Avengers: Rage of Ultron (Thank God is Wednesday 8.1)

Rick Remender, Jerome Opena e Pepe Larraz si riuniscono per metter mano sul Villain del momento, sfruttando la sua attuale popolarità cinematografica per una Original Graphic Novel attenta ad esplorare un malato rapporto Padre-Figlio, senza tralasciare la spettacolarità di un epico campo di battaglia. Avengers: Rage Of Ultron è tra noi.

L’apertura della Graphic Novel è spettacolare: Remender ci getta subito nella mischia, aprendo la narrazione in medias res durante un attacco di Ultron nella città di New York, precisamente a Manhattan. È una sequenza che riporta al passato, proponendo una line-up di Vendicatori che ai lettori più attempati farà piacere ritrovare: Steve Rogers, Thor, Iron Man, Visione, Scarlet, Hawkeye, Yellowjacket, Wasp e Bestia. Il perfetto equilibrio tra la caratterizzazione dei personaggi Vendicativi e dei loro dialoghi tipica degli anni ’70-’80 e l’estetica da blockbuster di Jerome Opena, produce una perfetta commistione di elementi tradizionali del passato ammodernati, capaci di far respirare un’aria nostalgica senza risultare datato. 

A rendere l’apertura di Rage Of Ultron qualcosa in più rispetto ad una qualsiasi mega-scazzottata tra Avengers e vari robot è l’abilità di Remender nell’esplorare la complessa catena familiare che coinvolge Hank Pym, Ultron e Visione: il suo investigare questa malata genealogia porta alla luce tre personaggi che presentano una quantità di sfumature impressionanti e la costruzione su più strati delle loro personalità traina tutta la Graphic Novel, proponendosi come uno dei migliori studi comportamentali degli ultimi tempi su questi esseri tormentati.

La narrazione si sposta quindi nel presente e Remender mette al centro dell’attenzione l’attuale line-up degli Uncanny Avengers, modificata per l’occasione: Capitan America (Sam Wilson), Thor (la sua attuale versione femminile), Sabretooth, Visione, Scarlet, Quicksilver, Spider-Man e Giant Man (Hank Pym). A fare il suo rientro nell’universo Vendicativo c’è anche Starfox, l’eterno conosciuto come Eros, che porta agli eroi della terra la pessima notizia del ritorno di Ultron. Ed è da questo punto in poi che Ultron si impone come assoluto mattatore della graphic novel.

 

Remender esplora la contorta psiche dell’intelligenza artificiale creata da Hank Pym e coglie perfettamente le motivazioni che lo spingono ad agire: la sua estrema criticità nei confronti dell’umanità e la sua incapacità nel trovare una nota positiva in essa non sono altro che le conseguenze del tradimento che suo padre ha attuato nei suoi confronti.
Ultron, in quello che è forse l’apice della OGN, mostra a suo padre Hank quanto la sua personalità tormentata, costantemente alla ricerca di accettazione, il suo continuo cambiar forma per acquisire il rispetto che non è mai riuscito ad ottenere e la sua profonda depressione per non aver mai realmente trovato il posto nel mondo che tanto desiderava, lo abbiano spinto a creare l’intelligenza artificiale e a desiderare l’annientamento del genere umano.
La rabbia di Ultron è il riflesso del rancore che Hank Pym ha sempre covato dentro di sé.

 

Rage Of Ultron focalizza successivamente la sua attenzione sul rapporto tra Ultron e Visione ma queste ultime pagine della Graphic Novel presentano una discreta quantità di problemi: la lotta tra le due intelligenze artificiali è troppo rapida e il conflitto emozionale che vede i due androidi come protagonisti termina bruscamente con l’inserimento di un deus ex machina che macchia indelebilmente il perfetto storytelling che il racconto aveva avuto sino a quel momento. L’intenso focus sulle vicende famigliari che coinvolgono Hank Pym, Ultron e Visione miscelato con l’epicità della costante battaglia tra gli Avengers e l’androide, rimane comunque uno tra i migliori che il Marvel Universe abbia mai visto, ma la conclusione dell’intimo conflitto generazionale è affrettata e completamente senza senso. Non è accettabile seguire per circa 90 pagine tre personaggi che sviluppano e mutano i loro pensieri in maniera logica, distinta e coerente per poi interrompere quella che dovrebbe essere la perfetta conclusione dei loro tormenti con un finale volutamente shockante e totalmente incoerente con la narrazione del volume sino a quel momento.

Il comparto artistico di Avengers: Rage Of Ultron è di qualità elevata ma spesso soffre nei passaggi di testimone tra i due disegnatori, Jerome Opena e Pepe Larraz: se il primo è in grado di mescere uno storytelling spettacolare e cinematografico con una discreta intensità nella caratterizzazione dei numerosi momenti intimi dei personaggi, il secondo pecca di freddezza, proponendo uno stile che mantiene il tono da blockbuster della graphic novel ma che smorza le emozioni dei protagonisti, eliminando la delicatezza e la capacità di Opena nel creare espressioni in grado di colpire maggiormente il lettore. Questo distacco non è eccessivamente netto ma mina la potenza della narrazione intensa di Rick Remender, spesso spostando l’attenzione del lettore proprio sul cambio di stile.

 

Leggendo Avengers: Rage Of Ultron ci si accorge di quanto una storia con enorme potenziale, le mire da capolavoro storico e la capacità per raggiungere gli obiettivi che si era prefissata possa essere completamente rovinata da un finale affrettato e incoerente. L’ottima caratterizzazione dei protagonisti, l’intensità del conflitto generazione tra padre e figlio e i dialoghi di qualità elevatissima permangono ma quanto possono contare nel momento in cui la conclusione è in grado di spazzare via tutto il peso e la forza che sino a quel momento hanno caratterizzato il racconto? Quanto vale un finale shockante se totalmente incoerente con l’impostazione della narrazione?
Ai lettori l’ardua sentenza. 

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