Ultimates: Non c’è Spazio per i Boyscout!

Ho incominciato a leggere fumetti relativamente da poco ed ammetto di aver recuperato la serie degli Ultimates solo pochi mesi fa, su suggerimento dell’Escapista. Quindi dopo aver sciacallato fumetterie e negozi ebay, sono riuscito a recuperare tutti i 43 volumetti originali, che ho divorato in una settimana e devo dire che ne sono rimasto positivamente colpito, allora perché non farci una recensione?

C’è però una precisazione da fare, come i più attenti avranno notato, ho parlato di 43 volumi, infatti la recensione riguarderà esclusivamente la serie Ultimates, quella ideata da Millar e disegnata da Bryan Hitch (proseguita purtroppo con Loeb e Madureira), non le altre centanta che non si capisce più niente tra Ultimate Avengers, Ultimate Comics Avengers e Ultimate di sta cippa! Serie, quella di Millar ed Hitch, che che in questi giorni viene ristampata integralmente da Panini all’interno di un Marvel Omnibus.

Partiamo con ordine: era l’inizio del nuovo millennio e sia la Marvel che la DC avevano subìto un notevole calo delle vendite a causa di quelle geniali trovate degli anni ’90. Ok, non possiamo sempre usare i ’90 come capro espiatorio di tutti i problemi, è però vero che, dopo anni di pistoloni, ipertrofia muscolare che Ronnie Coleman sei nessuno, eroi sempre incazzati e storie sostanzialmente vuote, i lettori si erano allontanati dai fumetti. Alla Casa delle Idee allora decidono di chiamare un paio di tizi a caso per innovare le tradizionali testate e crearne di nuove. Viene partorito dalle menti di Brian Michael Bendis e Mark Millar l’universo Ultimate!

L’idea di fondo era fare un mega reboot, per creare storie più gggiovani e attuali, dare linearità all’universo dei supereroi ormai intricatissimo e avvicinare nuovi lettori. Questa mossa riesce benissimo, con Bendis ad occuparsi di Ultimate Spiderman e Millar ad occuparsi del resto, il successo è assicurato! Insieme a Bendis, che riparte dalle origini dell’Uomo Ragno, raccontandole con modernità, dando spazio alle emozioni umane con una notevole dilatazione degli eventi (20 pagine per arrivare al morso del ragno, mentre nel ’62 Stan Lee ci arrivò appena in 4) si affianca il disegnatore Mark Bagley, che propone un disegno gggiovane, molto ispirato ai manga, per attrarre maggiormente i lettori che si stavano buttando sulle opere del sol levante.

Gli Ultimates vengono creati 2 anni dopo, nel 2002, da Mark Millar, che si porta dietro Bryan Hitch, un disegnatore che se cerchi “maniaco del dettaglio” sull’enciclopedia trovi lui. Talmente maniaco che certi numeri in America hanno impiegato mesi per uscire, perché Hitch non riusciva a rispettare le consegne.  In Italia, per ovviare a questi ritardi, hanno ovviato inserendo delle miniserie di altri autori che fanno da riempitivi e basta. Storie anche scritte da pezzi da novanta come Warren Ellis, che però in questo caso sembrava fosse venuto a scrivere per pigliarsi un po’ di quattrini; ben lontani da una sceneggiatura degna dell’autore di Transmetropolitan. Non che facciano schifo, però spesso interferiscono col filo conduttore della storia principale. Infatti uno dei motivi che mi aveva attirato tanto all’inizio è che finalmente in un albo di 52 pagine c’era un’unica storia, non come nella Marvel tradizionale dove in ogni albo sono presenti 3 storie e uno deve fare taglia e incolla per dare un minimo di continuità alla trama.

ora capite cosa intendevo come maniaco del dettaglio!?

Tornando all’opera principale di Millar, ci troviamo davanti a un capolavoro nel suo genere, il motivo: è riuscito a rendere credibili gli eroi Marvel. Li ha liberati da tutto un retaggio di buonismo deprimente per immergerli nella realtà. Si comportano come esseri umani, hanno abbandonato tutta la simbologia retorica di cui si sono caricati in 40 anni di storie; processo che cercherà di attuare anche nella continuity tradizionale col crossover Civil War. Molti si sono lamentati di questa scelta o ne hanno visto solo un significato politico. A parer mio non è così, del significato politico ne riparlerò più avanti. Per fare un esempio prendiamo Capitan America. Nella continuity tradizionale spesso appare come il gran visir dei boyscout, un pacifista sempre corretto e gentile, una caricatura di se stesso. Millar lo rende ciò che è, un soldato veterano cresciuto in un ambiente fortemente conservatore negli anni ’40. È ovvio che appaia come un reazionario davanti alla società moderna. È fedele 100% alla bandiera, non ne metterebbe mai in dubbio le decisioni, perché è stato cresciuto per pensare così. Per far capire la genialità di Millar in questo caso, non è che Cap è così perché ha un paraocchi davanti, è solo che a differenza dell’originale è stato svegliato nel 2000, non ha vissuto il Vietnam e le sue contestazioni, non ha ancora visto il lato oscuro della politica, e i doppi giochi delle agenzie governative; per questo si comporta come un uomo tutto d’un pezzo senza dubbi. La sua ricerca del realismo non si ferma solo alla caratterizzazione dei personaggi, ma anche nelle ripercussioni degli avvenimenti: le cinquine che si danno tra loro hanno degli effetti sul mondo. All’inizio Hulk smatta e distrugge New York (non è un gran spoiler, è il titolo del terzo volume) uccidendo centinaia di civili, e questo ha delle conseguenze: lo vogliono giustiziare! In un episodio della continuity tradizionale devasta Los Angeles, i 6 illuminati lo esiliano dalla terra e passano pure per criminali! Seriamente?!

Dopo questo periodo di storie spettacolari sceneggiate da Millar e disegnate da un Bryan Hitch che non sbaglia una tavola, ma anche di miniserie di sole cinquine sostanzialmente inutili (il ciclo dei Sinistri 6), vengono le note dolenti. La testata viene lasciata in mano a Jeph Loeb. Non l’avessero mai fatto! Buchi di sceneggiatura grandi come crateri, personaggi completamente stravolti e storie imbarazzanti. E il bello è che in un’intervista aveva affermato che non avrebbe sconvolto il mondo degli Ultimates, ma non si sarebbe nemmeno limitato a copiare lo stile di Millar: ma l’avesse fatto! Come se non bastasse viene affiancato da un Joe Madureira in versione criminale. Un disegnatore che viene definito innovativo perché ha saputo mischiare lo stile manga col fumetto occidentale, se volevo vedere dei disegni stile manga mi leggevo One Piece! Uno apre l’albo e non riconosce più i personaggi, un po’ perché Loeb ha tralasciato dei passaggi che ti fanno pensare di aver perso il numero precedente, un po’ perché i disegni non ti fanno più capire chi è chi. (immagine)


WTF?!? Thor è diventato un cane bagnato, Occhio di Falco era troppo banale ed è diventato il tizio col mascherone col bersaglio sulla fronte (Bullseye chiede i diritti!!! NdA.) e due pistole-balestre al posto dell’arco (???). Le due tizie chi sono??? L’unico che si salva è un Cap incazzatissimo.

La serie Ultimates, arrivata fino al 2009, decide di chiudere col botto, cioè distruggendo tutto (Michael Bay approves! NdA), col crossover Ultimatum scritto sempre da Loeb e disegnato per fortuna dal pelatone David Finch, allievo di Marc Silvestri (e si vede). Ora dirò la bestemmia, però a me i disegni anni ’90 garbano parecchio, tranne altri criminali da braccio della morte insieme a Madureira, come Rob “apprezzato da tutti” Liefeld. Quando ho detto che Ultimatum distrugge tutto, distrugge veramente tutto, non si salva nessuno, è un’ecatombe! Il tipo di finale che piace a me per chiudere una serie: lascia ben poche speranze ma un grande cliffhanger che ti apre molti dubbi sul futuro, e che ti fa rodere fino a quando non avrai letto il nuovo numero.

Passiamo ora però ad una parte di cui mi preme molto parlare e che so per certo verrò messo in croce: l’intento politico degli Ultimates.

Millar è uno di quegli scrittori inglesi insieme a Warren Ellis, Grant Morrison & co diventati famosi a fine anni ’80, cresciuti sotto l’autorità della lady di ferro Margaret Thatcher e del repubblicano Ronald Reagan, è ovvio quindi che le loro opere siano permeate da un significato politico di contestazione di certi sistemi tipici di una leadership di destra… però vanno contestualizzate. Millar vuole criticare certi aspetti della politica post 11 settembre e il bieco militarismo ignorante, e lo fa con situazioni contestualizzate nella realtà moderna, con i suoi pregi e i suoi difetti. Chi come al solito non ha capito un cazzo sono i fan. Che proprio per definizione il fan è un fanatico col paraocchi e non può capire un cazzo. Nelle lettere inviate alla redazione presenti nell’ultima pagina ho letto delle amenità mostruose (si, sono uno di quelli che legge anche queste cose). Gente che arrivava ad affermare che Capitan America era un fascista, poi che era la vittima perché il vero fascista era Nick Fury che lo fa arrestare, che Millar ha creato gli Ultimates solo per criticare la politica militarista dell’America e via dicendo. Parliamone. Come ho già spiegato c’è un motivo per cui Cap si comporta in un certo modo, e se ci riflettete risulta del tutto comprensibile. La parte in cui Fury lo fa arrestare invece va vista all’interno della storia, sfido chiunque a non reagire nello stesso modo. Per quanto riguarda la critica generale fatta sull’imperialismo, questa c’è, ma non è il tema centrale della storia. Innanzi tutto l’autore è inglese, dove la parola imperialismo ce l’hanno scritta sulla bandiera, e quindi dovrebbe essere l’ultimo a dover parlare, in più nel secondo ciclo, quello in cui gli Ultimates affrontano i Liberatori che vogliono sovvertire l’America e le sue mire imperialiste, non c’è molto da dire. Il nemico contro cui combattono non è un nemico interno dove si potrebbe arrivare a una fase introspettiva concludendo con: ”ma allora il vero nemico siamo noi!”. È un nemico esterno rappresentato da stati incontestabilmente governati da politiche dittatoriali come Corea del Nord, Cina e Iran. Quindi dove starebbe la colossale critica all’imperialismo Americano, quando come supercriminale usi un “nemico internazionale” e lo fai passare per vero bastardo e alla fine vincono i buoni eroi con la A sul cappello?

Pensi che questa A sulla mia fronte stia per FRANCIA?” esplicativo, no?

Per concludere questa recensione che ormai non è più una recensione ma sta diventando uno sproloquio, vorrei tirare le somme di quanto detto. Valutando i suoi pro e i suoi contro, questa prima serie degli Ultimates merita parecchio, per me è una delle migliori collane dei Vendicatori (perché alla fine è quello che sono, Vendicatori!) di questi ultimi anni. Nonostante certi cali di tensione, vale sicuramente la pena prendersi i volumi. Detto ciò fatemi sapere se l’avete letta o se con questo articolo vi ho fatto venire voglia di leggerla con un commento qua sotto!

Tratto da: Lo SpaccaFumetti

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