affidata la narrazione di The Black Hood. Con questa terza issue seguiamo il flusso di pensieri di Greg mentre tenta disperatamente di tornare ad una vita relativamente sana mentre nei panni di Black Hood continua ad indagare su chi sta tentando di incastrarlo. Un avviso a tutti: The Black Hood è il miglior Crime-Noir con tinte supereroistiche dai tempi del Moon Knight di Ellis e Shalvey.
Quello che rende questa nuova serie stellare è la narrazione: ogni momento è raccontato dal protagonista Greg Hettinger ed è favoloso notare quanto sia in grado di evolversi, cambiare e avere milioni di sfaccettature mantenendo un tono incredibilmente realistico. Duane Swierczynski con The Black Hood dimostra la sua maturazione come autore, scrivendo tre issue che non lasciano spazio a decompressione e punti morti, mantenendo la storia in costante movimento. Sorprendente è quanto il topic abusato del vigilante sia invece trattato in maniera incredibilmente matura ed originale in The Black Hood: Swierczynski riesce a liberarsi di tutti i cliché supereroistici tipici dei personaggi a-là Frank Castle e Batman per concentrarsi sull’importanza che hanno le scelte personali in una situazione come quella di Greg Hettinger.
L’ottima narrazione si affianca ad un setting splendido: una Philadelphia Noir, viva e dettagliata, pulsante. La perfezione dell’ambientazione è anche merito di Michael Gaydos, un artista fenomenale che ho imparato ad amare sin dai tempi di Alias. Il suo tratto ruvido e dettagliato è sublime, oltre ad essere perfettamente coerente con la trama narrata da Swierczynski. Immaginate un Alex Maleev più rude, realistico e Noir e otterete Gaydos. La caratterizzazione estetica dei personaggi è favoloso ed è grazie a lui che la Philadelphia di The Black Hood ottiene il dinamismo precedentemente accennato.
The Black Hood è una serie complessa ed introspettiva, in grado di coinvolgere il lettore grazie ad una narrazione meravigliosa ed un protagonista intrigante ed originale. Se il Noir e il supereroistico sono la vostra passione, non lasciatevi sfuggire questa serie perché in questo ambito è un capolavoro assoluto.
Guardians Of The Galaxy & X-Men: The Black Vortex Omega – Humphries/McGuinnes
All’s Well That Ends Well
Il tredicesimo capitolo di The Black Vortex conclude in maniera più soddisfacente del previsto il mega-crossover tra i due team, Guardiani Della Galassia e X-Men, dopo esser passato anche su testate come Nova, Cyclops, Legendary Star-Lord e Captain Marvel. La corsa per il Black Vortex, oggetto di immensa potenza in grado di trasformare chi lo utilizza donandogli enormi poteri cosmici, termina discretamente grazie ad una buona prova di Sam Humphries.
Il trattamento dedicato ai due protagonisti di questa issue, Star-Lord e Kitty Pride, ha in sé del poetico: l’autore riesce a trovare ciò che rende unico il personaggio dell’eroina Mutante, sfruttandolo al meglio ai fini della storia, elevandola e trasformandola in qualcosa di speciale. La conclusione decisamente character driven dell’evento solleva una narrazione complessiva che, sin dal suo inizio, è stata eccessivamente decompressa e, in alcuni tratti, noiosa. Ad i restanti personaggi viene riservata una scelta particolare che a livello narrativo fa ben sperare per il futuro: rinunciare o meno ad i poteri ricevuti grazie al Black Vortex. Le decisioni sono varie e la possibilità che possano avere un effetto reale nelle storie che verranno è molto ghiotta. Certo, è anche possibile che con l’avvento di Secret Wars questo resti un evento a sé stante che verrà retconnato appena se ne avrà l’occasione.
Ed McGuinness e Javier Garron sono perfetti per la narrazione ironica, leggera ed intelligente di Sam Humphries. Ogni pagina risulta fresca e gradevole, con una buona attenzione all’espressività della coppia protagonista, ed il coloring di Marte Gracia è fondamentale nel corroborare il legame tra i due artisti, dando alla issue una consistenza sorprendente.
The Black Vortex è un crossover complessivamente discreto: come tutti gli eventi narrati su più testate e perciò da diversi autori, la qualità diventa molto altalenante e, come quasi sempre accade in questi casi, anche le migliori penne coinvolte cadono a causa di una storyline preimpostata. Come dichiarato da quel genio di Ed Brubaker in una recente intervista “…even the best crossover is still a crossover”.
Kaptara #1 – Zdarsky/McLeod
Gay Saga!?
Dopo il successo stratosferico di Sex Criminals, il talentuoso disegnatore Chip Zdarsky ha intrapreso la strada della scrittura meritandosi tutte le attenzioni del caso. La testata Marvel Howard The Duck, acclamata dalla critica, lo ha portato dritto su un piedistallo e l’interesse per la sua prima serie creator-owned, un altro fantascientifico Image, era davvero elevato. Annunciato dall’autore stesso come un Saga molto più gay, Kaptara in parte toppa il suo debutto con una issue artisticamente molto valida, con spunti intriganti ma complessivamente inconsistente e poco originale, banale se considerato il numero spropositato di Sci-Fi targati Image Comics.
Il protagonista di Kaptara è Keith Kanga, scienziato selezionato per far parte di un team di astronauti partiti per una missione di esplorazione su Marte. Durante il loro viaggio nella galassia qualcosa va storto: parte dei personaggi vanno incontro ad una pessima fine mentre i pochi sopravvissuti finiscono su di uno strano pianeta incredibilmente sgargiante nei suoi colori, Kaptara. L’unico a rimanere vivo della squadra è proprio Keith, superstite dell’incidente e relegato in un ambiente che di scientifico ha davvero poco. Per caso avete una lieve sensazione di Dejà-vu?
Kaptara #1 è un debutto debole che non riesce a risollevarsi grazie al consueto humor che caratterizza la scrittura di Chip Zdarsky: a prescindere dal concept terribilmente ordinario sui cui si poggia, questo primo numero manca di quell’aggancio per il lettore che ogni nuova serie dovrebbe avere, condendo la maggior parte dell’oversized issue con uno storytelling fiacco e decisamente troppo introduttivo. Keith Kang è un protagonista poco affascinante, sempre sulla scena ma perennemente passivo. Per la maggior parte della issue non è parte attiva dell’azione ma essa si svolge continuamente attorno a lui, senza che ne sia alacremente coinvolto. I flashback riescono a mostrare un Keith più espressivo ed empatico ma è troppo poco per salvare un protagonista che per la maggior parte del tempo è solo irritante. I restanti personaggi sono degli stereotipi ambulanti, fondamentalmente insulsi nella loro caratterizzazione vista la breve vita che hanno sulle pagine di Kaptara #1.
Quel che davvero funziona in Kaptare è Kagan McLeod: stilisticamente perfetto per la narrazione sopra le righe di Chip Zdarsky, riesce ad andare ben oltre l’intesa con la sceneggiatura per delineare il mondo di Kaptara nel migliore dei modi. Oltre ad una perfetta rappresentazione di un mondo che mescola frivolezza effemminata e Conan Il Barbaro, il realismo nei volti dei suoi personaggi filtrato attraverso il suo stile simil-cartoonesco, solleva la caratterizzazione standard e quasi banale che li affligge, rendendo espressivo ogni volto in ogni singola vignetta. La colorazione sgargiante di Kaptara è in perfetto contrasto con l’oscurità dello spazio ed in generale è proprio il coloring a settare perfettamente il mood disimpegnato ed ironico della narrazione.
Kaptara#1 è un debutto che non centra perfettamente il suo obiettivo, salvandosi soltanto al termine della issue. Un protagonista poco intrigante ed una narrazione inconsistente non rendono giustizia a quella che potrebbe essere una storia interessante. Prima di dare un’opinione completa sulle possibilità che ha Kaptara dovremo aspettare la prossima issue: terminata questa prolissa introduzione, entreremo nel vivo dell’azione.
Frankenstein Underground #2 – Mignola/Stenbeck
Frank
C’è poco da fare, Mike Mignola è fenomenale. Dovrebbe essere impossibile scrivere così tante testate, tra l’altro dell’universo che lui stesso ha creato, e persino disegnarne una senza rischiare di cadere nella mediocrità. Lui invece ci riesce e Frankenstein Underground è l’ultima dimostrazione di quanto sia talentuoso quest’uomo. Dopo una prima issue fantastica che introduceva al meglio il personaggio, questo secondo numero ci svela quel labirinto fatto di pietra che è l’Underground, riepilogando nel frattempo parte della storia del “Mostro”. La caratterizzazione del protagonista è perfetta: malinconica, triste ed incredibilmente coinvolgente.
Ben Stenbeck è artisticamente eccellente: il suo stile mescola Rivera, Francavilla e tanto di Mignola e il risultato sulle pagine di Frankenstein Underground è grandioso. Gli ampi spazi cavernosi e i cunicoli di pietra percorsi dal protagonista sono rappresentati in maniera eccellente, così come i numerosi personaggi che compaiono nella issue. Senza parlare delle creature mostruose, favolose. Frankenstein Underground #2 è una conferma in tutti i sensi: conferma la grandezza di Mignola, conferma la qualità elevatissima dell’universo che ha creato e di come tutto sia collegato e la perfezione del primissimo numero uscito il mese scorso. Meraviglioso!
CONVERGENCE!
Ebbene sì, siamo arrivati alla quarta settimana di Convergence! I Tie-In di questa settimana coinvolgono l’universo DC risalente alla leggendaria Crisi Sulle Terre Infinite. Non perdiamoci in chiacchiere e partiamo subito le recensioni e la Top 10 di questa settimana!
Convergence #3 By King/Segovia: So perfettamente che ve lo sentite dire quasi un mese e che probabilmente potrete trovarmi ripetitivo ma sono io che scrivo perciò sorry, not sorry: mamma mia, che schifo. Voi pensate sia facile recensire una m***a di tale livello? Perché qui siamo di fronte ad una m***a conscia di esserlo e contenta di perseverare nella sua essenza, verso l’infinito ed oltre. Convergence è irritante proprio per questo: a prescindere dalla disastrosa scelta dei protagonisti, ci sarebbe del buon materiale su cui lavorare ma pare che il plot di questo mega-crossover sia stato scritto appositamente per fare schifo. I dialoghi sono strazianti e la narrazione è talmente noioso da causare serie difficoltà nella lettura. E non sto esagerando, perché leggendo ad orari notturni improponibili, con Convergence #3 ho seriamente rischiato di addormentarmi più e più volte mentre successivamente la mia mente è rimasta vigile e sveglia durante la lettura di The Black Hood #3. Coincidenze?
Il cambio di artista spezza l’unico lato positivo di questa mega-schifezza: la consistenza e la continuità del comparto grafico. Badate bene, non la qualità intrinseca delle illustrazioni ma semplicemente il lavoro costante del precedente disegnatore. Stephen Segovia, con il suo stile totalmente anonimo e privo di peculiarità, non lascia il segno sul lettore mentre il coloring di Paz e Steigerwald è spesso apprezzabile. Convergence #3 non ha niente che lo salvi dal baratro ma è anche talmente noioso da non esser nemmeno memorabile per la sua bruttezza. Perché ancor prima di esser pessimo, Convergence è una nenia lamentosa che ha lo stesso effetto di un lieve ronzio momentaneo: ti infastidisce e ti irrita ma non abbastanza da esser ricordato quanto un calcio nello stomaco.
Convergence Top 10! vol3
10 – Convergence: Superboy & The Legion Of Super-Heroes #1 By Moore/Farmer
Questo Tie-In sulla Legione proveniente dal Trentesimo Secolo e il Ragazzo D’Acciaio non diverte nella lettura, presentando i suoi protagonisti come Tropi in movimento senza un minimo di sfaccettature a renderli reali e degni di empatia. Se la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni allora possiamo parallelamente dire che la strada per una pessima issue è lastricata di buone idee sviluppate nel peggiore dei modi. Se l’apertura riesce ad attrarre il lettore con un Superboy intento a rivolgersi in “mondovisione” ai prigionieri della Cupola, subito dopo è evidente la superficialità delle interazioni tra personaggi stereotipati e piatti, incapaci di risultare interessanti. Il comparto grafico di Mark Farmer è più o meno riassumibile con questa frase: un pessimo John Romita Jr cartoonizzato. Convergence: Superboy & The Legion Of Super-Heroes #1 è il peggior Tie-In della settimana e il finale non lascia ben sperare per la prossima issue conclusiva.
9 – Convergence: Justice League Of America #1 By Nicieza/Cross
Fabian Nicieza ci illude aprendo Convergence: Justice League Of America #1 con una breve e fantastica sequenza romantica con protagonisti Ralph e Sue Dibny. Tre pagine piacevoli soprattutto per chi, come me, ha sempre amato la famiglia Dibny. Una volta superata questa introduzione la issue si perde e la JLA che un tempo risiedeva a Detroit ma che per qualche strana ragione adesso si trova a Gotham sotto la Cupola, delude presentando personaggi potenzialmente interessanti ma che mancano di un qualsivoglia sviluppo. Nonostante la presenza di gente interessante come Martian Manhunter, nessuno dei protagonisti riesce a far presa sul lettore e il plot non si discosta da quello dei mille altri Tie-In che abbiamo incontrato in queste settimane di Convergence. Artisticamente Chriscross è involontariamente grottesco ma piacevole, nonostante spesso i volti dei personaggi si assomiglino un po’ tutti quanti. Convergence: Justice League Of America #1 è un Tie-In molto debole.
8 – Convergence: The New Teen Titans #1 By Wolfman/Scott
Esattamente come accennato nella recensione di Convergence: Justice League Of America #1, i Tie-In del pessimo mega-evento DC in corso soffrono troppo per la struttura preimpostata in cui sono intrappolati, proprio come tutti i protagonisti sono prigionieri della Cupola su Telos. Convergence: The New Teen Titans #1 aveva tutte le carte in regola per essere un buon Tie-In: Marv Wolfman alla penna, co-creatore del gruppo originale, e Nicola Scott alle matite, artista di qualità già presente nei primi numeri di Earth 2. Se il comparto grafico mantiene tra alti e bassi una livello comunque più che discreto, la sceneggiatura di Wolfman è limitata dal pattern di eventi tipico di queste testate. Nonostante siano presenti un paio di buone caratterizzazioni dei protagonisti, questo Tie-In rimane insufficiente e si salva da baratro totale solo grazie a Nicola Scott.
7 – Convergence: Hawkman #1 By Parker/Truman
Jeff Parker, lo scrittore scrittore dell’Aquaman New52 Post-Johns, si cimenta in un Tie-In un po’ troppo didascalico che cerca di spezzare la monotonia del plot attraverso numerosissime sequenze action. Il merito dell’autore è quello di ricreare perfettamente l’atmosfera e i personaggi Thanagariani dell’universo DC Comics del passato ma, paradossalmente, il più grave difetto di questo Convergence: Hawkman #1 è proprio questo suo più grande pregio. Nonostante l’anacronismo intrinseco di questi brevi racconti, il Tie-In in questione risulta ridicolo e nonsense nella peggiore accezione che questi aggettivi possono avere. È come se Jeff Parker ci avesse appena mostrato le motivazioni per cui è così difficile mantenere viva per un lungo periodo di tempo una serie su Hawkman. Tim Truman è sempre Tim Truman ma come molti altri disegnatori (uno a caso: Brian Hitch) soffre se costretto a lavorare frettolosamente: il risultato è una issue ben illustrata che, con un maggior lasso di tempo ad essa dedicata, poteva esser un piccolo capolavoro artistico. In conclusione, Convergence: Hawkman #1 è uno spreco di talenti, sia a livello grafico che a livello di sceneggiatura.
6 – Convergence: The Adventures Of Superman #1 By Wolfman/Viacava
The Adventures Of Superman #1 è una ventata d’aria fresca tra i Tie-In legati a Convergence. Il merito di Marv Wolfman e Roberto Viacava è quello di essersi discostati dal pattern pre-impostato che affligge tutte queste testate: Superman, Supergirl e Lucius Fox sono personaggi che, nonostante la Cupola, non si sono arresi e hanno addirittura fatto progressi nelle indagini sulla loro prigionia al punto da architettare un possibile possibile fuga. Tutta la issue è pervasa da puro eroismo e nonostante spesso si cada nel cliché, la sensazione generale è quella di leggere piacevolmente un plot che appassiona. Certo, spesso i dialoghi sono inutilmente ampollosi e la narrazione un po’ impacciata, ma in linea di massima Convergence: The Adventures Of Superman #1 è un Tie-In più che godibile grazie anche ad una buona prova di Viacava, in grado di catturare il feeling di quell’epoca.
5 – Convergence: The Flash #1 By Abnett/Dallocchio
Dan Abnett, uno degli ultimi grandi scrittori dell’universo cosmico Marvel, nonostante resti ingabbiato nella successione di eventi tipica di ogni Tie-In di Convergence, dona carattere al Barry Allen degli anni ’80, il Flash che ancora non aveva affrontato l’eroica morte in Crisi Sulle Terre Infinite. Ogni informazione importante riguardante il suo passato è integrata alla perfezione nei suoi sintetici e accattivanti monologhi interiori e riesce a non risultare pedante. Senza poteri all’interno della Cupola, Barry Allen non riesce ad abituarsi al suo distacco dalla Speed Force e soprattutto non riesce ad accettare il suo allontanamento da Iris West, la sua anima gemella. Il meraviglioso artwork di Federico Dallocchio offre alla issue un aspetto pulito e dettagliato, in grado di mescere alla perfezione classico e moderno. Convergence: The Flash #1 ha anche delle grosse contraddizioni: il termine Speed Force non doveva esser utilizzato in quanto l’incarnazione di Barry qui rappresentata non aveva ancora la minima idea di cosa essa fosse. Nonostante la struttura stereotipata e l’errore cronologico nella sceneggiature, Convergence: The Flash #1 resta comunque un discreto Tie-In.
4 – Convergence: Batman & The Outsiders #1 By Andreyko/D’anda
In Convergence: Batman & The Outsiders un solido lavoro di caratterizzazione dei numerosi personaggi sopperisce ad una trama praticamente inesistente. La sceneggiatura di Marc Andreyko è fortemente character driven e dà ai protagonisti lo spazio per presentarsi, mostrare quello che sono e ciò che erano prima della Cupola, in maniera tale da sviluppare una connessione con il lettore a prescindere da quanto sappia di questi personaggi. Questo feeling istantaneo è dovuto all’ottima narrazione che abbandona i toni didascalici e verbosi della maggior parte dei Tie-In, per mostrare direttamente tramite le azioni di Metamorpho, Black Lightning, Katana, Halo e Geo-Force quanto questi personaggi del passato possono essere affascinanti, senza dover puntare tutto sull’effetto nostalgia. Il racconto di Andreyko è anche un modo per scoprire un Batman molto diverso da quello attuale, più riflessivo e detective rispetto a quello a cui i lettori odierni sono abituati. Il design artistico dei protagonisti delineato da Carlos D’Anda sembrerebbe non adeguato ma il suo stile cartoonizzato si mescola alla perfezione con lo script di Andreyko. La trama inesistente e la mancanza di eventi veri e proprio nel corso della issue lasciano un po’ l’amaro in bocca per una conclusione affrettata che forse rovinerà il buon lavoro svolto con questa apertura. Vedremo.
3 – Convergence: Swamp Thing #1 By Wien/Jones
Uno dei pilastri del comics internazionale, tra le menti dietro personaggi come Wolverine e Human Target: Len Wein torna un altro dei leggendari personaggi che ha contribuito a creare tantissimi anni fa. Convergence: Swamp Thing #1 presenta uno storytelling brillante costruito da due veterani del fumetto, una rivisitazione evocativa ed epica di un personaggio del passato che intriga il lettore grazie alla meravigliosa caratterizzazione dei due protagonisti, Abigail e Swampy, alla loro interazione e all’emotività che trasuda da ogni pagina di questa issue, sintomo dell’immenso amore che Wien e Jones provano per il personaggio. L’autore non ha perso il suo tocco e scrive un Tie-In che riesce a muoversi in maniera organica ed indipendente, senza che gli stretti corridoi di Convergence si facciano sentire attorno alla sceneggiatura. Kelley Jones, artista della fantastica Trilogia Vampirica di Batman, è immenso: il suo stile Horror-grottesco dipinge nel migliore dei modi il colosso Verde e da il meglio di sé nel definire l’atmosfera inquietante che ruota attorno alla issue. Per coloro che non hanno mai avuto a che fare con le prime apparizioni di Swamp Thing nel mondo dei Comics, Convergence: Swamp Thing può risultare essenziale per identificare in qualche modo la personalità di questo strano personaggio ai suoi albori. Per tutti gli altri, questo Tie-In contiene semplicemente una ventina di pagine molto vicine alla perfezione.
2 – Convergence: Green Lantern Corps #1 By Gallaher/Ellis
Convergence: Green Lantern Corps #1 conferma quanto i Tie-In di qualità più elevata siano quelli che utilizzano il crossover come sfondo per uno studio della personalità dei protagonisti, riconoscendo quanto sia difficile costruire una sceneggiatura piena di eventi che si susseguono senza risultare superficiali e banali. Il merito degli autori sta nell’aver compreso questo limite, decidendo di scrivere quello che forse è il miglior tributo al passato fuoriuscito dalla m***a targata Convergence. Guy Gardner, in un’epoca in cui era tra i personaggi peggio trattati del DC Universe, è un personaggio tormentato in cerca di risoluzione ai suoi problemi psicologici dopo il suo risveglio dal coma provocato da Sinestro. È alla disperata ricerca di Hal Jordan per una resa dei conti con la Lanterna Verde più viziata del multiverso. Una issue coinvolgente ed emozionante, un protagonista profondo e caratterizzato alla perfezione che si rivela coerente con tutte le sue incarnazioni dell’universo fumettistico di cui fa parte. Essendo appunto un tributo al personaggio e all’epoca Pre-Crisis, il comparto grafico ricalca quello stile pulito tipico del passato, semplice ma efficace. Uno dei migliori Tie-In di Convergence.
1 – Convergence: Wonder Woman #1 By Hama/Middleton
Wonder Woman aka Diana Prince è intrappolata a Gotham City con il suo amato Steve Trevor. In questa ventina di pagine, Larry Hama riesce a render felici sia gli amanti dell’Amazzone più famosa dei Comics che i lettori non particolarmente interessati. In Convergence: Wonder Woman #1 convivono una perfetta resa del personaggio protagonista, una sceneggiatura di elevatissima qualità che non risparmia colpi di scena e ottime caratterizzazioni, il tutto condito con quel pizzico di Thriller-Horror che non ti aspetti. Diana Prince ci dimostra quanto non siano i suoi superpoteri a renderla un’eroina: nonostante la perdita delle sue abilità, le sue capacità di adattamento la portano a vivere serenamente la sua vita sotto la Cupola e a continuare a vivere aiutando e preoccupandosi dell’incolumità e del benessere dell’ambiente che la circonda. Il suo gettarsi nella mischia anche quando la situazione si fa pericolosa è una ulteriore dimostrazione di ciò che rende realmente questa donna un prodigio.
Sette religiose e Vampiri provenienti dal Multiverso DC, più precisamente dal mondo di Red Rain, donano alla issue quel tocco Gotico e Horror che eleva ulteriormente la qualità della lettura. Joshua Middleton è una vera meraviglia: allontanandosi dal tipico “stile DC” e avvicinandosi molto di più al Cliff Chiang della run di Brian Azzarello, l’artista è capace di rendere con il suo tratto dettagliato e “affusolato” una gioia per gli occhi anche le scene statiche della issue. L’espressività dei personaggi e la resa degli spaventosi Vampiri di Red Rain sono favolose, un valore estetico aggiunto ad una issue dalla sceneggiatura perfetta. In linea di massima Convergence: Wonder Woman #1 è un perfetto “setup” che non ha quel tono introduttivo noioso e decompresso, una meravigliosa ricostruzione dell’Amazzone del passato e di tutti i personaggi ad essa legati.
Thank God Is Wednesday 11 termina qui, si scusa per il mega-ritardo e vi aspetta per la prossima succulenta edizione in cui, tra le tante recensioni, ci saranno robe come il finale di Endgame e l’ultimo numero della famiglia più famosa del Marvel Universe. Au revoir!