Autori: Alan Moore (testi), Steve Bissett, John Totleben (disegni)
Casa Editrice: RW Lion Provenienza: USA (DC Comics)
Prezzo: € 20,95,
Formato: cartonato pp. 208, col.
Swamp Thing, ovvero: le oscure avventure di un agglomerato di licheni e muschi senzienti in un mondo ancora più oscuro e mistico.
Non avevo mai letto Swamp Thing, ma avevo letto chiaramente diversa roba nata dalla penna di Alan Moore, e per il 90 per cento della sua produzione ho una vera e propria venerazione. Fa eccezione, per ora, The Killing Joke, del quale ho parlato qui, e che non mi ha per niente convinto.
Ho quindi approfittato della riedizione di Swamp Thing ad opera della Lion per colmare questa mia lacuna.
Ed ho fatto bene.
La Cosa della Palude era stato inventato dalla coppia Len Wein/Bernie Wrightson negli anni settanta, nel mensile House of Secrets. Il personaggio piacque al pubblico e la DC Comics convinse i due autori a realizzare un serial regolare imperniato sulle vicende dello sfortunato scienziato Alec Holland che, a causa di un incidente, si trasforma in una mostruosità vegetale, pienamente inserita nel DC Universe.
E l’alchimia riesce.
Siamo nel 1970, lo scienziato Alec Holland, che lavorava nelle paludi della Louisiana su una formula chimica atta a “creare le foreste dal deserto” fu fatto esplodere assieme al suo laboratorio dal misterioso Mr. E. Fuggendo contaminato dalle sostanze liberate dalle fiamme, Holland finì nell’acquitrino, da cui, poco tempo dopo, emerse una ibrido uomo-pianta. Inizialmente, la creatura credeva di essere lo stesso Holland mutato, ma in verità si scoprì che la vegetazione circostante aveva assorbito la memoria dell’uomo nei suoi ultimi attimi di vita, e che adesso era, di fatto, una pianta che credeva di essere Alec Holland. Seppure con difficoltà, Swamp Thing accettò questa situazione, ed affrontò avversari come l’Uomo Floronico ed il dottor Anton Arcane. Inoltre, incontrò l’originale Swamp Thing (Alex Olsen) e John Constantine, che lo aiutò a controllare i suoi poteri.
Ora, cos’è che mi ha “preso” della storia di un geranio dopato che crede di essere un uomo morto?
In realtà è proprio la soluzione narrativa che, secondo me, ha del genio. In origine il Fangoso era in effetti il ricercatore morto, che si era “agglomerato” con parte della palude. Ma poi arriva Moore ed il suo colpo di genio nel numero #21 di Swamp Thing: The Anatomy Lesson (1984): la Cosa della Palude non è il ricercatore, è un coacervo di parti di fauna “pilotate” da microorganismi che, cibatisi del cadavere in questione, ne hanno assunto anche parti mnemoniche e quindi si credono Holland, ma non lo sono. Immaginate quindi la devastazione spirituale ed intellettiva nel momento in cui il mostro scopre la verità.
Oltre a questo ci sono tutta una serie di dilemmi morali, ed è (almeno in questo primo volume) molto presente – dominante? – il tema dell’ecologia. In maniera ambivalente, perchè laddove Holland/Swamp Thing intende il suo essere una specie di sentinella del verde come un dover mantenere equilibrio fra la vegetazione e gli uomini, il suo primo grande antagonista, ovvero Woodrue/Uomo Floronico, ritiene l’essere umano un cancro da estirpare. Le avventure del Fangoso hanno comunque altre connotazioni (ricordiamoci sempre che si tratta di un fumetto horror, e quindi ligio alle tematiche del genere), ed infatti la seconda “avventura” presente nel volume ha a che fare col mondo dei bambini autistici e la PAURA, quella grossa, quella paralizzante, quella brutta e cattiva.
Ci sono poi i temi della morte, dell’amore, dell’amicizia, dell’esistenza.
Mai banale, il mondo paludoso di Moore si muove in dimensioni oniriche e surreali, per raccontare il mondo reale in maniera netta e critica.
Laddove The Killing Joke mi era parso una storiella buttata lì, Swamp Thing è un fumetto senza tempo raccontato in maniera esemplare.
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