Thank God Is Wednesday – Fumetti made in U.S.A.

Diamo il via ad una nuova rubrica settimanale (tempo permettendo) qui sul Bar: ogni settimana negli States le maggiori case editrici pubblicano e ditribuiscono i loro fumetti e molti di voi sicuramente leggono queste testate in lingua originale, anziché in italiano; questa rubrica ha proprio lo scopo di farvi sapere come procedono le testate americane, facendo sempre riferimento al gusto personale di chi scrive. Insomma siete stati avvisati: si tratta di letture 6-9 mesi in anticipo rispetto all’Italia, non lamentatevi degli spoiler!

Ghosted #17 – Williamson/Krstic/Mrva

“Chi è Jackson Winter?”


Divoratori di Hellblazer e fans di Ocean’s Eleven, riunitevi qui ai miei piedi e preparatevi ad incontrare la più grande mente criminale mai esistita sul piano terreno, astrale ed etereo. Jackson T. Winter è il doppelgänger di John Constantine: arrogante, dalla battuta facile e circondato da una schiera di defunti che farebbe invidia ad Harry Potter. Jackson T. Winter è “l’uomo con il piano”, l’uomo che sceglie il suo team, l’uomo che ha fallito solo una volta e, quell’unica volta, gli è costata la prigione – in cui si trova all’inizio di questa serie – e la vita dei suoi compagni di rapina. Jackson T. Winter è il protagonista di Ghosted, Crime/Horror ricco d’azione di Joshua Williamson (NailBiter, Birthright). Lo scrittore ci ha abituati a storyline frenetiche e concettualmente fantastiche, eseguite quasi sempre alla perfezione e anche qui, nel secondo numero del Quarto Arco Narrativo, non è da meno: dopo aver scoperto il pianomalvagio di Markus Schrecken, Jackson pianifica assieme al suo team le dovute contromosse. Assistiamo al ritorno delle White Room, stanze in cui sono avvenuti “omicidi sovrannaturali”, e si scopre definitivamente quale sia la loro utilità. L’atmosfera generale di questa issue, e generalmente di tutta la serie, è accattivante e ricca di suspense. Il numero in questione si chiude con un interessante faccia a faccia tra Jackson e Markus ed un finale inaspettato.

Krstic è una novità alle matite, dopo il #16 disegnato da Juan José Ryp e i precedenti illustrati da Gorand Sudzuka e Carmine DiGiandomenico. Il tono realistico e dettagliato si mescola a sfondi profondi e oscuri che ben si adattano al mood della storia, e il tutto è condito dagli ottimi colori Mrva, tetri al punto giusto.

Ghosted è il fumetto per coloro che amano il noir sovrannaturale alla Fatale ma più leggero, è un Horror con venature crime che strizza l’occhio a film d’azione à-la Ocean e The Italian Job, il tutto impreziosito da un protagonista irriverente che ricorda davvero tanto il meraviglioso John Constantine di Hellblazer. Ripeto, Hellblazer.

 

Thor #5 – Aaron/Molina

Four Letter Word

Senza mezzi termini, senza giri di parole: la nuovissima Thor di Jason Aaron è un capolavoro assoluto. È un capolavoro di sceneggiatura, un capolavoro visivo, una sequela di momenti uno migliore dell’altro. Niente è lasciato al caso, e siamo solo all’inizio. Come se questo non bastasse, siamo di fronte alla issue migliore in una serie composta unicamente da numeri splendidi. Cosa rende Thor #5 degno di questo titolo? L’incredibile quantità di sottotrame perfettamente intrecciate tra loro? La nuova caratterizzazione del figlio di Odino? La perfetta miscela tra commedia, dramma Asgardiano, puro supereroismo e dialoghi superbi? Tutto questo assieme all’incredibile ed intelligente ironia con cui Aaron risponde a tutte le critiche, a tutto il ghiaccio e a tutte le lamentele che hanno accompagnato questa splendida serie sin dall’inizio.

Thor? Are you kidding me? I’m supposed to call you Thor? Damn Feminists are ruining everything!

E questo è solo un piccolo assaggio della fenomenale squenza iniziale in cui appaiono Thor, Titania e colui che pronuncia le irriverenti parole qui sopra: L’Uomo Assorbente.

Odino è tornato, odia la nuova Thor e si allea con loschi figuri, suo figlio non degno e sua moglie parteggiano per la nuova e misteriosa dea del tuono e, contemporaneamente, il barbutissimo Odinson indaga per scoprirne l’identità. A questo proposito, Aaron scrive un altro meraviglioso dialogo tra il vecchio Thor e Lady Sif ed il tutto è disegnato perfettamente da Jorge Molina, Guest Artist sostituto di Dauterman. Lo stile è meno epico rispetto al precedente disegnatore ma gli “sguardi-da-spaccone” sul volto della dea sono perfetti e coerenti con lo sviluppo del personaggio, colpiscono e fanno sorridere. Oltre a ripetere “Capolavoro Assoluto” chiudo questa recensione con un tweet di Jody Houser, scrittrice di webcomic apparsa ultimamente su Vertigo Quarterly. Riflettete.

“Saw a complaint that female Thor mean “losing a male role model”. It says a lot if you don’t think a woman could be a role model for boys.

 

All New X-Men #36 – Bendis/Asrar/Gracia

Ultimate Spree

Ultimo capitolo dell’ennesimo crossover multiversale fra mutanti a cui Bendis ci ha abituati. 616 e 1610 cozzano ancora, stavolta a causa di una mutante capace di creare varchi tra universi paralleli, e gli X-Men del passato 616 incontrano gli Ultimate X-Men nel loro universo di appartenenza. La issue, come la storyline in generale, è debole, per l’ennesima volta si ha l’impressione che la decompressione tipica di Bendis, perlomeno sulle testate dedicate ai mutanti, sia davvero troppa. Il viaggio su Terra 1610 è durato troppo e si è rivelato una successione di esplosioni, cazzotti,  monologhi di Ultimate Doom e battutine mediocri tra i due Bobby Drake. Vagamente interessanti sono i brevissimi salti dimensionali della giovane mutante viaggiatrice, soprattutto la sequenza in cui appare quello che sembra esser Old Man Logan. Oltre questo non c’è molto: il rapporto tra la Past Jean Grey e Miles Morales è un guizzo positivo, così come lo sono le premesse per la prossima saga ma è troppo poco per promuovere questo numero e questa storyline. Menzione a parte per il team Asrar/Gracia, vero punto forte dell’ultima fatica narrativa mutante. Qui i due artisti raggiungono vette altissime, notevole la loro capacità nel dipingere l’Universo Ultimate come  un luogo oscuro e caotico. All New X-Men 36 è sterile, proprio come tutta questa gestione.

 

Secret Six #2 – Simone/Lashley/Geraci

Bentornati Secret Six, Bentornata Gail Simone

Tutto cominciò con Villains United e la cara Gail, poco prima di Infinite Crisis. Da quel momento in poi fu amore per i Secret Six, un team di s****zi interessati solo al loro tornaconto, né eroi  e né criminali. La nuova versione del gruppo è differente: la Ventriloqua Shuana Belzer, Strix della Corte Dei Gufi, Big Shot, Black Alice, Porcelain e l’immancabile Thomas Blake aka Catman sono chiusi in una scatola di metallo, sott’acqua e con un interrogativo incombente: What Is The Secret?. La voce fuori dalla scatola vorrebbe la risposta in un determinato lasso di tempo, pena l’eliminazione di uno dei sei. Questa e la precedente sono state issue introduttive, dedicate alla presentazione dei personaggi: nel #2 ci si concentra su Catman e sulla sua backstory, mostrando parte del suo passato e sul motivo per cui “He Can’t Be Confined“. È estremamente interessante il modo in cui Gail Simone stia scrivendo Thomas Blake: non è il personaggio a cui ci eravamo abituati nel Pre New52 ma è comunque piacevole. La trama contemporaneamente si smuove nel presente e si sposta sui nuovi Sei per metterli spalle al muro, costretti a far gruppo per sopravvivere. Il tratto rozzo di Lashley è adatto alla situazione ma scostante, ottime pagine si alternano a scene poco definite, anche per il suo stile “duro”.  I nuovi Secret Six stanno imboccando un’ottima strada.

 

Divinity #1 (of 4) – Kindt/Hairsine/Winn/Baron

Every Turn Of The Page Brought a New Page but  It  Also Left a Page Behind

Abram Adams è un orfano. È stato abbandonato sulla soglia del Ministero Degli Affari Esteri russo nel 1945 e cresciuto come uno dei simboli della superiorità Sovietica durante la guerra fredda. Talentuoso, assetato di conoscenza e geniale dal punto di vista scientifico, al picco della sua condizione psicofisica viene selezionato per una missione spaziale top secret della durata di 30 anni: raggiungere i limiti della galassia. Se gli Americani puntano alla luna, noi punteremo all’universo intero.

David Camp è uno scalatore australiano del 2015. Durante una delle sue pericolose arrampicate, cade e si ferisce quasi mortalmente alla testa. In preda al dolore, girovaga senza meta sino ad incontrare una tribù a cui si unisce. Entrato a far parte di questo gruppo, David assiste ad un ritorno inaspettato…

“…on two opposing pages in the same book. And like separate pages in an open book, when the book is closed, the pages meet…pages sharing the same space.”

Matt Kindt (Super Spy, Mind MGMT) ci porta in un mondo surreale, raccontando le storie dei due protagonisti mantenendo un certo distacco e assumendo un tono quasi divulgativo, come se fosse la voce narrante di un documentario. I personaggi parlano poco ed è proprio la narrazione a far da padrona: è fluida e coesa, i salti temporali e le sequenze kafkiane ed oniriche funzionano senza stordire il lettore. La progressione è molto lenta e la trama è principalmente incentrata su Abram e David, senza soffermarsi su nient’altro. Non c’è una direzione, non c’è nemmeno uno spunto che possa portare il lettore ad immaginare cosa accadrà nel prossimo capitolo. Durante la lettura saremo in balia dei due protagonisti, costretti a seguire le loro azioni e le loro poche parole senza poterci appigliare ad altro.

Sete di conoscenza e voglia di esplorare l’ignoto, Guerra Fredda e corsa per la conquista dei cieli, tutto questo è presente in Divinity. Il setting dipinto da Trevor  Hairsine è magnifico ma la qualità della sua arte cala in molte delle espressioni facciali dei personaggi. Nonostante ciò, Divinity è un buon punto d’inizio, buone fondamenta su cui costruire quella che potrà essere una storia breve ma potenzialmente molto interessante.

 

The New 52 Futures End #41

At  The  Edge  Of  Convergence

Manca poco. Manca pochissimo e questo numero di Futures End ce lo ricorda più volte. Brainiac è finalmente arrivato e Brother Eye sta attaccando. Come di consueto per questa serie, la issue si muove su diversi fronti tutti accomunati dalla lotta con il nemico: da un lato abbiamo Superman e l’altro Superman, accompagnati da membri della JL, dall’altro gli ex-componenti della S.H.A.D.E.  e della defunta Stormwatch ed infine Batman, Cal e Plastique. Per quanto possa sembrare tanta la “carne messa sul fuoco”, FE #41 è noioso. Per quanto gli eventi diano l’impressione di far procedere la trama rapidamente, in realtà non accade nulla, a parte nel finale in cui effettivamente succede qualcosa, ma è totalmente ininfluente per il progredire della storia. Non è la prima volta che ci troviamo di fronte ad una situazione del genere: questa serie settimanale purtroppo ha sempre sofferto di una qualità troppo altalenante, alternando momenti felici ad abissi interminabili fatti di noia e sbadigli.  Questo è Futures End #41: un filler superfluo, senza infamia e senza lode.

Deep State #4 – Jordan/Kristantina/Wilsonham

You’re Not A Person, You’re Just a Purpose

Misteri extraterrestri e cospirazionismo alla X-Files sono le basi di questa serie di Justin Jordan (Luther Strode, Dark Gods, Gren Lantern: New Guardians). Harrow, agente al servizio di un’organizzazione segreta non ben definita, e Branch, una detective della polizia scelta da Harrow, arrivano al culmine del primo Story Arc con un cliffhanger finale che lascia spazio ad ulteriori interrogativi e una voglia matta di avere il successivo numero tra le mani. Nonostante i cliché complottisti siano numerosi, Deep State riesce ad infondere in essi una nuova forza creativa capace di intrigare ed incuriosire il lettore. Non c’è una particolare originalità nella trama così come nei personaggi un po’ stereotipati, ma la lettura risulta comunque piacevole e la conclusione dell’attacco alieno nella piccola città è soddisfacente e rivelatrice al punto giusto. Kristantina e Wilsonham sono nati per lo Sci-fi, disegni d’impatto e tratto sporco accompagnano la sceneggiatura e spiccano particolarmente nelle scene in cui vengono raffigurati gli alieni. Per tutti gli amanti del Complottismo e per gli amanti della fantascienza mista allo spionaggio, Deep State è una scelta obbligata.

 

Amazing Spider-Man #14 – Slott/Coipel/Camuncoli

O Peter Parker, Where Art Thou?

Ed ecco a voi la quintessenza della mediocrità: Spider-Verse Part 6! Questa accozzaglia di fanservice e uomini ragno improbabili termina nel peggior modo possibile ed immaginabile. Nemmeno il più grande detrattore della gestione Slott (uno a caso: io) avrebbe potuto prevedere il declino così vertiginoso di questa saga, partita già con la peggiore delle premesse e terminata in maniera insensata e ridicola.

Come era ovvio sin dall’inizio, gli Inheritor sono stati sconfitti ed è stato impedito il rituale per uccidere i Totem Ragneschi di tutti gli universi, di tutti i luoghi e di tutti i laghi, che prevedeva un pedaggio di sangue da parte di The Other(Kain Parker), The Bride (Silk) e The Scion(l’ultimo nato nella famiglia dei ragni, proveniente da un universo parallelo). Senza addentrarci troppo nel dettaglio, causa possibili spoiler, la disfatta di questi Mangia-ragni avviene in maniera rapida e decisamente troppo semplicistica. Come è stato possibile far capitolare così facilmente queste creature? Il picco del nonsense viene raggiunto nel momento in cui The Scion viene salvato e sostituito da, rullo di tamburi, Spider-Ham nudo. Avete letto bene, Spider-Ham nudo. Un altro “meraviglioso” momento nonsense è l’arrivo in pompa magna di Leopardon, megarobbottonegiappo, annunciato come un game-changer che… compare in quella vignetta e basta, non fa più niente. 

Slott da il peggio di sé, scrivendo un finale pigro ed irritante impreziosito da un Peter Parker piatto e superficiale. Dove sono finite l’umanità e il conflitto morale dietro la maschera, elementi che da sempre hanno caratterizzato Spider-Man? Com’è possibile che adesso il pubblico si accontenti di questo divertimento bidimensionale e fan-service? Com’è possibile leggere storie come questa, apprezzarle e al termine dirsi “Beh, è Spider-Man, che altro posso pretendere”? Nessuno si ricorda di Coming Home e Skin Deep di Stracchino (Straczynski), della run di Mark Millar e di Hunger di Paul Jenkins? Si parla di storie moderne, in grado di dare a Peter Parker quello spessore e quella profondità che Slott è riuscito a dare troppo raramente visto il tempo che ha passato, passa e -purtroppo- passerà scrivendo Spider-Man.  Spider-Verse è vuoto e fiero di esserlo, senza alcuna possibilità di redenzione.

Per coloro che vogliono provare una tipologia di lettura “alternativaper questo evento, consiglio a tutti di osservare attentamente le tavole di Oliver Coipel e Giuseppe Camuncoli senza leggere i dialoghi e senza prestare attenzione allo svolgersi degli eventi. Eccellenti, entrambi gli artisti sbalordiscono e, se già in passato Camuncoli ci aveva dato prova di essere in grado di disegnare un ragno strepitoso, osservare Coipel in Spider-Verse è stato estatico. È triste pensare che non rivedremo più questo team-up artistico, pensare che Camuncoli tornerà ad essere una presenza sporadica e, soprattutto, che al terribile Slott tornerà ad affiancarsi in pianta stabile Humberto Ramos.

Slott vende e tanto. È seduto su quella poltrona da tantissimo tempo e sembra non aver alcuna intenzione di andarsene. Per quanto ancora dovremo sopportare questo Ragno senza sostanza?

Per questa settimana è tutto, ci rileggiamo settimana prossima con altre letture direttamente dagli U.S.A.

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