Black Mirror serie TV inglese del 2011 (ne abbiamo parlato qui), nel suo sesto e ultimo episodio dal titolo Vota Waldo!, ci spiega tra le righe come il sistema sul quale è costruita la nostra società ci fagociti, rendendoci inconsapevolmente parte di esso. A prescindere dalla nostra capacità di discernimento, dalle nostre intenzioni più o meno nobili, dalla nostra voglia di rompere gli schemi e di differenziarci dalla massa, il sistema ci ingloba e, volenti o nolenti, ci trasforma nell’ennesimo tassello del suo grigio mosaico. A volte, però, ci sono tessere che non vogliono proprio stare al loro posto, perché non accettano di allinearsi a ciò che le convenzioni gli impongono. Tessere impazzite, destinate ad essere additate come “strambi”, “sballati” o addirittura “socialmente pericolosi”. Oppure, a volte, destinate all’immortalità.
Ho 34 anni e ricordo le canzoni dei Nirvana venir fuori dal Bimbo scassato infilato nella guardiola dei bidelli durante le lunghe occupazioni a scuola. Quella musica, accompagnata dalla voce straziata e straziante di Kurt Cobain rappresentava già allora tutto il nostro disagio. Senza neppure comprendere bene il significato dei testi, quelle urla erano per noi già perfettamente identificative della nostra disgraziata generazione.
Oggi, esattamente a vent’anni dalla tragica e forse inevitabile morte di Kurt, Tuono Pettinato, al secolo Andrea Paggiaro, ci propone la tenera ricostruzione della vita (o di parte di essa) dell’antidivo e icona indiscussa degli anni ’90. La storia del frontman dei Nirvana ci viene raccontata dal suo amico immaginario Boddah (i due rappresentati come Calvin & Hobbes), a cui lo stesso Kurt dedicherà la sua ultima disperata lettera, prima di porre fine alla sua travagliata esistenza.
Tuono Pettinato sceglie di non parlare tanto della rockstar controversa, quanto del Kurt bambino e del suo fugace ma intenso viaggio verso la grandezza. Troppo facile e forse troppo banale raccontare i turbamenti e le angosce del Kurt adulto o le caratteristiche e le particolarità che lo hanno reso un’icona immortale. L’autore decide piuttosto di evidenziare, attraverso la rappresentazione dell’infanzia di Kurt, quanto questi fosse invece un bambino perfettamente normale, sveglio, allegro e pieno di gioia di vivere. Senza omettere di parlare della spiccata sensibilità del cantante, il fumettista pisano pone però l’accento sugli eventi della vita di Kurt, sottolineando come, proprio i fattori esterni abbiano prodotto quell’enorme disagio che ne ha condizionato per sempre l’esistenza.
Le vocazioni artistiche e intellettuali di un ragazzino dotato frustrate da un contesto inadeguato e svilente. A Kurt non resta che rinchiudersi nella solitudine e nell’alienazione, manifestando il proprio dolore con uno straziante lamento di rabbia. Sarcasmo e apatia diventano il rimedio al borioso e zotico ottimismo degli anni ’80. Ed è così che, nella ricerca della pace interiore, Kurt è costretto a passare attraverso lo stordimento fisico e psicologico: un autolesionismo che ha i contorni del martirio dello spirito e della purificazione dell’anima.
Nevermind, edito da Rizzoli Lizard, è una storia drammatica e intensa che non mancherà di emozionarvi e di scuotervi profondamente. Un’opera che, lungi dal dare giudizi morali sulle drammatiche vicende del leader dei Nirvana o dallo spiegarne le misteriose dinamiche, racconta invece il doloroso grido di aiuto di un bambino cresciuto decisamente troppo in fretta. Il grido di una generazione di fronte alla gelida indifferenza del mondo. Una richiesta di aiuto talmente attuale da risultare allarmante.