Essendomi preso una pausa dai Grandi Eventi Marvel, per motivi di recupero del materiale, ne approfitto quindi per parlare di un volume che è nella mia libreria da tempo e che è passato un po’ in sordina (un modo elegante per dire che se lo sono cagato in pochi…NdA), sto parlando di Just A Pilgrim. Perché dico che è passato un po’ sottobanco? Perché per essere un’opera di Garth Ennis non ha fatto molto scalpore, negli anni ci ha abituato al peggio, ormai niente ci impressiona più, quindi non si è creata quell’aura di discussione e scandalo attorno all’opera, di conseguenza pochi ne sono stati attratti: guardate anche la pagina di wikipedia com’è scarna. Per fortuna ci sono qua io a illuminarvi e dipanare qualsiasi dubbio abbiate tipo se acquistare o no tale volume.
Per prima cosa, chi è il Pellegrino? Come dissi già una volta nel mio primo articolo riguardo a Ennis e la sua ripetitività dei personaggi, il pellegrino non è nient’altro che il Santo degli Assassini, il Punitore fanatico religioso. E’ il solito antieroe di Ennis, dannatamente sopra le righe, dannatamente psicopatico, dannatamente badass. Per farla breve: cataclisma apocalittico, umanità distrutta, tutti morti. Un gruppo di persone alla ricerca di un posto dove vivere viene attaccato da dei predoni.
Li salva un uomo: il Pellegrino. Si scopre che questo, prima dell’Ustione (ovvero il cataclisma in cui il sole si sta spegnendo, si è espanso arrivando al punto di bruciare la Terra e vaporizzare i mari) era un militare delle forze speciali e in una missione per sopravvivere si è dato al cannibalismo. Ci prese gusto e, tornato a casa, continuò a cibarsi di persone, chiuso in carcere venne aiutato a redimere la propria anima da un pastore (uno col collare bianco, non con le capre! NdA) e scoprì le sacre scritture e la religione. Dopo il cataclisma la sua missione per conto di Dio è aiutare gli indifesi e punire gli empi.
Ovviamente il patto con Dio venne siglato attraverso uno sfregio in faccia a forma di croce di metallo ardente. E qua si potrebbe dire: “ma perché Pellegrino? Non c’entra molto col personaggio, chiamalo la mano di Dio, più cazzuto!” Invence il nome lo prende da uno scambio di battute avuto appunto col pastore, che vorrei citare perché è uno dei pochi passaggi con un discorso sensato e non frasi a effetto o deliri religiosi: “La comprensione che brami non è diversa da ciò che tutti noi cerchiamo. Tutti stiamo compiendo quel viaggio di scoperta. Noi siamo tutti dei semplici Pellegrini”.
Il problema è che non porta salvezza e speranza, porta solo sfiga, è uno iettatore nato, arriva lui e va tutto in vacca. Non vado oltre a raccontare della trama, vi basti sapere con non va a finire molto bene. Ah, questa sarà una delle poche volte che non ho spoilerato niente!
Nella seconda storia invece (sì, sono 2! NdA), Garden Of Eden, 12 anni dopo l’ustione, il nostro “eroe” arriva alla fossa delle Marianne, unico posto dove si possa trovare tregua dai raggi del sole e dove si possa ancora trovare acqua. Qui si era rifugiata una comunità di scienziati che aveva cercato di ricostruire una vita “normale”, in tutto questo tempo inoltre avevano anche messo a punto uno shuttle per lasciare questo pianeta morente e andarne a colonizzare un altro.
Questa storia, a differenza della precedente, ha una connotazione più horror, quell’ horror che oggi ci fa sorridere, caratteristico dei film anni ’50 e ’60. I raggi mortiferi del sole ovviamente non hanno solo bruciato la superficie terrestre, ma le loro radiazioni hanno mutato le poche specie che si sono salvate. Il gruppo di scienziati è minacciato da degli schifi senzienti, tipo meduse, che si attaccano al midollo spinale e usano i corpi degli esseri ospitanti come marionette/zombie, un po’ disgustoso. Vi dico solo che arriva il Pellegrino e le cose vanno in malora. Tuttavia il finale di questa seconda storia lascia un barlume di speranza, un messaggio che dopo tutto la salvezza possa avvenire.
E’ la classica storia di Ennis. Purtroppo, come ho detto prima, ormai è vittima di se stesso, è ripetitivo. Il suo stile ormai si sa… è quello!
In questo caso si rifà chiaramente all’epopea western, un tema a lui carissimo. Un gruppo di coloni è minacciato da alcuni banditi, arriva il cavaliere solitario che li “salva e li conduce in un posto sicuro”. Uno dei più classici clichè delle storie di frontiera, tuttavia lo stile dell’irlandese è molto lontano da quello dei film classici di John Wayne, ed è pure ben lontano dall’essere solo irriverente. In tutti questi anni siamo stati abitutati alla violenza, tant’è che oggi nè ci scandalizza o galvanizza più e, nonostante ciò, questa è sempre una costante delle sue opere.
Tuttavia come Mark Waid afferma nell’introduzione, non è una violenza fine a se stessa, nuda e cruda, ha quel tocco di humor che ti fa sorridere: spettacolare quando scarica il suo fucile sul grugno di un cane che non la smetteva di abbaiare, giustificandosi con “il demonio era entrato in lui” (ammettetelo, chi non ha mai sognato di farlo al cane scassaballe del vicino? NdA).
E’ comunque una violenza che è ben lontana dal fare cazzaro di Hitman o Dicks, a questo contribuiscono i disegni più realistici di Carlos Ezquerra, che ben si scosta dalle matite di McCrea. E’ una violenza che non è più solo fisica, ma anche psicologica, come quando una specie di calamaro mutato prende un tizio e lo usa come ovulo per riprodursi, abbastanza schifido. Ormai questo è lo stile di Ennis, ha trasceso il significato di dissacrante. Non conosce più nessun tabù, tratta il sesso come una cosa deviata e corrotta; già in The Boys ce lo presentava come una perversione, per poi peggiorare nel malato con Crossed. Zero riguardo per quelli che sono i cosiddetti temi delicati, per esempio ora sta uscendo The Pro, le avventure di una prostituta con i poteri da supereroe. E qual è l’altro muro della censura che il nostro irlandese si premura di distruggere mattone per mattone in ogni sua opera? La religione! Cosa c’è di più sacro e facilmente decostruibile?! Ha fatto della blasfemia il suo verbo, basta leggere Le Cronache di Wormwood o Preacher. Ennis non apprezza molto l’istituzione clericale, nè l’idea stessa di religione: appena può la sfotte. Solitamente il suo bersaglio preferito sono preti, papi, pastori, qui stavolta è messa in discussione la fede stessa. Il Pellegrino nel finale vede la sua fede vacillare e inveisce contro Dio, non comprendendo più come quello che gli sta accadendo intorno possa essere opera del Creatore; rinnega il suo stesso credo. Per Ennis infatti, come dichiarò in un’intervista, la religione è un sostegno psicologico per alcuni, ma anche un ingannevole mezzo di sottomissione e controllo per altri.
Non si può dire che le storie di Garth siano umorismo semplice o dai contenuti banali. Certo, affronta temi impegnativi con leggerezza, ma non è quella leggerezza senza carisma, è un modo avvincente di narrare cose che pochi altri avrebbero il coraggio di mettere per iscritto. Di contro va detto che, ultimamente troppo spesso, il suo stile oltre che un po’ ripetitivo appare anche eccessivo, enfatizzato solo per attrarre i suoi fan più accaniti (cioè me… NdA), ma tralascia la valenza dei contenuti.
In conclusione, vi piacciono le storie ambientate in un mondo post apocalittico? Apprezzate il black humor? Lo stile splatter non vi infastidisce? Allora Just A Pilgrim è il volume che fa per voi! Non lo consiglio come primo approccio a quest’autore. Personalmente non mi è dispiaciuto, è vero, sono di parte, lui è uno dei miei scrittori preferiti, però questa storia è piacevole, una lettura leggera per staccare da qualcosa impegnativo o da lunghe saghe.
P.S.: Ovviamente la mia è l’edizione della Magic Press, L’Integrale, ed è quella che consiglio a tutti, ad una cifra esorbitante almeno avrete in un unico volume tutte e due le miniserie.
Scritto da: N°7 Tratto da: LoSpaccaFumetti