Autori: Mark Gruenwald (testi); Paul Ryan, Bob Hall, John Buscema, Paul Neary (disegni)
Casa Editrice: Panini Comics; provenienza: USA (Marvel)
Prezzo: € 29,00
Formato: 217×26, col., cartonato, 368 pag.
Lo Squadrone Supremo nacque sulle pagine dei fumetti Marvel nei primi anni ’70. Il gruppo, ideato da Roy Thomas e John Buscema, nasceva come una versione Marvel della Justice League e inizialmente fu presentato come un team di supervillains dal nome Lo Squadrone Sinistro. Sempre nel 1971, un’analoga operazione editoriale fu portata avanti dalla Distinta Concorrenza con la creazione de I Campioni di Angor, versione DC de I Vendicatori.
Gruenwald, però, non si limita a realizzare la classica storia su un supergruppo che combatte il crimine sconfiggendo un supercriminale alla volta. No, lo Squadrone va alla radice del problema: Hyperion e soci si pongono l’ambizioso traguardo di realizzare un’utopia risolvendo tutti i mali che affliggono il pianeta – fame, guerra, povertà, malattie – in un solo anno (non a caso lo Squadrone fu pubblicato in 12 uscite mensili). Così Gruenwald, per primo, inserisce il supergruppo in un modello di società realistica, calando Hyperion e soci in un mondo sull’orlo del collasso. I supereroi impongono, dunque, il loro volere all’umanità per il bene comune ma si troveranno a dover fare i conti con scelte in cui l’interesse della collettività verrà a cozzare con la libertà del singolo.
Oltre ad imporre il disarmo di tutte le nazioni e proporre l’ibernazione degli ammalati nell’attesa dello sviluppo di una futura cura, lo Squadrone porterà avanti anche un progetto che prevede una sorta di lavaggio del cervello per i criminali volto a modificarne la personalità. Ma fino a che punto ci si può spingere senza interferire con il libero arbitrio? Se per raggiungere il bene comune il singolo viene privato della sua libertà di autodeterminarsi, l’utopia può trasformarsi nel 1984 di Orwell.
Un dilemma che rappresenta l’asse portante della sceneggiatura di Gruenwald e che viene incarnato dallo scontro tra la totale devozione alla causa dell’idealista Hyperion (leggi Superman) e la rigida morale del pragmatico Kyle Richmond, presidente degli Stati Uniti e membro egli stesso dello Squadrone nelle vesti di Nottolone (leggi Batman).
Gruenwald, inoltre, sfrutta la sostanziale libertà creativa che questo roster di personaggi gli offre per mettere i membri dello Squadrone di fronte a problemi etici e relazionali, facendoli ammalare di cancro (pochi anni dopo l’indimenticabile Morte di Capitan Marvel di Starlin) ed anche morire senza l’obbligo di doverli necessariamente rispescare dall’aldilà per diktat editoriali.
La mini de Lo Squadrone Supremo terminerà con la pubblicazione del numero #12 nell’agosto del 1986, il mese successivo debutterà negli Stati Uniti il capolavoro di Alan Moore: Watchmen. Una coincidenza che rappresenta, però, anche un ideale passaggio di consegne. Le idee di Gruenwald vengono ulteriormente sviluppate nel fumetto di Moore che, anche lui libero da vincoli editoriali e di continuity, utilizza i personaggi della defunta Charlton Comics da poco acquisiti dalla DC per realizzare il fumetto simbolo dell’era del decostruzionismo supereroistico. E i punti in comune tra le due opere non sono pochi: l’ossessione di Hyperion per una società unita e progredita è la stessa utopia voluta dal machiavellico Veidt, la rigida morale di Nottolone ricorda quella di Rorschach. Senza dimeticare episodi come quello di Nuke, i cui parenti si ammalano di cancro per via dei suoi poteri radioattivi… avete detto dottor Manhattan?
Insomma Gruenwald non solo aveva realizzato una storia solida, ben congegnata ed estremamente innovativa, ma aveva anche gettato le basi per un profondo rinnovamento dell’universo supereroistico degli anni ’80 e ’90. Le tematiche trattate ne Lo Squadrone Supremo sarebbero infatti state riprese in maniera più o meno evidente in numerosi fumetti pubblicati negli anni successivi, su tutti Kingdom Come di Alex Ross e Mark Waid.
Gruenwald tornó a scrivere dello Squadrone nella graphic novel Squadron Supreme: Death of a Universe del 1989 e nel 1996 gli venne proposto di realizzare una nuova miniserie che, però, non vide mai la luce per la prematura scomparsa dell’autore a soli 43 anni. Le sue ultime volontà furono di essere cremato e che le sue ceneri fossero mescolate all’inchiostro utilizzato nella stampa di un fumetto. Bob Harras, editor in chief Marvel, e la moglie Catherine decisero che quel fumetto sarebbe stata la prima raccolta in volume dell’opera cui Mark era più affezionato: Lo Squadrone Supremo.
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