In questi giorni, anzi meglio dire che ormai è quasi un mese, alcuni artisti con un curriculum che farebbe gola a qualsiasi lavoratore del campo dell’animazione, stanno portando avanti un progetto chiamato “Hullabaloo“; questo è un lavoro che raccoglie le proprie energie dal basso (tramite il crowfunding) ma che aspira a essere quel primo mattone che rimette in piedi la fama del disegno a mano. Quest’ultimo, utilizzato ormai da pochissimi e quasi sempre integrato con le grafiche computerizzate, sta lentamente scomparendo dal panorama delle major, tanto più che non viene preso in considerazione dalle nuove case di produzione dedicate al genere. Ma perché accade ciò?
Di recente i ragazzi di Impero Disney (blog di divulgazione informativa sui prodotti Disney, che trova la sua forza nei più disparati social network. NdA.) hanno affrontato il tema in un riassuntivo
Con un filo d’indignazione, per il trattamento del 2D da parte delle major, e tanta passione per il loro attuale progetto, i due autori hanno spiegato come non solo le nuove tecniche di disegno possano convivere tranquillamente con quelle tradizionali, ma hanno anche lanciato, sottilmente, accuse al CGI e alle nuove sperimentazioni Disney iniziate proprio con Paperman, cortometraggio vincitore dell’Oscar, a cui ha partecipato lo stesso James Lopez. E’ proprio questo uno dei punti che più di tutti mi ha sorpreso, poiché era ovvia e quasi scontata la difesa del 2D da parte di persone che stanno puntando su un progetto che lo rilanci, le critiche volte a Paperman (sotto il profilo della tecnica utilizzata) fatte da qualcuno che ha partecipato all’interno del progetto, sono state una delle rivelazioni di quest’intervista.
“La tecnica di Paperman, che prevedeva di mescolare 2d e 3d, si è dimostrata infattibile sul piano economico, nel modo in cui è stata utilizzata. Ciò che Paperman aveva davvero da offrire era una buona storia unita a una buona direzione artistica, fotografia e bei personaggi che avevano un’estetica 2d.
Il processo utilizzato per creare quel tipo di look poteva essere fatto senza la tecnologia e rivelarsi fattibile anche sul piano economico”.
(James Lopez)
In effetti Paperman propone un 2D fatto al computer, ed è proprio la sua estetica “vecchio stile”, unita a un carismatico bianco e nero (quindi ancora più “old style”), sommata a una storia d’amore di stile classico ma portata in ambienti metropolitani, a dare al cortometraggio la bellezza che ha colpito tutti quanti.
Il dubbio sorge automatico: quanti, nella Disney, si sono resi conto di ciò? Pochi, visto che il nuovo cortometraggio Feast, sfrutterà la medesima tecnica, ma questa volta a colori. Sembra quasi che pur di non ammettere la validità del 2D, che può conferire benissimo da solo profondità di spazio e solidità alle sue rappresentazioni, si vogliano tentare strade alternative, un po’ come scegliere una strada provinciale anziché l’autostrada; ma il problema è anche un altro.
“Il 2d è una forma d’arte come tutte le altre, che ha bisogno di formazione affinché possa essere tramandata. La formazione avviene per la maggior parte all’interno dell’ambiente di lavoro e, purtroppo, al momento non ci sono abbastanza film animati in 2d in produzione che posseggano quel livello di qualità che noi vorremmo non solo preservare, ma anche migliorare”.
(James Lopez)
Un problema non da poco. Come ogni arte essa ha bisogno di essere perpetuata nel tempo tramite un valido insegnamento nelle scuole e un lavoro fianco a fianco con i suoi predecessori, come accade per i lavori d’artigianato (falegname, calzolaio ecc) che lentamente sfioriscono lasciando che quell’arte genuina e insostituibile da qualsiasi tipo di macchina, si esaurisca col tempo. In queste parole si legge una forte denuncia a tutto il panorama istruttivo e anche alle case di produzione che hanno perso (per un motivo o per un altro) i loro storici disegnatori, animatori ecc. In più, la cosa che mi ha veramente fatto piacere leggere, sono state le ultime parole: “Non solo preservare, ma anche migliorare”. Dicendo così che il 2D è un arte che non vuole fossilizzarsi e accartocciarsi su se stessa, ma vuole esprimersi in tutte le sue potenzialità e può ancora essere tanto la base quanto il vertice dell’animazione. Il 2D non ha bisogno di presentazioni per un pubblico esperto che, guardando neanche troppo lontano, può ritrovare in questa tecnica dei capolavori assoluti dell’animazione, dai lavori del neo pensionato Hayao Miyazaki ai trionfali lavori Disney di appena vent’anni fa; ma evidentemente al pubblico neofita dell’animazione vanno reinsegnate le potenzialità di questa tecnica; insomma bisogna dimostrare cosa è capace di fare come fece Walt Disney nel mirabolante film Fantasia dove l’animazione trova i suoi trionfi più grandi e arditi.
A proposito di trionfi, anche su questo parla James Lopez che sotto la domanda di Irene Rosignoli in cui dichiarava “flop” film come La principessa e il ranocchio o Winnie the Pooh – Nuove avventure nel bosco dei 100 Acri, risponde in due tempi alla questione dell’incasso. Per prima cosa mette le mani avanti ai due lungometraggi citati dicendo che hanno ottenuto degli utili e quindi non si possono definire dei fallimenti e qualche risposta più giù rincara la dose facendo capire in modo semplice e chiaro che oggi si punta sempre ad avere il Blockbuster, il botteghino alle stelle, ma che il cinema non vive solo di questo genere di film e cita il bellissimo The Artist che con 15 milioni ne ha guadagnati 133 vincendo cinque premi Oscar, tre Golden Globe, sette premi ai BAFTA e tantissimi altri, nonché il doppio delle nomination a svariati premi. Per quanto riguarda la storia della Disney si sa come, anche nel secolo scorso, non sempre il botteghino è andato alle stelle. Film come La bella addormentata nel bosco, oggi rivalutato totalmente, fu un fiasco in termini monetari, ma anche un film intenso, bello esteticamente, dalla profonda morale e dall’animazione minuziosa, come Pocahontas venne denigrato dalla sua casa di produzione per non aver raggiunto il traguardo stellare che Il re leone detenne per vent’anni; ed era abbastanza chiaro il perché dei risultati economici dei due titoli citati: l’ultimo aveva un appeal decisamente più trasversale, era ironico e serio contemporaneamente, e conquistava il pubblico con i suoi bellissimi animali; il primo, invece, era molto più maturo, apprezzabile, sì, dai bambini, ma non era un prodotto da Blockbuster. Pensare che ogni film debba essere organizzato e strutturato solamente per avere un incasso quadruplo al budget di realizzazione vuol dire consegnarsi in mano al commerciale più sfrenato, perdendo quel senso culturale e raffinato che opere del passato possedevano e che negli anno ’90 trovarono la perfetta simbiosi fra cultura e commercio.
Sul piano economico anche Alexa Summerfield Goriup dice la sua leggendo che il budget stimato per film come Frozen ammonta a 100/150 milioni, mentre per l’ultimo Winnie the Pooh ne sono bastati 30.
“Quando l’animazione tradizionale era l’unica tecnica esistente e il 3d era appena nato tutti dicevano che la CGI era più economica del 2d e si sono lentamente convertiti… e adesso il 2d è più economico del 3d?! Se prendono cento artisti e li pagano centomila dollari ogni anno per 2 anni di produzione, fanno 20 milioni. Aggiungiamo 10 milioni per i computer, supporti e le altre spese che servono a fare il film, e il totale è di 30 milioni. Chissà dove spendono i restanti 100 milioni… Comunque, il problema non è realmente solo economico, la verità è semplicemente che gli studi hanno abbandonato l’animazione tradizionale per il momento”.
(Alexa Summerfield Goriup)
Alla fine non si capisce se realmente le tecniche computerizzate sono più o meno costose, certo è che se fossero realmente più costose è un paradosso volerle utilizzare sempre e in ogni progetto, perché si dovrebbero avere aspettative d’incassi stellari per ogni film realizzato. Personalmente dubito che le tecniche computerizzate siano più dispendiose, altrimenti studi come i DisneyToons (che non producono di certo Blockbuster) sarebbero più furbi a utilizzare la tecnica a mano.
Ma al di là di argomenti materiali, nell’intervista si legge anche una grande passione, una vera e sincera passione per il disegno a mano che viene definita “un’arte che ispira” e che “fa parte del passato ed è destinata ad essere il futuro”; con ciò James Lopez non chiude definitivamente le porte alla computer grafica, anzi egli, nel corso dell’intervista, fa capire quanto sia favorevole all’integrazione dei due generi e bandisce la politica del Aut-Aut (per dirla alla Kirkegaard), cioè scegliere per forza una strada anziché un’altra. Lo stesso progetto Hullabaloo, infatti, non è esente dall’utilizzo della computer grafica, la quale ha dimostrato più volte di poter dare un supporto notevole all’animazione 2D (pensiamo al tappeto di Aladdin per esempio, oppure alla mandria inferocita de Il re leone) e questo è un altro concetto che abbraccio: la sperimentazione deve andare in ogni direzione, unendo generi e sviluppando il singolo genere, d’altronde una grande pecca del CGI dimostrata fin ora è stata la sua capacità notevole di invecchiare rapidamente, non serve andare a ricercare i primi esperimenti grafici, basta andare indietro di pochi anni, fino a I Robinson – Una famiglia spaziale, per notare la caducità delle immagini che in quel momento sembravano quantomeno godibili, mentre film come Bambi, Dumbo, Pinocchio, Il libro della giungla o i più recenti Pocahontas, Lilo e Stich, Koda fratello orso, non risentono dello scorrere del tempo, proprio come le più grandi opere d’arte della storia!
Insomma, il discorso è aperto ed è certo che stiamo passando anni cruciali per il futuro dell’animazione.
Vi lascio, infine, due inviti:
– Visitare il blog di Impero Disney e di seguirlo laddove susciterà il vostro interesse, nonché leggete l’intervista integrale a James Lopez e Alexa Summerfield Goriup, ne vale veramente la pena.
– Andate sulla pagina di Indiegogo dedicata al progetto Hullabaloo per sostenere anche con una minima spesa, un progetto portato avanti da grandi artisti, in parte qui sotto elencati.
Ringraziamenti:
Mio dovere ringraziare Irene Rosignoli, moderatrice di Impero Disney e curatrice dell’intervista.
https://www.youtube.com/watch?v=JHPUxCS5fCM
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