Thank God is Wednesday 5 – Late

Thank God Is Wednesday Is Back!
Per il puro gusto di cambiare e far ogni tanto qualcosa di nuovo – e soprattutto per dare una migliore motivazione del mio ritardo nella scrittura dell’articolo – pubblicherò  l’articolo di recensioni, in cui per questa volta sarò purtroppo molto più sintetico, e poi un altro articolo dove parlerò di alcune news provenienti dal mondo dei comics. Cominciamo con i comics del Mercoledì!

  

Howard The Duck #1 – Zdarsky/Quinones
The Quacking Pumpkins 

Tutto è cominciato con il defunto Superior Foes Of Spider-Man di Nick Spencer, nel lontano Settembre 2013. Lo stile tipico del mondo degli indie comics si introduceva nel fumetto mainstream, colorandolo di novità e freschezza. Dopo qualche mese, precisamente tra l’Aprile e il Maggio del 2014, con testate come She-Hulk, Ms Marvel e Moon Knight, questa nuova linfa creativa, solitamente avulsa dal genere supereroistico propriamente detto, cominciò a diffondersi. Da lì fu un’invasione: Ant-Man, Spider-Gwen, Batgirl, Gotham Academy, Silk… tutte queste testate apparentemente così diverse tra loro condividono quella voglia d’innovare tipica del fumetto indie, mescolata sapientemente con il supereroismo. L’ultimo arrivato è proprio il papero detective più amato dai lettori, Howard The Duck. Inutile dire che, proprio come le testate precedentemente citate, il risultato è favoloso: Chip Zdarsky (Sex Criminals) e Joe Quinones ci portano in un mondo fatto di citazionismo e divertente cinismo: è impossibile non innamorarsene. 

Howard è una papera antropomorfa parlante proveniente da New Stork City, grande città del Duckworld. Trasportato e intrappolato nel mondo degli umani, si guadagna da vivere come Detective Privato e il suo studio è proprio accanto allo studio legale di Jennifer Walters aka She-Hulk. A tutti i neofiti e a coloro che non hanno mai sentito parlare di questo personaggio posso confermare che questa prima issue è perfetta, a prescindere dalle conoscenze che si hanno sul papero più cinico della galassia. I punti cardine della sua backstory sono citati in maniera chiara, senza lasciare dubbi o spazi vuoti colmi di interrogativi. Per confermare questa accessibilità, la issue ci offre una storia stand-alone che presenta perfettamente il protagonista, i suoi modi di fare, i suoi rapporti con gli estranei e con personaggi ben più famosi di lui del Marvel Universe e la divertentissima ostilità verso un mondo che non gli appartiene. L’abuso tipicamente marveliano (Hawkeye di Fraction, Ant-Man e SFOSM di Spencer) del protagonista perdente in un ambiente che non lo rispetta sta iniziando a diventare ripetitivo ma in Howard The Duck non è quello il fulcro: i dialoghi e la narrazione sono ad altissimi livelli e il tono comico del fumetto è estremamente sopra le righe. È impossibile non sorridere leggendo le numerose battute presenti nel corso della issue e le interazioni di Howard con personaggi come She-Hulk e Spider-Man sono divertentissime.

Questa ilarità è sostenuta da un comparto artistico che tiene perfettamente il passo con la scrittura: Joe Quinones, ultimamente poco attivo, rafforza ulteriormente il solido script di Zdarsky offrendo uno storytelling adeguato ad un fumetto comico come Howard The Duck. La rappresentazione del volto del Papero, con tutte le sue eccentriche espressioni, è incredibilmente realistica e divertente e ad essa seguono quelle dei personaggi secondari. La pulizia generale del tratto dell’artista è invidiabile e i colori di Rico Renzi, molto simili a quelli del defunto e compianto She-Hulk di Soule, si sposano benissimo con il tono comico di questa prima issue. 

Howard è tornato, più divertente che mai. Questo racconto autoconclusivo iniziale, il cui finale si aggancia a quella che sarà la prima “vera” saga del Bisbetico Papero, è di ottima fattura. Il divertente cinismo e il suo occhio critico nei confronti di un universo in cui non si sente a casa sono solo due fra gli elementi che portano il lettore ad amare il Detective Piumato. L’eredità lasciata da Soule è nelle mani di Zdarsky e Quinones. 

 

Superior Iron Man #6 – Taylor/Braga
Twisted

I primi due anni e mezzo di Injustice Gods Among Us scritti da Tom Taylor sono stati la versione “Ultimate” dell’universo DC che tutti quanti abbiamo sempre voluto ma non abbiamo mai osato chiedere a gran voce. L’inaspettato successo della settimanale tratta da un videogame è stato giustamente riconosciuto e la serie è stata protratta sino ad un terzo anno, infausto per l’abbandono dello scrittore sostituito dal mediocre Brian Buccellato. Taylor è stato uno fra i tanti scrittori DC a lasciare Jim e Dan per approdare sui più invitanti lidi Marvel e Iron Man, reduce da una pietosa run di Kieron Gillen, ne ha tratto enorme giovamento. L’incantesimo di Inversione del mega evento Axis ha cambiato Tony Stark: adesso è un figlio di p*****a al 100% e se fino alla issue precedente lo si poteva considerare “solo” un subdolo manipolatore su larga scala, in Superior Iron Man #6 il punto di non ritorno verso l’esser considerato un Villain a tutti gli effetti si fa sempre più vicino.

Tom Taylor, proprio dopo il lavoro su Injustice, è lo scrittore perfetto per un Tony Stark così deviato, così incredibilmente vanitoso e pronto a tutto per plasmare il mondo a sua immagine e somiglianza. Il tentativo di prendere il controllo di tutte piattaforme mediatiche sociali per raggiungere il cuore e le menti dei consumatori e poter far loro il lavaggio del cervello è l’emblema della sua megalomania e, come se non bastasse, Tony non esita a sfruttare il suo status di Vendicatore e la fiducia delle persone salvate durante la sua carriera da eroe per raggiungere i suoi scopi. Questo leitmotiv tipico della serie esplode in Superior Iron Man #6 e si affianca allo scontro con Pepper Potts, oramai donna d’affari in carriera e proprietaria della Resilient, che si oppone al suo ex-capo oramai corrotto sino al midollo. Il twist finale di questo numero è piuttosto prevedibile ma questo non inficia la godibilità dell’intera issue, la migliore della serie sino ad ora.

Laura Braga continua il suo buon lavoro nel comparto artistico distaccandosi sempre di più dallo stile delle prime issue, disegnate da Cinar. Ottimo il lavoro nelle espressioni dei personaggi e nella rappresentazione del diabolico Tony e della monolitica Pepper Potts, mediocre invece durante le scene d’azione, troppo statiche ed incapaci di rendere l’idea del movimento. Tutto sommato l’estetica della issue è soddisfacente. Era dai tempi di Matt Fraction che Iron Man non era così interessante, complimenti a Taylor e Braga.

 

Southern Cross #1 – Cloonan/Belanger/Loughridge
Goth In Space

Un inquietante racconto con venature gotiche ed horror ambientato su una enorme nave spaziale in viaggio per il pianeta Titan, ecco come descrivere Southern Cross #1 sinteticamente. Sullo sfondo Sci-Fi si palesa davanti ai nostri occhi la tipica atmosfera Gotica claustrofobica ed opprimente in cui la protagonista si muove. Alex Braith è in viaggio sulla Southern Cross per raggiungere la Luna-Raffineria di Titan per recuperare il corpo e i possedimenti di sua sorella e per ottenere risposte e chiarimenti sulla sua morte. È la pecora nera della famiglia: precedentemente arrestata per violenza e percosse, socialmente isolata e facilmente irritabile. Oltre agli interrogativi senza soluzione riguardanti la morte di sua sorella, durante questa primissima parte del suo viaggio altri misteri riguardanti la Southern Cross si aggiungono al fardello di enigmi che Alex porta con sé.

La maggior parte della issue è concentrata nel settaggio dell’atmosfera angosciante e nella presentazione della protagonista, ostile ma affascinante. La dicotomia tra l’empatia provata leggendo i monologhi interiori di Alex e l’irritante comportamento tenuto con gli altri passeggeri della Southern Cross porta il lettore ad avere sentimenti contrastanti nei suoi confronti, rendendolo un’affascinante protagonista.  I personaggi di contorno risultano intenzionalmente appena accennati ed è evidente la volontà della Cloonan nel voler tenere i segreti che li riguardano ancora nascosti. È proprio questa capacità tipica dell’autrice, quella di dare ai suoi personaggi zone oscure e svariate sfumature a rendere questi ultimi tridimensionali e realistici. Il ritmo della issue è quello molto lento tipico delle serie in cui il mondo, l’ambientazione, i personaggi e i misteri vengono svelati poco a poco, al momento giusto e con un crescendo di tensione e suspense. 

Belanger è lontano dalla perfezione ma il suo tono morbido e dettagliato si addice all’ambientazione grazie all’attenzione ai particolari interni della Southern Cross. Un ottimo lavoro combinato viene svolto dall’autrice e dal disegnatore, capaci di presentar prima la maestosità della nave spaziale per poi procedere sempre più in piccolo, riuscendo a caricare la sensazione di claustrofobia una volta all’interno di essa per far poi sfociare la issue nell’Horror delle ultime pagine. Dopo Gotham Academy Cloonan ha ingranato la marcia giusta e Belanger, seppur imperfetto, la accompagna nel migliore dei modi. Se amate le storie misteriose basate sul worldbuilding e apprezzate le ambientazioni gotiche e Sci-Fi, Southern Cross è una serie brillante e  promettente che vi consiglio caldamente di leggere.


The Surface #1 – Kot/Foss/Bellaire
Black Mirror?

Prima di analizzare The Surface è necessaria una piccola premessa: personalmente credo che Ales Kot sia forse il migliore tra i nuovi scrittori del mondo dei comics. Dopo i suoi primissimi ottimi lavori datati 2012-2013 (Change, Wild Children) ha mostrato un talento incredibile con la pubblicazione di quel capolavoro chiamato Zero, creator-owned ancora in corso targato Image, e ha invaso anche la Marvel prima con una minserie su Iron Patriot, poi con una recentissima nuova serie su Bucky Burnes e infine con la splendida run su Secret Avengers. Tipica di Kot, soprattutto nei suoi lavori lontani dal supereroismo, è la capacità di toccare il lettore e di proporre storie molto complesse e sperimentali ma comunque comprensibili. Questo primo numero di The Surface è in grado di miscelare in maniera equilibrata l’intensità tipica di lavori come Zero e Secret Avengers e l’atmosfera Lynchiana presente in Change. Ales Kot ha fatto di nuovo centro.

In The Surface #1 ci viene presentato un mondo in cui la condivisione delle informazioni ha raggiunto un livello tale da portate ad uno sharing di massa delle proprie vite e del proprio passato. I governi hanno creato leggi su misura per potersi permettere l’invasione di una privacy oramai defunta e il terrorismo ha cambiato bersagli, spostando la sua attenzione verso l’hacking di questi dati. È evidente come l’ambientazione sia una forte critica nei confronti dei social media ma Kot ha la delicatezza di non puntare il dito ma, parlando per bocca di uno dei suoi personaggi, descrive il mondo da lui creato in questo modo: “It’s Not Good Or Bad, Just Different”. Una frase in grado da sola di avvicinarsi molto più alla realtà rispetto a tante distopie catastrofiste, risultando intensa e tremendamente malinconica. I tre protagonisti sono degli Hacker alla ricerca della “Surface” e, in questa prima parte del loro percorso, spiegheranno al lettore cosa essa dovrebbe essere e si interrogheranno sulla reale natura dell’universo. L’imprinting della narrazione è intimo, le sequenze a fumetti si intervallano ad un’intervista ad un’ipotetico scrittore che sembra essere Kot stesso ed è qui che questo misterioso autore afferma la sua volontà nell’essere criptico che si ripercuote sulla sua scrittura, fatta molto spesso di immagini.

La narrazione visiva è il risultato di una perfetta simbiosi tra la complessità di Ales Kot e l’arte dettagliata e a tratti surreale di Langdon Foss. Il disegnatore alterna numerosi sguardi ampi sui paesaggi a sequenze ravvicinate in cui ritrae i tre protagonisti, caratterizzati egregiamente dal punto di vista estetico. Ottima la perfetta integrazione di pannelli fitti di dialoghi e pensieri con il comparto artistico ed è presente simbolismo sessuale in molte delle vignette, la più lampante nelle prime pagine. I colori di Bellaire sono una certezza, già apprezzati nei recenti Moon Knight e Magneto. 

The Surface è un fumetto difficile, criptico e volontariamente nebuloso nelle sue reali intenzioni. Potrebbe non essere apprezzato così come potrebbe esser amato alla follia. La densità della narrazione, complessa e massiccia, in totale controtendenza con la decompressione tipica del fumetto mainstream e la mole di dettagli presenti tra le pagine di questo primo numero, potrebbero scoraggiare il lettore. Se siete in cerca di linearità e leggerezza, se considerate il fumetto come puro e semplice intrattenimento, allontanatevi da The Surface. Non c’è nulla di male ma questa sicuramente non è la serie che fa per voi.

 

Thank God Is Medley Review

Ant-Man #3 – Spencer/Rosanas: Il vero titolo di questa testata dovrebbe essere “Come prendere un personaggio di Serie C e renderlo speciale”. Dopo Superior Foes, Nick Spencer ci è riuscito di nuovo. Forte della base tipicamente Marvel del Supereroe con Superproblemi, l’autore costruisce una serie che fa del tono costantemente ironico mai fuori luogo la sua forza, aggiungendoci un pizzico di corsa per la redenzione. La vita civile di Scott Lang e il rapporto con sua figlia si alterna allo scontro contro Taskmaster e le sequenze d’azione sono le migliori di tutta la issue, incredibilmente sarcastiche e divertenti. Rosanas, con il suo tratto pulito ed elegante, ricorda molto il Pérez del recente Hawkeye ed è una gioia per gli occhi. Ant-Man #3 continua a divertire e i primi tasselli di una trama più ampia, legata al passato di Scott, iniziano ad intravedersi. 

Batman Eternal #49 – Snyder/Tynion/Fawkes/Higgins: A prescindere dalla bontà o meno delle issue settimanali di Batman Eternal, una sola è sempre stata la costante di questa serie: la lentezza. BE#49 non si smentisce ma fortunatamente è in grado di regalarci una svolta ed ottimi momenti con la maggior parte dei numerosi personaggi coinvolti in questo numero, primo fra tutti un Alfred in grado di stendere Hush e dimostrare che, nonostante l’età, ha ancora assi nella manica. In grande stile anche il ritorno del Pipistrello, apparentemente sconfitto nelle issue precedenti. Blanco, uno dei tanti artisti a rotazione di Batman Eternal, compie un ottimo lavoro confermando e migliorando il suo stile quasi noir, molto in linea con grandissimi artisti del calibro di Michael Lark. Come detto all’inizio, la lentezza e la decompressione rimangono un pesante fardello e il mistero sull’identità del Villain dietro tutti gli avvenimenti catastrofici accaduti a Gotham comincia a diventare frustrante. Per fortuna siamo quasi alla fine, l’anno eterno sta per giungere al termine.

The New 52 Futures End #45 – Azzarello/Giffen/Jurgens/Lemire: Inizialmente Futures End, ancor più di Batman Eternal, ha sofferto molto del formato settimanale proponendosi almeno per i primi 20-22 numeri come un frammentario insieme di personaggi e situazioni differenti. Nelle ultime due issue la trama sembra aver preso una rotta ben più precisa e, dopo l’epica battaglia con Braniac, gli eroi sistemano quello che rimane della povera New York. Brother Eye, come annunciato sin dalla primissima issue, prende finalmente il sopravvento e il futuro di questo futuro sembra esser sempre più incerto. È presente anche un discreto lavoro nell’approfondimento di alcune tematiche riguardanti i personaggi, prima fra tutti la tensione fra Superman e Batman e il dolore per la morte di uno fra i protagonisti. Il termine della issue riesce a risultare anche sorprendentemente inquietante. FE#45 è, fra i tanti bassi della serie, uno dei punti più alti.

Ninjak #1 – Kindt/Mann/Guice: Questa nuova serie Valiant si presenta come un fumetto a metà tra l’azione e la spy-story à-la James Bond, molto cinematografico e con un feeling vicino agli anni ’90 per il protagonista e le premesse surreali al limite del ridicolo. Il pregio di questo primo numero sta nella consapevolezza dell’autore e nella sua coerenza nel non modificare minimamente le basi di Ninjak, riuscendo a tirar fuori una trentina di pagine piuttosto godibili. Tra tuffi nell’infanzia della spia/ninja e il presente fatto di missioni segrete, Matt Kindt è in grado di rappresentare un personaggio solitario e a far comprendere le motivazioni che hanno spinto Colin King a divenire Ninjak. Ad accompagnare Kindt ci sono Clay Mann e Butch Guice: il primo accoglie a braccia aperte l’atmosfera anni ’90, enfatizzando la muscolatura dei personaggi e le numerose scene d’azione di questa prima issue mentre il secondo si occupa della backstory di 8 pagine in coda alla issue ed il lavoro è, come al solito, fenomenale. Guice è un maestro nel dipingere atmosfere tipicamente noir e nel rappresentare realisticamente la violenza da strada e si adatta perfettamente a questo piccolo racconto su un inesperto Colin King, spia alle prime armi. Un nuovo debutto targato Valiant, meno valido dei recenti Ivar, Timewalker e Divinity ma comunque di ottima qualità.

New Avengers #31 – Hickman/Walker: Secret Wars si avvicina e Hickman ci rivela l’identità di Rabum Alal, il grande distruttore annunciato sin dall’inizio della serie da Black Swan. La issue si allontana dai Vendicatori e dagli Illuminati per focalizzarsi su Dr Strange e i suoi Black Priests, proprio alla ricerca del Villain all’interno della grande libreria interdimensionale in cui si trova la sua sala. È piacevole osservare il Dottore Mistico scatenare i suoi poteri contro gli Swan e l’intera issue è un cammino pieno di tensione verso la rivelazione finale che non lascia minimamente delusi. Hickman stupisce tutti e aggiunge uno dei tasselli più importante del suo mosaico multiversale, infittendo le trame e riuscendo comunque a far quadrare il cerchio in maniera coerente.  Kev Walker è un buon disegnatore ma il suo stile quasi cartoonesco non è minimamente adatto alla complessità e all’epicità della sceneggiatura, nonostante tecnicamente non ci sia nulla di cui potersi lamentare. Manca poco all’inizio di Secret Wars, l’ultimo capitolo dell’epopea Marvel targata Jonathan Hickman, un’odissea che ha le sue radici in tutte le sue storie pubblicate con la grande M, dai suoi Fantastici Quattro passando per la sua breve run su Ultimates. 


Spider-Medley!

L’idea è quella di recensire tutte assieme cinque fra le testate ragnesche di questo Mercoledì. Sì, avete capito benissimo, cinque testate sull’universo targato Spidey in una sola giornata. Roba da matti. 

Partiamo con il penultimo numero di Miles Morale: The Ultimate Spider-Man e la tristezza è davvero tanta per la prossima fine della miglior serie ragnesca presente sul mercato. L’equilibrio tra azione, profonda caratterizzazione dei personaggi, teenage drama e attenzione alle relazioni interpersonali è rimasto intatto sin dal primo numero datato 2002. Le varie sottotrame della serie si intrecciano perfettamente progredendo in comune verso una singola direzione, dall’Hydra agli “Spider-Ladri” e passando per Kate Bishop. Il punto più alto della issue lo si raggiunge durante la discussione tra la suddetta Kate e Miles: un pagina fatta di disperata rabbia in crescendo dove Bendis e Marquez diventano una sola persona, integrando perfettamente le scelte di sceneggiatura e artistiche proponendoci i personaggi faccia a faccia, a condividere lo stesso spazio ma divisi dalla disposizione dei pannelli. Grazie Brian, il prossimo mese saranno lacrime.

The Amazing Spider-Man Special #1: Inhuman Error Part One di Jeff Loveness e Luca Pizarri è la sorpresa della settimana. Un Peter Parker incredibilmente giovanile negli atteggiamenti e divertente come non lo era da tanto tempo si unisce a Medusa e ad altri Inumani per aiutarli durante un attacco a New Attilan. La bravura di Loveness sta nel rappresentare uno Spidey fresco, il cui potere del soliloquio è fonte di continui sorrisi e risate, per non parlare delle numerose battute del ragno e le reazioni coerentemente nonsense dei Newyorchesi al trambusto provocato dalla battaglia, quasi impassibile dato che “Happens every week”. Lo script non è perfetto e pecca di un’approfondita conoscenza della continuity riguardante il rapporto tra Spidey e gli Inumani ma questo non inficia la godibilità della issue. E Luca Pizarri, mamma mia! Uno stile fluido e a tratti grottesco come quello di Ramos ma libero dalla sua inconsistenza e dalla sua totale ignoranza in campo anatomico e prospettico, oltre ad essere impreziosito da uno stile meno cartoon e molto più attento ai piccoli dettagli. Complimenti a queste due promesse del futuro dei comics, Inhuman Error continuerà il prossimo mese su Inhuman Special #1. E adesso voglio un Amazing Spider-Man scritto da Loveness, assolutamente!

Quando ti chiami Peter David sei tranquillamente in grado di scrollarti di dosso Spider-Verse, ridare un’identità solida alla tua serie e rendere un possibile mediocre prologo del Future Imperfect targato Secret Wars una grande storia. Spider-Man 2099 #10 è l’ennesima lezione di David al mondo dei comics supereroistici, in cui riprende un concetto da lui stesso inventato nel lontanissimo 1992, lo porta nel 2015 per poi ammodernarlo e legarlo a filo doppio con gli eventi dell’attuale universo Marvel. Non mancano le citazioni di Sliney a George Pérez, artista dell’originale Future Imperfect, che compie un ottimo lavoro in tutta la issue. Il percorso intrapreso da Miguel e la Dottoressa Strange, precedentemente prigionieri di Maestro, continua ed il twist finale, la scoperta delle reali motivazioni dietro le macchinazioni del Golia Verde, è favoloso e diviene ancora più significativo vista la rivelazione shockante nel mondo Marvel avvenuta in New Avengers #31.

Spider-Gwen #2 supera la precedente issue, offrendoci un capitolo incentrato meno sull’azione e più sulla costruzione della trama e sui personaggi di questo universo alternativo. Gwen Stacy è reduce da una battaglia finita male contro l’Avvoltoio e il trauma di una caduta l’ha portata ad avere un nuovo amico immaginario: Spider-Ham. Le allucinazioni visive e le discussioni con le Mary Janes incombono sulla nostra Spider-Gwen e una grande attenzione è data alla storia parallela di suo padre, il Capitano Stacy, conscio della sua doppia identità. Durante le sequenze sul padre di Gwen conosciamo meglio il monolitico ed incorruttibile Agente Frank Castle e il terrificante Matt Murdock, avvocato di Kingpin.  Oltre alle affascinanti versioni alternative di personaggi che ben conosciamo, Latour continua a costruire il suo nuovo mondo accompagnato da Rodriguez e Renzi con il loro particolare approccio fatto di tratti semplici e meticolosi colorati al neon, capace di far spiccare Spider-Gwen dal punto di vista artistico. Questo secondo numero è un’ottima conferma.

E poi c’è lui, il detestabile Dan Slott che dopo Spider-Verse ci regala una ventina di pagine fatte di noia e Ramos. Terminata la baraonda multiragnesca è tempo di porre delle basi per una nuova storyline e Slott tenta di farlo in questo Amazing Spider-Man #16. Questa issue è la dimostrazione di quanto un brutto fumetto con una brutta sceneggiatura sia più piacevole da leggere rispetto ad un fumetto noioso con una sceneggiatura noiosa. Ma non preoccupatevi, a risolvere la situazione e ad allietare la lettura c’è Humberto Ramos. Ho lasciato intendere, in una delle prime recensioni pubblicate qui sul Bar Del Fumetto, che il disegnatore non mi piaceva particolarmente. Rileggendo un’intera issue di suoi disegni mi sono ricordato precisamente cosa pensavo: è vomitevole. Un consiglio per la Marvel: mettete in una cesta i nomi degli scrittori di tutte le altre testate ragnesche e poi pescate a caso, ne verrà comunque fuori qualcosa di migliore.

Thank God Is Wednesday 5 termina qui e si sdoppia espandendosi nel 5.1. un breve articolo su alcune succulente news provenienti dagli States. Alla prossima!

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