Torniamo all’ormai consueto viaggio Oltreoceano per scoprire le testate più discusse della settimana. Tante novità, come al solito, e moltissime conferme.
The Multiversity: Mastermen – Morrison/Lee/Williams
Superman: Black Son
Nel Giugno del 2003 Mark Millar pubblicò una delle più valide storie su Superman degli ultimi anni: Red Son. La sinossi della mini-serie era semplice: cosa sarebbe accaduto se Kal-El e la sua navicella fossero atteratti nell’Unione Sovietica piuttosto che negli U.S.A.? In Mastermen le premesse sono simili ma Grant Morrison decide di far precipitare l’astronave contenente l’alieno proveniente da Krypton nelle Sudetenland, territorio occupato dalla Germania Nazista. Il Fürher ha ottenuto il suo Übermensch. L’egemonia del Reich può cominciare. Terra-10 è l’universo in cui Overman, l’Uomo d’Acciaio Nazista, e la sua distorta Justice League hanno diffuso ed imposto l’ideologia del Reich a tal punto da redere l’Inglese una lingua proibita. Lo spirito di Uncle Sam però non è morto e il regno del terrore dell’Oltreuomo potrebbe essere in pericolo.
Morrison aggiunge un altro capitolo alla sua epopea multiversale e, ancora una volta, è un lavoro di qualità: Overman è un personaggio complesso e tormentato, consumato dai sensi di colpa e Mastermen, in fin dei conti, non è nient’altro che uno spaccato della sua psiche turbata. Eroso dal passato ed indebolito dai dubbi, L’Oltreuomo D’Acciaio affronta se stesso e la sfiducia dei suoi “compagni”, oltre alle minacce filo-americane incombenti. È il capitolo meno meta-fumettistico di Multiversity, è il racconto inquieto di un Alieno che ha imposto il suo volere agli Uomini ed è adesso corroso dalle tribolazioni tipiche dell’animo umano.
L’unica pecca è Jim Lee: creare una così netta dicotomia tra la caratterizzazione umana di Overman e l’estetica “d’acciaio” che caratterizza lui e il mondo che lo circonda è, fondamentalmente, un’ottima idea. Il vero problema sta nell’artista in sé: pigro e sempre uguale a se stesso. Mantenendosi sempre sullo stesso stile, potevano essere coinvolti disegnatori come Mahnke o Reis che avrebbero svolto un lavoro sicuramente migliore di Lee. Nonostante questo, Mastermen funziona: siamo quasi alla fine e il puzzle interdimensionale di Morrison continua a colpire e a stupire, anche con quest’ultimo capitolo anomalo della saga Multiversity.
P.S. Un piccolo rammarico: sarebbe stato bello far durare Mastermen qualche pagina in più.
Batgirl #39 – Stewart/Fletcher/Tarr
Who Are You?
Ultimamente qualcosa non funziona nella vita di Batgirl. È sotto gli occhi di tutti e il suo quartiere la sta addirittura attaccando in massa; in rete viene diffusa una taglia per la sua cattura: “20 Million Dollars! Use Any Force Necessary!”. Il penultimo numero di questo Story-Arc ci presenta una Babs estremamente preoccupata ed esasperata dalle sue sventure: l’allontanamento da Dinah Lance aka Black Canary e il suo ritardo nel consegnare il suo programma di tesi causa furto del suo laptop, sono solo la punta dell’iceberg. Barbara è spossata, a tal punto da dubitare di se stessa e del suo comportamento. La prima parte di questo Batgirl #39 inquadra perfettamente le incertezze della giovane vigilante rallentando il ritmo dell’azione e focalizzandosi sul confronto tra i personaggi, la loro evoluzione e l’evoluzione dei loro rapporti, primo fra tutti quello fra Babs e Dinah. Il ritmo è lento ma ben scandito.
La seconda parte della issue procede invece rapidamente, Barbara sembra rialzarsi grazie all’aiuto di Dinah e, a questo proposito, Stewart e Fletcher riescono a rendere realisticamente l’amicizia che le lega: il conflitto, la separazione e l’affetto reciproco che porta al loro riavvicinamento, vengono rappresentati in maniera genuina e naturale. Il numero si chiude con uno shockante twist che anticipa un finale estremamente interessante per il primo Story-Arc del nuovo team creativo. La disegnatrice Tarr è stata, sin dall’inizio, la scelta artistica perfetta per questa Batgirl ammodernata e “MissMarvelizzata”: le espressioni facciali dei personaggi sono assolutamente fantastiche ed il volto di Barbara non è mai stato così vivo e dinamico.
Batgirl #39 è la quiete prima della tempesta, un capitolo rivelatore che mette al giusto posto i tasselli del mosaico iniziato con il #35, coinvolgendoci e poi shockandoci con le ultime pagine.
Silk #1 – Thompson/Lee/Herring
Analog
Dalle ceneri di Spider-Verse emerge una nuova eroina: Silk! Dopo aver giocato un ruolo fondamentale nel mega-evento ragnesco ed aver subito una pessima scrittura da parte di Dan Slott, Cindy Moon torna in forze grazie a questa nuova testata dedicata unicamente a lei. Dopo dieci anni passati nascosta in un bunker per proteggersi dagli Inheritor, Silk torna a vivere nel mondo reale mostrandoci le sue tendenze anti-sociali, il suo amore per la solitudine e la sua alienazione: Robbie Thompson – tra gli scrittori della serie TV Supernatural e nuovo nel mondo dei comics – ci presenta una supereroina impacciata e una ragazza socialmente goffa che cerca di farsi strada come Reporter, ponendo l’accento sulla sua strana relazione con Peter Parker e sul suo distacco dalla realtà circostante.
Cindy Moon: “What’s Twitter?”
JJJ: ” That’s the spirit! Old School. Look with your pen and paper. Analog!”
L’autore dà il meglio di sé durante i flashback in cui viene rappresentata una giovane Cindy Moon pre-bunker e non ancora morsa dal ragno radioattivo: un’equilibrata miscela di angoscia adolescenziale, vita famigliare e conflitto vita scolastica/vita sociale incredibilmente genuina e sincera, lontana dalle tragedie supereroistiche più classiche. Splendide anche le due sequenze in cui compare Spidey, perfettamente “In Character”.
Stacey Lee, nuovo nome alle matite, fa brillare Cindy e tutto ciò che le sta attorno grazie al suo stile cartoonesco: come Babs Tarr in Batgirl, l’espressività e il dinamismo sono la punta di diamante ed in ogni vignetta c’è vita. Dopo aver elogiato questa issue bisogna segnalare però che Silk #1 non è niente di nuovo: dopo Miss Marvel, Batgirl, Squirrel Girl e la comparsa di Spider-Gwen, anche Cindy Moon cavalca l’onda del successo di questo genere “Teen” che sta prendendo piede ultimamente nel mondo dei comics (a breve avremo anche Black Canary). La sensazione di déjà vu potrà essere, a seconda del lettore, fastidiosa o meno ma sarebbe sbagliato non dare una possibilità a questa nuova testata ragnesca: una ventina di pagine solide che spazzano via tutta la spazzatura targata Amazing Spider-Man dell’ultimo anno. Complimenti a Robbie Thompson e Stacey Lee.
Batman And Robin #39 – Tomasi/Gleason/Gray
Batfather & Superson
Peter J. Tomasi ha sempre scritto il miglior Damian Wayne e ha reso Batman And Robin la migliore testata Batmaniana dall’inizio del New52, focalizzandosi sul rapporto Padre-Figlio e donando a Bruce Wayne una ulteriore caratterizzazione di spessore, mostrandoci un uomo duro ma molto coinvolto affettivamente nella sua relazione con Damian. Robin è da poco tornato in vita e ha ottenuto superpoteri: volo, pelle a prova di proiettile, forza sovrumana e tanto altro fanno compagnia alla tipica arroganza e all’impertinenza che da sempre hanno contraddistinto Damian. Il susseguirsi degli eventi e dei dialoghi di B&R #39 è l’ennesima prova delle capacità di Tomasi: la coerenza con cui sono scritti i suoi personaggi, il suo padroneggiare il duo in ogni loro sfacettatura ed in ogni situazione è divino.
Damian non perde tempo ad utilizzare le sue nuove abilità, sfruttandole e adattandole alla sua personale visione della giustizia, da sempre molto più aggressiva rispetto al modus operandi di Batman. Fantastica è la contrapposizione tra queste azioni straordinarie e la totale apatia e mancanza di entusiasmo di Damian: anche nel momento in cui Batman porta suo figlio nella base della Justice League, Robin è incredibilmente indifferente, a tal punto da risultare quasi annoiato. Esplicativo è il breve dialogo tra Damian e Shazam, in cui Billy Batson, il ragazzino che ha subito lo stesso destino di Damian, tenta di fraternizzare con lui ottenendo in risposta soltanto freddezza. Patrick Gleason è fenomenale nel raffigurare questa imperturbabilità, regalandoci una issue in generale più “luminosa”. Ottima la capacità di mantenere la narrazione sempre fluida nonostante i continui cambi di scena. Batman And Robin rimane dunque una certezza, sempre in grado di regalarci nuove sfumature del rapporto tra i due eroi di Gotham City.
Justice League #39 – Johns/Fabok/Anderson
The Hollow Virus
Prima di cominciare a disquisire del fumetto in questione c’è bisogno di fare una piccola e semplice premessa: detesto come Geoff Johns sta scrivendo la Justice League. Con questo numero si chiude lo Story-Arc The Amazo Virus, una saga tediosa e senza particolari spunti interessanti. Wonder Woman, Lex Luthor, Superman e Captain Coldsono gli unici a non esser stati coinvolti nel contagio e si battono per trovare una cura efficace all’epidemia metaumana, impegnandosi a recuperare il Paziente Zero. Diana è la protagonista della issue: il suo monologo interiore nella sequenza d’apertura e il team-up con Captain Cold sono i momenti più riusciti di questo capitolo finale scontato e prevedibile. Johns non è mai stato particolarmente abile a dar spessore ai suoi personaggi, i punti di forza della sua scrittura sono sempre state le trame avventurose mai banali e le sue idee, molto spesso geniali, per caratterizzare l’universo da lui costruito. Sin dal primissimo numero di questa gestione, Johns sembrava aver perso la sua abilità nel tessere trame avvincenti e se in quel periodo poteva esser perdonato visti gli ottimi lavori su Aquaman e Green Lantern, adesso non ha scuse: Justice League è una serie vuota che, dopo il pessimo Forever Evil, sembra essersi prosciugata di qualsiasi guizzo positivo.
In chiusura il numero riserva una piccola “sorpresa”: il ritorno di un personaggio da tempo assente. Personalmente non ne sono rimasto particolarmente colpito: le solicitations DC dei prossimi mesi lo avevano già indirettamente annunciato ma a qualcuno può aver fatto piacere. Fabok svolge bene il suo compito ma non rempie i vuoti di caratterizzazione lasciati da Johns e i personaggi risultano ancora più piatti. Nonostante questo, l’azione è ben gestita e le scazzottate sono ben rappresentate e soddisfacenti. L’arte di Jason Fabok è lo specchio di quello che la Justice League può offrire e dei suoi limiti: avventura senza pretese, combattimenti dinamici e un grosso senso di vuoto. Dragon Ball, la Justice League è diventata Dragon Ball.
She-Hulk #12 – Soule/Pulido/Vicente
Goodbye Jennifer
Te ne sei andata via troppo presto. Ti ho conosciuta poco più di un anno fa, per caso: era il 12 Febbraio 2014 e ho goduto della tua presenza costante nella mia vita per un anno intero sino ad oggi, il tuo ultimo giorno. Tu per prima mi hai ridato speranza e mi hai dimostrato che la mia passione, in questo periodo così nero per il mondo di cui tu stessa fai parte, può ancora essere fresca e gioiosa. Eri nel posto giusto al momeno giusto. La tua vita in questi dodici mesi mi è sembrata una sit-com, ma non una di quelle stupide e ripetitive in cui un gruppo di amici si incontra nello stesso bar per un numero di stagioni non ben definito, ma una di quelle che passano in sordina, magari brevi e poco seguite, terminate per mancanza di ascolti che però hanno offerto tanto in quel piccolo lasso di tempo. Divertente prima di tutto, intelligente ed arguta, diversa dagli uomini in armatura e dalle amazzoni che ti circondavano nel posto in cui ti ho trovata, ti sei fatta strada con la tua semplicità senza aver bisogno di mettere a soqquadro il multiverso. Ti sei mostrata sin da subito per quel che eri: un’avvocatessa verde, intrigante e perspicace. E così come sei arrivata, semplicemente te ne sei andata.
Oh, quante cose ti ho vista fare! Vogliamo ricordarne qualcuna? Hai avuto a che fare con il figlio del Dr Destino! Sei diventata minuscola assieme a Scott Lang e hai difeso Steve Rogers in un’aula di tribunale! Certo, dette così posson sembrare str****te. Già sento quel pirla di Tony Stark mentre si vanta delle sue gesta, ma lui non sarà mai come te, non vivrà mai queste avventure nella stessa maniera surreale ed umana che ti ha contraddistinto sino ad oggi. E le tue colleghe-amiche? Patsy Walker, una folle! Angie Huang, così misteriosa… aveva addirittura una scimmia da compagnia! Fino alla fine sei stata coerente con te stessa: hai chiuso il tuo ultimo caso, il più difficile, senza tradire la tua natura. Niente botte senza senso, niente Michael Bay, niente città rase al suolo da stupidi alieni in blu ma un conflitto fisico che somiglia più ad un acceso dibattito. Una riflessione sulla redenzione e su quanto sia più semplice cercare una scorciatoia piuttosto che impegnarsi e lavorare sodo. Dall’inizio alla fine, sempre la migliore.
E quanto eri bella? Tanto, così tanto da rendere stupendo tutto ciò che ti circondava. Ammirarti è stato come far un viaggio nel passato: in te ho ritrovato il fascino argenteo degli anni ’60 – ’70 ma adattato alla modernità, sensibile e raffinato. Una continua gioia per gli occhi. Grazie, a te e a coloro che ti hanno messa al mondo, crescendoti nel migliore dei modi nel corso di questo anno indimenticabile. Arrivederci Jennifer Walters.
Lazarus #15 – Rucka/Lark/Arcas
“I Have No Choice” – “We Never Do”
“Il mondo è adesso diviso non da confini politici o geografici ma da confini finanziari. La ricchezza è potere e quel potere giace nelle mani di una manciata di Famiglie. Quei pochi che provvedono a servire le Famiglie che governano il territorio sono accuditi e protetti. Tutti gli altri sono Scarti.”
Lazarus è la storia di Forever Carlyle, il Lazarus della Famiglia Carlyle, cresciuta e geneticamente modificata per diventare una macchina da guerra leale e alle complete dipendenze di suo padre, Malcolm Carlyle. È un dramma familiare, violento e distopico, i cui punti di forza sono gli intricati intrecci politici, la complessità del setting e il raffinato lavoro di sceneggiatura nelle interazioni interpersonali fra i personaggi, tra l’altro splendidi. Siamo al termine del Conclave, una riunione fra rappresentanti delle Famiglie, ristabilito dopo anni a causa del rapimento di Jonah Carlyle da parte della Famiglia Hock. Ci sarebbe tanto da dire sulla trama di questa serie ma preferisco evitare qualsiasi tipo di spoiler per darvi invece un consiglio: per l’amor del cielo, leggetelo! Subito! Armatevi di dizionario Eng-Ita se ne avete bisogno, recuperate il formato digitale, comprate i TP Americani, anche a costo di dover vendere un rene – non necessariamente il vostro – , leggetelo!
Greg Rucka e Michael Lark, già coinvolti in quella meraviglia chiamata Gotham Central, hanno creato un mondo futuristico sporco ed oscuro, senza cadere nel cliché dello Sci-Fi per forgialo nell’acciaio delle spade portate dai Lazarus. Sono proprio queste ultime, le spade, ad avere un ruolo principale in Lazarus #15: lo scontro tra la Famiglia Carlyle e la Famiglia Hock si proietta nello scontro fra Forever e Sonja, i due Lazari, sotto gli occhi avidi del Conclave. Nessuna scelta per loro, il rapporto di amicizia sviluppato nel corso della riunione tra le famiglie non è calcolato, la Famiglia prima di tutto. 13 Pagine di combattimento brutale e sanguinoso, spada contro spada, nessun monologo interiore, nemmeno una parola, un’arena in cui gli spettatori osservano tranquillamente due macchine per uccidere che si affrontano. Il vero vincitore dell’intensa battaglia è Micheal Lark capace di creare un’elegante ed aggraziata coreografia di violenza silenziosa in cui sono le espressioni facciali ed il linguaggio del corpo a raccontare una storia. Straordinario. Leggetelo!
EI8HT #1 (of 5)Albuquerque/Johnson
I See Your True Colors
È possibile introdurre nuovi elementi nello stra-abusato concept Sci-Fi dei viaggi nel tempo? È possibile raccontare una storia sui Crononauti senza cadere nella ripetitività e nei tropi? Rafael Albuquerque, artista principale di American Vampire, risponde positivamente a queste domane con EI8HT. Le premesse non spiccano per originalità: Joshua, sopravvissuto alla distruzione della sua “navicella-macchina-del-tempo”, è intrappolato in una dimensione spazio-temporale inospitale chiamata The Meld, senza la maggior parte dei suoi ricordi e senza alcun contatto con il suo futuro. L’amnesia è una scelta di sceneggiatura azzeccata ed il feeling con il protagonista è immediato. L’urgenza e la disperazione sono palpabili e la tensione è costante. La Narrazione ci propone dei flashback ambientati nel futuro di Joshua, scandendo in maniera perfetta i tempi.
Come già detto in precedenza, la sinossi non è particolarmente originale. Quello che rende EI8HT una piccola perla è Rafael Albuquerque e la sua versatilità artistica, il saper adattare il suo stile al mood del fumetto. Fantastico è il suo utilizzo dei colori, un elemento essenziale di EI8HT sui cui si basa tutto il suo appeal e che diventa uno strumento fondamentale per la narrazione: The Past Is Green. The present Is Purple. The Future Is Blue. The Meld Is Something Else Entirely. Sui pasaggi desertici del Meld spicca Joshua, completamente azzurro. Lo schermo sullo strumento di comunicazione presente sul suo polso per un attimo si colora di verde, cosa significa? Probabilmente avrete bisogno di leggere la issue un paio di volte prima di cogliere appieno ogni sfumatura ed ogni particolare che lo schema di colori utilizzato ci propone, ma ne varrà la pena.
È così che il concetto di Viaggi Temporali si colora di novità, attraverso l’utilizzo di uno strumento nuovo per raccontarlo. Niente è lasciato al caso in EI8HT, Albuquerque e Johnson pesano ogni singola scelta artistica e di scrittura proponendoci un incipit classico e narrandolo come mai nessuno aveva mai pensato di fare.
MPH#5 – Millar/Fegfredo
Well I’m Running, Police On My Back
Un’altra mini-serie targata Mark Millar giunge al termine. Dopo l’ottimo Starlight stavolta tocca a MPH, un breve racconto avventuroso e pieno d’azione su un gruppetto di criminali velocisti. Il titolo della serie riprende il nome della droga assunta dai protagonisti – Roscoe, Rosa, Baseball e Chevy – per aumentare la loro velocità e approfittare della lentezza del mondo circostante, dedicandosi a rapine di portata colossale. Chevy è totalmente impazzito ed infuria la sua battaglia contro Rosa e Roscoe mentre il povero Baseball è disperso chissà dove nel tempo dopo esser andato in overdose da MPH. I federali sono alle calcagna dei tre furfanti, aiutati dal misterioso Mr.Springfield. Tipico delle creazioni di Millar, il finale presenta un grosso plot-twist ma, questa volta, è un po’ prevedibile. Il lavoro energico e dinamico di Fegfredo ci regala sequenze action di elevata qualità e sopperisce ad un finale scialbo, nonostante le numerose rivelazioni. MPH è una discreta aggiunta nel MillarWorld: semplice e divertente, senza eccessive pretese.
Miles Morales: The Ultimate Spider-Man #10 – Bendis/Marquez
Hail Miles Morales
E dopo il Bendis mediocre degli X-Men recensito la scorsa settimana, passiamo al Bendis geniale di Ultimate Spider-Man. Il turbolento teen-drama supereroistico è sulla cresta dell’onda dal lontano 2002 e, sino ad oggi, la qualità non è mai calata: Miles è fenomenale, il potere del soliloquio ereditato da Peter Parker è costantemente fonte di sorrisi ed è impossibile non empatizzare con il ragno afroamericano. Scambi di batture veloci, dialoghi superbi e un perfetto equilibrio tra la vita adolescenziale e il versante supereroistico si intrecciano perfettamente in questa issue: il “lato oscuro” di Katie Bishop si abbatte su Miles ed il connubio raggiunge il suo apice nel cliffhanger finale. Graditissimo il ritorno di Cloak & Dagger, se n’era sentita la mancanza. Marquez è, come al solito, strepitoso: il carisma che riesce ad infondere nei suoi personaggi è inimitabile. Miles Morales è attualmente il miglior Spider-Man in circolazione, non importa quali siano i piani Marvel per il suo futuro ma una cosa è certa: questa serie è grandiosa.
Secret Identities #1 – Faerber/Joines/Kyriazis
Under The Mask
Un altro lavoro interessante di Jay Faerber (Noble Causes, Graveyard Shift, Copperhead), stavolta accompagnato da Brian Joines, ci porta ad esplorare il mondo supereroistico nella sua sua parte più privata offrendoci una nuova visione delle identità segrete. La serie si apre in maniera inusuale, facendo intuire al lettore che si stia combattendo una battaglia su larga scala, ma concentrandosi su Crosswind, apparentemente un “Super” che sta pianificando il momento perfetto per la sua entrata in scena. L’azione si sposta sul supergruppo protagonista Front Line e sul caotico combattimento contro il Villain di turno.Crosswindentra in gioco e la situazione, pessima per gli eroi, si ribalta e gli viene offerto dunque un posto tra di loro. Dopo questa introduzione l’attenzione si sposta singolarmente su ogni personaggio, mostrando brevemente quanto variegate e lontane dal solito “stereotipo protettivo” possono essere le motivazioni che spingono i presunti eroi a portare delle maschere. L’enfasi sulle identità e sugli oscuri segreti che esse possono nascondere è estremamente interessante: poligamia, politica e assassinio seriale sono solo alcuni dei retroscena di cui ogni membro dellaFront Lineè protagonista. Un’idea semplice ma efficace.
Ilias Kyriazis è l’artista giusto per questa serie e lo dimostra sin da subito: l’ottimo incrocio tra l’aggressività di Ryan Ottley (Invincible) e uno stile espressivo alla Mahmud Asrar (All New X-Men) rende visivamente Secret Identities un caos armonioso di colori puliti e brillanti. I momenti di stasi sono rappresentati in maniera tale da mantenere la scena comunque “in movimento” e i tratti che definiscono i volti dei personaggi sono semplici ma ben definiti. Secret Identities inizia il suo percorso nel migliore dei modi, offrendo al lettore numerosi spunti interessanti e tanti interrogativi sulle vite private dei componenti della Front Line.
Thank God Is Wednesday termina qui, l’appuntamento è alla prossima settimana. Passo e chiudo!