Sono già passati trent’anni da quel lontano 1987 in cui Schwarzenegger armato soprattutto di steroidi sottopelle, riusciva a far fuori il primo appartenente alla razza degli Yautja mai apparso sul grande schermo, stiamo parlando del primo, inimitabile e, ormai, cult Predator. Per celebrare degnamente questo classico del cinema di genere fantascientifico, saldaPress ha deciso di portare in Italia un volume che celebra il trentennale proprio di questo film entrato di diritto nei “classici” degli anni ’80.
Gli ingredienti che avevano fatto del primo Predator un classico moderno del cinema di genere (e, forse, non solo quello) erano semplici ed efficaci: poca trama, un cast di uomini cazzutissimi persi nella giungla, un mostro fornito dei più letali e avanguardistici strumenti tecnologici ma che non disdegnava lo scontro fisico. Ebbene, nelle tre storie contenute nel volume Predator 30° Anniversario abbiamo un tripudio di citazioni proprio a quel primo film, al quale vengono aggiunti tantissimi spunti altrettanto interessanti. Primo fra tutti il collegamento diretto tra il film e la saga a fumetti: protagonista è infatti il fratello di Alan “Dutch” Schaefer interpretato da Schwarzy nel lungometraggio del 1987. Ma il contesto è totalmente diverso, almeno inizialmente. Ci troviamo a New York, durante una delle estati più calde che la Grande Mela riesca a ricordare. Come se non bastasse il caldo, ci penseranno gli Yautja ad aumentare il livello di caos nella città adagiata sull’Hudson. Con queste premesse anche la trentennale storia di Predator a fumetti può cominciare.
La diversità di media implica necessariamente una diversità di approccio al materiale narrato. Se infatti nella prima apparizione cinematografica degli alieni cacciatori più famosi del cinema avevamo un eccesso di testosterone che praticamente rompeva lo schermo, nelle pagine del fumetto sarà dato molto più spazio all’imponenza della figura di Schaefer da una parte e degli ancor più imponenti Predator dall’altra. Questo contrasto che non allontana ma, anzi, avvicina il protagonista umano ai protagonisti alieni, è funzionale al fulcro di tutto il plot di questo ciclo di storie: neanche una macchina aliena di proporzioni inimmaginabili è in grado di competere con la caparbietà e la resilienza di un essere umano. E questo aspetto è ancor più evidente negli altri due capitoli contenuti in questo volume. Se in Giungla di cemento (prima parte di questo ciclo di storie) è evidente il ribaltamento/parallelismo tra la giungla vera e propria (sia quella del primo film, sia quella che appare nella storia) e la giungla cittadina, nelle altre due storie, rispettivamente Guerra Fredda e Fiume Oscuro, è ancora più accentuata la capacità degli esseri umani di poter rivaleggiare tranquillamente con gli Yautja in quanto egualmente bravi ad adattarsi all’ambiente.
Il “regista” di questo lungo ciclo di storie composto da tre racconti – potremmo dire – ma che si fondono per formare un unicum grazie alla presenza di un unico protagonista, è Mark Verheiden. Lo sceneggiatore è aiutato dalle matite di Ron Randall (con cui collabora Chris Warner in Giungla di cemento), quest’ultimo molto bravo nel cogliere l’aspetto ipertrofico di Schaefer e dei Predator. Non c’è spazio per i tratti aggraziati in questo ciclo perché la storia si lascia alle spalle qualsivoglia pretesa di elevare la narrazione a messaggi profondi di qualsiasi tipo. Attenzione, però, a non interpretare questo aspetto come un difetto, tutt’altro. Mettendo in chiaro fin da subito l’accentuato spirito d’azione del fumetto, Verhedein e Randall sono liberi di spaziare all’interno di un messaggio chiaro e limpido: la lotta per la sopravvivenza. Da sempre l’umanità deve combattere per affermarsi, non sarà di certo una razza di cacciatori alieni a ribaltare l’ordine naturale delle cose: l’uomo è da sempre, e sempre sarà il vertice della piramide naturale, perché possiede tutte le caratteristiche per dominare sulle altre specie.
Lo spirito di adattamento sembra quindi il filo conduttore di questo arco narrativo. E da sempre è questo il messaggio che il ciclo di Predator vuole esprimere. Verhedein è bravissimo nel cogliere questo messaggio presente anche nella pellicola dell’87, se ci si ferma un attimo a pensare alle circostanze che portano l’altro Schaefer, quello interpretato da Arnold Schwarzenegger a sfruttare il fango, il legno e la forza bruta per vincere uno scontro in apparenza già perso. Partire da una situazione svantaggiata permette di non sottovalutare mai l’avversario, ribaltando le sorti della battaglia proprio nel momento in cui il nemico si sente più sicuro. Trattandosi si materiale “vecchio” di trent’anni, le storie contenute in questo volume potrebbero sembrare prive di un certo mordente, ma sicuramente così non è, anzi riescono a divertire e ad intrattenere il lettore oggi come allora. Non fatevi sfuggire questo prezioso e stupendo volume (stiamo parlando di oltre 300 pagine) edito in Italia da saldaPress. Noi ci rileggiamo prossimamente.
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