Con l’arrivo nelle sale italiane dell’attesissimo film degli Avengers, è finalmente scattata l’ora, o meglio, l’Era di Ultron.
Premessa: io mi sono divertito.
– Allora è bellissimo?!? –
Mmm no. Ma, se sai cosa aspettarti, te lo godi.
Iniziamo con due parole sul ben noto plot del film e tranquilli: per chi non l’avesse ancora visto prometto ZERO spoiler!
Age of Ultron parte col piede sull’acceleratore con frenetiche sequenze action centopecciento pugnazzi in cui, però, il ricorso alla computer grafica risulta non sempre impeccabile. Poco dopo, Geppetto Stark combina il patatrac e, nel tentativo di programmare un’I.A. che difenda il pianeta, crea il dolce Pinocchio Ultron, un robot che ha un obiettivo leggermente diverso: sterminare la razza umana.
Come nei fumetti Ultron odia il suo creatore Pym, così nel film Ultron disprezza “papi” Stark (soprattutto odia il fatto di ritrovarsi, spesso e volentieri, a ripeterne le battutine spaccone).
E, a proposito di fumetti, la prima apparizione nel film di Ultron nella sua forma definitiva avvolto in un drappo è un omaggio al suo esordio su Avengers #54 del 1963, quando si faceva chiamare Cappuccio Cremisi.
Vi chiederete: visto il gran casino che ha causato, Stark sarà divorato dai sensi di colpa per tutto il film?
Macché! Troppo concettuali e dark i sensi di colpa. Questo è un film di pugni e quindi, invece di tribolare, Tony va a menar le mani. A questo punto il fan service si impone sullo sceneggiatore regalandoci momenti come il catastrofico scontro tra Hulk ed Iron Man in versione Hulkbuster. Momenti di purissima goduria action, un orgasmo da disaster movie.
Ma c’è un però bello grosso: durante tutto il film, come potrete immaginare, si verificano catastrofi impressionanti. Sarebbe dunque inevitabile – e soprattutto logico – anche un ingente quantitativo di morti…
E invece no. Topolino ha posto il veto: se anche dovesse esplodere un’atomica, la popolazione si deve salvare TUTTA. A questo irritante “dettaglio” aggiungete il solito cliché della donna scollata ed ansimante che, in slow motion, osserva terrorizzata la distruzione che la circonda (un espediente trito e ritrito che c’era nel primo Avengers oltre che, ad esempio, in tutti i flm di Michael Bay).
Premettendo che a me vanno bene, anzi piacciono, i toni da action comedy, e gradisco persino questa versione di Thor che è ormai di diritto il miglior comico della combriccola vendicativa e che rende molto meglio dell’ingessato dio del tuono che esordì nel noioserrimo film di Kenneth Branagh (più rispettoso della controparte cartacea ok, ma meno interessante), ma, PER LA MISERIA, se radi al suolo una città, almeno due dozzine di cittadini inermi vuoi farli rimanere sotto le macerie? Due gocce di sangue vuoi farmele vedere? Non può mica finire sempre a tarallucci e vino come in una puntata dei Power Rangers.
Il messaggio è: “Ragazzi qui si scherza, abbiamo demolito 100 isolati con esplosioni e raggi laser ma ora tutti in albergo, domani vi riscostruiamo la casa. Ci pensa Tony che c’ha i big money.”
Passando ai protagonisti, proprio Tony è tra i meno brillanti della compagnia assieme a Cap che, a parte lanciare lo scudo e vanagloriarsi del perfetto fit delle sue t-shirt attillate per fare venire il complesso del pettorale allo spettatore, fa ben poco per smentire il solito sospetto che lo scudo reciti meglio di lui…
Come già anticipato da Joss Whedon, più spazio è stato invece riservato agli Avengers che non hanno ancora avuto film stand-alone: su tutti Occhio di Falco (Jeremy Renner), lui è senz’altro tra le note liete di AoU.
Andando al analizzare il fattore “P” (“p” di patata, ovviamente), al solito straripante sex appeal della Vedova Nera Scarlett Johansson, si unisce anche quella turbopatata di Elizabeth Olsen nei panni di Wanda Maximoff (aka Scarlet), personaggio coi poteri intercambiabili alla bisogna: secerne fumo rosso dalle mani, fa esplodere cose, manipola la mente, legge i tarocchi e… prevede il presente (?).
Per la solita questione dei diritti dei mutanti ceduti anni fa da Marvel a Fox, il personaggio del fratello di Wanda, Pietro (aka Quicksilver) è già comparso, interpretato da Evan Peters, in X-Men Days of Future Past di Bryan Singer. Caso vuole che Peters e Aaron Taylor-Johnson (il Quicksilver di Age of Ultron) avessero recitato insieme in Kick-Ass.
Dopo averli visti all’opera entrambi, possiamo affermare – con assoluta certezza – che in fatto di carisma quello degli X-Men a quello degli Avengers gli fa i buchi.
Uno scontro impari: tipo Usain Bolt contro una lumaca zoppa.
Anche con Ultron si sarebbe potuto fare di meglio, rendendolo più crudele ed approfondendone la perversa logica. Ok, esteticamente è davvero ben fatto, ma c’era davvero bisogno di dargli una mimica buccale (tipo i Transformers di Michael Bay) e dotarlo addirittura di DENTI?!?
No, non c’era bisogno di umanizzare la mimica di Ultron: è una macchina assassina, un freddo genocida. Perché fargli fare il broncetto alla Derek Zoolander?
Andando a delle considerazioni complessive, Age of Ultron è senz’altro un ottimo action movie ma ha delle carenze. Carenze che gli impediscono raggiungere la qualità di quella che, per me, è l’attuale trinità Marvel Studios al cinema: Iron Man 1, The Winter Soldier, Guardians of The Galaxy.
Il motivo principale è legato alla natura stessa del film: Age of Ultron è l’equivalente sul grande schermo dei maxicrossover a fumetti, dunque tanti personaggi e, aridaje, tantissimi pugni. Più azione che introspezione, divertimento sì, associato ad inevitabile superficialità (ma era davvero inevitabile?).
La sceneggiatura di Whedon è finalizzata e funzionale ai pugni. Esempio: la sequenza in cui Thor “va a cercare risposte” avrebbe potuto avere risvolti più interessanti o comunque essere meglio approfondita, invece viene sbrigata in quattro e quattr’otto per il solito motivo: bisogna ricominciare a menar le mani.
Così l’impressione complessiva è che AoU sia un imponente blockbuster con poca anima e tanti pugni.
Ma ci sono anche momenti in cui l’anima del film viene fuori e, sotto questo aspetto, la trovata più riuscita è Visione: per genesi, straordinario impatto visivo e, nonostante pochi ma incisivi dialoghi, caratterizzazione. Visione è promosso col massimo dei voti e poi sì, ovviamente anche lui sa dare dei pugnazzi mica male.
Si vede, eccome, la passione e la dedizione con cui Joss Whedon ha lavorato al progetto: è un prodotto molto ben curato e con uno sviluppo omogeneo (forse troppo) ma che, per larghi tratti, ha poco mordente. Manca la solida struttura che i fratelli Russo hanno dato a The Winter Solider o la personalità che James Gunn ha messo in Guardians of The Galaxy.
Per tutti questi motivi, Age of Ultron è un action movie coi fiocchi ma che non diventerà di certo un cult, soprattutto perché manca di quell’elemento che entusiasma il nerd: l’epicità. Mancano sequenze che diano i brividi, manca la lotta dell’eroe che supera i suoi limiti. E’ scontato: gli Avengers ce la fanno sempre, non sembrano mai davvero messi in crisi da Ultron ed il finale è la solita tempesta di schiaffoni (tipo la battaglia di New York, però con una forte sensazione di déjà vu).
Non aiuta neanche la colonna sonora. Le storiche soundtrack che realizzò John Williams per Star Wars o Indiana Jones, ad esempio, risuonano ancora nella mia mente dopo 30 anni (ok, ho scomodato l’artiglieria pesante…). I Marvel Studios curano poco questo aspetto, eccezion fatta per la geniale compilation vintage di Guardians of The Galaxy o gli AC/DC di Iron Man.
Anche il tanto criticato (non da me, che l’ho gradito) Man of Steel, guadagnava non pochi punti grazie alle musiche di Hans Zimmer. Per contro, Age of Ultron ha una colonna sonora tremendamente ordinaria.
In conclusione ribadisco: io mi aspettavo due ore e venti di onesti pugni e catartici schiaffoni. E’ quello che ho avuto: pugni spettacolari, pugni di supereroi, pugni di robot, martellate, lanci di scudo e persino combo (scudi lanciati col martello). Volevo questo, l’ho avuto e mi sento appagato, ma la sensazione che si potesse fare di più con il materiale a disposizione è forte, molto forte.
Noi ci sentiamo presto per fare quattro chiacchiere sul vero evento Marvel Studios del mese di aprile: la meravigliosa serie TV Daredevil. A questo proposito vi ricordo l’ineluttabile like alla pagina Facebook dedicata a (psico)analisi e stronzate estemporanee. Si aprirà magicamente cliccando sull’immagine sottostante:
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