Siamo nel 2003, a qualcuno ai vertici Marvel viene una idea, perchè non provare a ibridiare i due tipi di fumetti più letti al mondo. Cosa succede quando la nona arte orientale incontra quella occidentale? Il rumore prodotto è Snikt.
Il mutante più amato al mondo, Wolverine viene affidato alle cupe e burtoniane mani di Tsutomu Nihei. Il risultato? Un Wolverine scarno, pallido e longilineo come non lo avete mai visto viene “arruolato” dalla piccola Fusa una bambina il cui compito è salvare la sua gente del futuro da enormi droni autorigeneranti vulnerabili solo all’adamantio. Catapultato nel 2058, Wolverine dovrà affrontare diversi nemici meccanici per aiutare la resistenza umana nella sopravvivenza e, sopratutto, tornare a casa. La storia, dopo la forzatura iniziare, scorre via molto fluida, lasciando spazio al vero pezzo forte di questo volume, i disegni.
Nihei, già autore lo ricordiamo di Blame! e Knights of Sidonia, ricalca il suo stile “goth-mecha” al fine di creare intere distese in rovina illuminate da raggi solari al tramonto capaci di abbaglarvi mentre sfogliate le pagine. Poche parole accompagneranno l’artigliato nella sua odissea per tornare a casa, intere tavole senza alcuna vignetta, solo un piccolo ‘Snikt’, a segnalare la prossima fine del Mandate di turno. Non aspettatevi dunque un approfondimento psicologico dei personaggi secondari, dati i pochi dialoghi e la molta azione.
I Mandate, i nemici vulnerabili all’adamantio, sono molto simili ai nemici tecnorganici già visti in Blame, così come le ambientazioni claustrofobiche e simil post-apocalittiche
In definitiva, Nihei è riuscito a fondere, grazie alla sua incredibile capacità nel chiaro/scuro, un’ambientazione claustrofobica ed atmosfere desolate, il carisma dei personaggi occidentali con l’arte dei mangaka. Un volume che, a mio parere, starebbe bene nelle librerie sia dei lettori di comics che dei lettori di manga.
Un consiglio per l’acquisto, la versione Marvel Best vi permette di portarvi a casa questo volume con soli 5,00 euro.
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