AVVISO: la seguente analisi contiene spoiler!
Torna alla ribalta il pirata più famoso creato in estremo oriente, dalla mente fruttuosa del maestro Leiji Matsumoto: Capitan Harlock. Molti lo hanno seguito sin dalle prime proiezioni su Rai2, intorno alla fine degli anni ’70, altri l’hanno ripescato più tardi, ma i più giovani incontreranno l’Arcadia e tutta la sua ciurma di pirati proprio con questo nuovo film, prodotto dall’ormai storica Toei Animation e distribuito in Italia dalla Lucky Red, unico produttore che riesce a fornire al pubblico italiano lungometraggi animati giapponesi, come il terzo capitolo del Rebuild of Evangelion, oppure Wolf Children. Insomma, un plauso alle iniziative della Lucky Red va fatto, sia perché porta il cinema d’animazione sul grande schermo, sia perché organizza eventi di singole giornate in cui ripropone vecchie glorie del cinema, come fece con il tanto amato Frankenstein Junior di Mel Brooks!
Capitan Harlock arriva sul grande schermo e lo fa in toni molto più cupi, ammantato da un’aura di inviolabilità che rende la sua figura epica ancor prima delle sue reali azioni. L’Arcadia si fa tetra, la ciurma s’incattivisce e lo spazio diventa una cortina nera piena di inganni e misteri; ma prima di addentrarci in una più specifica analisi del film, propongo quella che per molti critici è stato il deficit principale della storia: la trama.
Trama
Nel corso dei secoli l’umanità si è evoluta, lasciando il pianeta Terra per andare ad abitare su altri pianeti meno ospitali. Su questi pianeti l’umanità accresce di numero e inevitabilmente le risorse iniziano a scarseggiare; malcontento, fame, povertà e degrado, spingono gli uomini a tornare sul pianeta natio, visto adesso come l’unica ancora di salvezza, come luogo puro e incontaminato. Ma il pianeta azzurro non può contenere lo sbarco di immense flotte spaziali e navicelle cariche di civili, così fra le varie fazioni si scatenano tafferugli per poi arrivare ad una vera e proprio guerra mondiale, o meglio, guerra stellare. Il numero delle vittime è ingente e nessuno vuole cedere il passo all’altro, perché si ha la consapevolezza che se non si torna sulla Terra, lentamente le risorse finiranno e l’assenza di quest’ultime porterà all’estinzione.
Per interrompere questo massacro si forma la Federazione Gaia, la quale mette fine al conflitto con le proprie navi da guerra e dichiara la Terra pianeta inviolabile, perché considerato luogo sacro.
Ma nello spazio più profondo, avvolto da una nube oscura, viaggia l’Arcadia, la più potente nave pirata dello spazio! Capitanata da Harlock, personaggio così misterioso da essere entrato nelle leggende degli uomini, fra i quali si vocifera sia immortale. Harlock ha un piano ben preciso: piazzare alcune bombe in determinati punti dell’universo, lì dove dovrebbero risiedere i cosiddetti nodi temporali. Facendole detonare contemporaneamente esse scioglieranno i nodi del tempo e tutto tornerà com’era una volta, centinaia e centinaia di anni fa, così che gli uomini possano tornare sulla Terra per prendersene cura e non abbandonarla più. Un ideale più che nobile, ma osteggiato dalla Federazione Gaia, che bada bene a non far avvicinare nessuno al pianeta azzurro.
Ma Harlock è furbo e l’Arcadia è troppo potente anche per tutto l’esercito di Gaia, così riesce a piazzare tutte le bombe, meno una… l’ultima andrà sulla Terra!
La notizia, fino all’ultimo oscura all’equipaggio, sconvolge tutti ed i due fedeli aiutanti di Harlock, la bella e affascinante Kei ed il rude Yulian (in Italia Yattaran, riprendendo il nome del vecchio personaggio della serie animata, decisamente più mansueto e più allegro), chiedono spiegazioni che non verranno negate loro: il piano di Harlock lo conoscevano, ma non avevano ben capito che sciogliendo i nodi temporali tutto sarebbe tornato al nulla per poi riformarsi con un grande Big Bang, di conseguenza la Terra e tutti gli uomini sparsi nello spazio sarebbero morti, per loro, che avevano sfruttato fino all’ultimo il pianeta natio, non curandosi delle conseguenze, non ci sarebbe stato alcun ritorno.
La notizia sconvolge tutti e muove uno dei personaggi più malleabili della storia: Logan, il quale si era infiltrato nell’Arcadia per conto di Ezra, suo fratello maggiore, paralitico dalla vita in giù, proprio a causa di un incidente che Logan aveva innescato e per il senso di colpa aveva accettato la missione di infiltrarsi e uccidere il Capitano; una missione suicida, poiché se anche fosse riuscito il suo intento, la ciurma non avrebbe avuto pietà per la sua vita. Logan, però, aveva avuto modo di puntare la pistola ad Harlock (in un momento anche abbastanza critico), ma ascoltando le sincere parole del pirata spaziale, si era convinto a non prendere più decisioni per conto di altri, ma solo per conto di se stesso e con entusiasmo si era aggregato alla ciurma. Tuttavia le rivelazioni di Harlock, sul suo piano, insieme allo svelamento d’un altro mistero che circondava la Terra, gli fanno ricambiare schieramento tornando al servizio della Legione di Gaia. Il mistero sopracitato era il seguente: la Terra, bella, florida e rigogliosa, come tutti la vedevano e la immaginavano non era altro che un’illusione, infatti vari satelliti avevano creato un ologramma per coprire una visione molto meno gradevole. Il pianeta azzurro era invaso dal Dark Matter (materia oscura), un elemento alieno che aveva divorato, trivellato e sterminato ogni forma di vita terrestre, nonché deformato la conformazione del pianeta stesso; ma è proprio la confessione del colpevole che lascia tutti senza parole: Harlock era l’artefice della distruzione effettiva del pianeta, circondato dagli ologrammi per non togliere agli uomini la speranza di poter, magari un giorno lontano, tornare sul suolo natio. Di colpo la Legione di Gaia passa dalla parte della ragione (o quasi) mentre il protagonista sprofonda nei terribili ricordi della sua gioventù raccontando a tutti il perché di quel gesto.
Quando la Legione di Gaia proclamò la terra luogo inviolabile e sacro, schierò a difesa del pianeta una flotta di navi potentissime, con tecnologie ibridate con quelle dell’unica razza aliena cui gli uomini erano entrati in contatto: i Niflung (Nibelunghi per l’edizione italiana); Harlock era a capo di queste navi da guerra e difese la Terra dai continui assalti delle varie navicelle spaziali finché scoprì che essa non era, effettivamente, un luogo cui nessuno poteva metter piede, ma solo i benestanti, i capi della Legione di Gaia avevano il permesso di sbarcare e godersi le bellezze del pianeta. Pensando alla guerra che gli uomini stavano facendo per tornare sulla Terra e pensando a come lui stesso avesse contribuito a uccidere gente innocente per consentire ad un elite di pochi, di sbarcare, Harlock perse il controllo di se e in preda all’ira ordinò a tutte le navi di liberare il Dark Matter sulla Terra affinché nessuno avrebbe potuto più mettervi piede.
Raccontato ciò, tutti comprendono che il piano legato ai nodi temporali non era altro che un tentativo di riscatto, di occultare la sua colpa di aver distrutto ciò che amava, cancellando il presente e il futuro.
Logan, passato nuovamente dalla parte della Legione di Gaia, libera i prigionieri e guida l’assedio alla nave pirata, concludendo trionfalmente con la cattura di Harlock. Lui e tutto l’equipaggio verranno giustiziati e tutti gli uomini sparsi per l’universo potranno assistere in diretta televisiva all’evento.
In attesa di ciò, Logan, decide di scendere sulla Terra per vedere se davvero non è più possibile recuperare il suo splendore e passeggiando fra i cumuli di Materia Oscura trova qualcosa che lo sorprende e lo commuove: un fiore.
Fedele all’idea di non prendere più ordini da nessuno se non da se stesso, Logan capisce che possono ancora salvare il pianeta ma ci vuole l’intervento di qualcuno che sappia combattere la Legione Gaia, ormai intenta a disintegrare la Terra, che era stata mandata in onda su tutte le tv nel suo aspetto originale e quindi non serviva più come simbolo. Così, il giovane pirata, libera Kei, Yattaran e tutto il resto della ciurma e, quindi, anche Capitan Harlock! Il quale, dapprima afflitto per le sue colpe, ritrova lo spirito combattivo alla vista di quel bel fiore bianco, che gli da la possibilità di redimersi e votarsi a ciò che ha sempre desiderato: la protezione della Terra.
Uno scontro a dir poco epico slancia verso il finale, dove Harlock pare sia colpito a morte ma trova in Logan il suo futuro sé, regalandogli il posto al timone, mentre lui si accomoda sul suo trono e l’Arcadia sfreccia nuovamente verso l’universo, contro la Legione Gaia.
Analisi
Shinji Aramaki ed una piccola analisi registica
Regista di vari anime come Appleseed o Halo Legends e designer di anime come Bubblegum Crisis, Digimon Tamers, Astro Boy (serie tv del 2003), Mobile Suit Gundam, Sugar Sugar Rune e Fullmetal Alchemist: la sacra stella di Milos e molti altri; ha compiuto un lavoro egregio sul piano registico, non solo per aver coordinato tutto (certo, sempre con il benestare del maestro Leiji Matsumoto), ma per aver dato vita a delle scene bellissime dove più che una regia da cartone animato spiccava una regia da film.
Prendiamo in esame questa scena del film:
inizialmente l’ideale macchina da presa fa un carrello sui piedi di Harlock, la luce proviene dal fondo del corridoio così da gettare ancora più ombra sul protagonista, poi si ferma e stacca velocemente sul busto, dove risalta il teschio, infine viene svelata la sua identità con un primo piano. Harlock che per la prima volta entra in azione, dunque, viene svelato man mano (0:00 – 0:10), dapprima (0:00) nella sua camminata, dove accanto agli stivali ondeggia il lembo del nero mantello, lo spettatore lo riconosce e sente l’imminente arrivo; poi (0:03) si inquadra il teschio, dunque la consapevolezza che tutto sta per cominciare aumenta e, inoltre, ci ricorda la sua natura da pirata; infine (0:05) il primo piano ci fa ammirare il suo volto con sguardo in macchina per aumentare la sua presenza scenica; il tutto compiuto con una certa calma e poi si ritorna da dove tutto era cominciato: i piedi che improvvisamente scattano in avanti (0:10) e conquistano il posto dell’ideale macchina da presa, tant’è che prima di vedere lui sguainare la spada, il regista decide di far vedere (allo spettatore) ciò che fino a un momento prima aveva alle spalle aumentando così il coinvolgimento emotivo in contrasto con il primo piano di Harlock, tutto sommato tranquillo. Lo spettatore dà le spalle ai nemici ed appena si gira (e si entra in soggettiva. 0:11) questi gli sparano addosso, ma è la stessa inquadratura che avanza freneticamente verso di loro, nonostante il pericolo! Proprio un attimo prima che l’ideale macchina da presa si avvicini troppo ecco che c’è un cambio d’inquadratura (0:12), nuovamente lo spettatore si guarda alle spalle ed eccolo! Il grande Capitan Harlock venirgli in soccorso con la sua spada/pistola sfoderata, con cui subito abbatte un nemico. Da adesso in poi (0:15) lo spettatore si fa da parte, non ci sarà più un’inquadratura unica per il Capitano ed una per i soldati di Gaia, ma ponendosi sul fianco dello scontro la macchina da presa/spettatore seguirà le vicende tentando di non farsi coinvolgere in alcun modo. Essa è così viva e fa così tanto valere la sua presenza che pare quasi scansarsi ogni volta che Harlock colpisce o qualche soldato cade a terra. Questa mobilità di regia conferisce alla scena una velocità e un dinamismo addirittura più accelerato di com’è realmente lo scontro; non c’è un montaggio veloce, non ci sono diverse inquadrature, l’occhio ideale dello spettatore rimane fisso sullo scontro e lo segue in ogni dettaglio finché non sconfigge il primo gruppo di soldati, solo allora cambia inquadratura (0:23), perché tutto sembra cessato e si può tornare a respirare a valutare la situazione a guardare anche oltre Harlock.
In questa nuova inquadratura, per la prima volta il pirata spaziale è davanti la macchina da presa, sta proteggendo l’ideale spettatore dello scontro e, infatti, questo non si trova più fra lui e il nuovo nemico avvistato, ma dietro! Ora sì, l’azione richiede estrema velocità di esecuzione ed allora interviene il montaggio che aggiunto ai movimenti di macchina (eseguiti come se fosse una camera a mano fin dall’inizio dello scontro), crea una rapidità impressionante; non si avrebbe avuto neanche il tempo di capire cosa stesse accadendo se la macchina da presa non avesse indugiato, ancora una volta su Harlock dopo aver trafitto l’avversario (0:26). Da qui in poi la macchina da presa cambia stile e ci restituisce un ping pong di immagini dalla parte di Harlock e da quella dei nuovi soldati di Gaia, arrivati alle sue spalle; sembra un duello anche dal punto di vista del montaggio, come quelli eseguiti in un duello western, ma estremamente più rapidi:
1) Il primo a sparare è il soldato di Gaia (0:27);
2) Harlock viene disarmato dal colpo di pistola (0:28);
3) Harlock si gira verso il nemico (0:28);
4) Il soldato incara la dose di proiettili (0:29);
5) Harlock li schiva e spara con una pistola (0:30 – 0:31); è l’ultimo cambio di inquadratura da il termine al duello fra i due.
Finito lo scontro la macchina da presa mostra il campo di battaglia (0:37), tanti soldati di Gaia uccisi da Harlock che, sullo sfondo, cautamente cammina; ma non è finita! Un ultimo soldato tenta di rialzarsi e colpire il pirata ed ecco che l’inquadratura ci mostra dall’alto il Capitano che guarda il suo fucile a terra (0:40), senza la minima intenzione di movimento per abbassarsi a prenderla, così cresce la tensione e nuovamente l’inquadratura cambia(0:41): a terra, prima mostra il soldato che sta per sparare poi zooma velocemente all’indietro fino a riprendere i piedi di Harlock vicinissimi alla punta del fucile e, infatti, proprio con un colpo di punta riesce a far saltare il fucile in aria, afferrarlo e sparare in anticipo sul nemico (0:44): è la prima volta che si vede chiaramente la spada far fuoco e per dichiarare finita quella battaglia, l’inquadratura rimane stabile su Harlock, non ci fa vedere il nemico abbattuto, lo spettatore sa che ha fatto centro e tranquillamente può bearsi nell’immagine del suo Capitano al termine dello scontro.
Elemento che lega tutto l’insieme sono proprio i piedi di Harlock, protagonisti assoluti di ogni inizio di contrattacco.
Questa piccola analisi di un frammento del film è stata fatta per cercare di restituire la grande mano registica di Aramaki, il quale molte volte ha dato grandissimo rilievo ai “movimenti di macchina” così tanto da renderli protagonisti del film.
Sceneggiatura a due mani
La sceneggiatura è stata scritta a due mani, il primo è Harutoshi Fukui, che ha debuttato come sceneggiatore nel 2005 col film Lorelei: The Witch of the Pacific Ocean; ad esso seguono una serie di film incentrati sempre sulla guerra ed è forse per questo che Matsumoto sceglie Fukui come compagno di scrittura; il secondo è il creatore del soggetto, creatore del personaggio, creatore di quello che viene definito Leijiverse (un vero e proprio universo fumettistico che comprende tutte le opere di Matsumoto).
Matsumoto nasce alla fine degli anni ’30 e come tutti i mangaka della sua generazione, trascina quelle esperienze tragiche nelle sue opere, ma i suoi propositi non cadono mai nella condanna definitiva del genere umano, né occludono le vie ad una speranza di salvezza, una speranza di svolta; lo stesso Capitan Harlock è simbolo di questa possibilità e finché lo farà volare negli spazi siderali, saremo sicuri che il mondo potrà diventare un posto migliore.
Il suo stile di disegno è unico, molto distante dalle opere che andavano di moda al termine degli anni ’70 e inizio anni ’80: corpi slanciati, gambe affusolate, uno stile che intreccia (in Harlock) quello del west a quello spaziale, anche se l’attenzione della sua matita si sofferma specialmente sui protagonisti e sulle bellissime mazoniane, non a caso le donne di Matsumoto sono ricordate con fervore dai giovani che lo videro in tv per la prima volta e tutt’oggi mantengono un fascino tutto particolare, mentre gli altri personaggi vengono tutti disegnati bassi e abbastanza grassi, ma non vengono assolutamente messe in secondo piano le loro storie e la loro psicologia. Nel nuovissimo film di Capitan Harlock, invece, molti caratteri cambiano, cambiano, giustamente, in rapporto ai tempi che corrono.
Commuoventi le varie dichiarazioni di Leiji riguardo il suo ultimo capolavoro, che qui sintetizzo parafrasando: egli ha da sempre amato i pirati perché simbolo indiscusso di libertà e sin da piccolo il nome Harlock gli risuonava in testa e lo immaginava salvare il mondo; oggi, rivedendolo sul grande schermo, confessa di essersi commosso per la storia, per la bellezza grafica… insomma, per il lavoro che una squadra eccelsa ha condotto; ma se molti pensavano che questo fosse l’epilogo di una carriera ricca di successi e molto lunga, si sbagliava di grosso! Miyazaki si ritira, portando al cinema (ancora non quelli italiani, purtroppo) The wind rises, ultima fatica che suggella una carriera splendida che lo ha portato a vincere un oscar ed insieme a ciò ha aperto le porte al cinema d’animazione giapponese in occidente, almeno per quanto riguarda i livelli degli oscar, dapprima dominati sempre dalla Disney e Co.; ma, Matsumoto e Miyazaki hanno fatto scelte contrastanti, quest’ultimo non ha mai ceduto alla grafica 3D, CGI e quant’altro fosse legato alle nuove tecnologie, ma è rimasto sempre fedelissimo alla matita, mentre Matsumoto ha messo su, con un budget stratosferico per i livelli del cinema d’animazione giapponese, una perla futuristica nei temi trattati e nella grafica; proprio con questo lui dichiara di non voler terminare la carriera, perché ha ancora tanto da dire, da raccontare ed i suoi personaggi devono conquistarsi i cuori di queste nuove generazioni che non hanno potuto vedere le prime tv delle tante serie animate ed OAV. Il maestro dimostra di avere tantissima energia, tanto da sfidare i nuovi mangaka, dicendo di amare le sfide e di essere felice nel vedere quale prodotto gli altri potranno offrire in confronto ai suoi. Sicuramente è conscio della grandezza dei suoi personaggi e della profondità delle sue storie. C’è da chiedersi se in quest’ultima dichiarazione c’è anche un filo di critica nei confronti dei nuovi prodotti dell’animazione nipponica (ovviamente fatti dai nuovi disegnatori e scrittori), la quale sembra essersi fossilizzata in generi e personaggi ormai conosciuti, risaputi, lasciando poco spazio all’originalità e tanto ai format testati in modo scientifico nel corso degli anni. Infatti, Mastumoto, spera che questo nuovo film dia ispirazione ai giovani, che da quest’ultima fatica possano trarre storie nuove e magnifiche, ma lui sarà sempre pronto a far concorrenza!
I personaggi
Harlock non è più quello di una volta. Che lo sappiano in anticipo quelli che si aggrappano disperatamente all’ “originale” (che poi, anche qui si tratta di originale, è pur sempre scritto da Leiji) perché altrimenti passeranno tutto il film a sbuffare e commentare!
Ciò che salta immediatamente all’occhio è l’oscurità che pervade tutto dell’Arcadia, i suoi interni, i suoi corridoi, la sala del computer centrale, lo spazio che la nave pirata attraversa sbuffando cortine di fumo nero, per camuffarsi (o farsi notare? Non si è capito bene); in più è scioccante come sin dall’inizio si percepisce una certa crudeltà nella ciurma di pirati, i quali, fermatisi in una cittadina vogliono reclutare altri volontari, ma l’esame da passare, per arruolarsi, consiste nel rispondere alla seguente domanda: «Perché vuoi salire a bordo dell’Arcadia?»; chi da la risposta sbagliata si merita una caduta nel vuoto e, di conseguenza, una morte certa. Non c’è esitazione nell’esecuzione ed i vari pirati, con il corpo ed il volto coperti da una specie di muta spaziale, con il casco, non sembrano nemmeno umani, lo diventano solo quando salvano Logan che, poco prima di essere gettato nel vuoto, risponde alla domanda posta a tutti con: «Libertà!». Lì, per la prima volta si vede il volto di Yattaran e di Kei e, sullo sfondo, ammantato dall’oscurità, Harlock.
Quest’ultimo è anche diverso dalla prima realizzazione del suo personaggio, non ha più l’aspetto di un ragazzino, ma spalle larghe, viso truce, capelli lunghi che coprono quasi interamente il volto ed i suoi ex jeans azzurri diventano neri, come tutto il suo abbigliamento. Già a prima vista trasmette euforia, nello spettatore che lo scorge appena nelle tenebre, ma dona un’immagine molto tetra, silenziosa, mistica.
Harlock, infatti, è legato ad una leggenda (che poi pare rivelarsi vera): egli è immortale, perché, in qualche modo, è legato al motore Dark Matter dell’Arcadia. Anche lui, come la truppa, non si fa scrupolo nell’uccidere gli umani, cosa che nella serie tv evita a tutti i costi, e lo fa giornalmente abbordando le navi in classico stile pirata.
Ma l’elemento più scioccante della rivoluzione di questo personaggio avviene quando svela il suo passato ed il suo crimine. Harlock della serie tv mai e poi mai avrebbe danneggiato la Terra! Egli, infatti, combatteva per il pianeta, più che per la salvezza della razza umana; invece, nel film, è proprio lui a distruggere tutto e, per di più, da lì in poi si scoprono le sue debolezze, la debolezza del suo piano, il suo lato titubante e fallimentare che mai si era scorto nella sua vecchia rappresentazione. Negli anni ’70 era un capitano che sapeva cosa fare, dove andare, si affidava all’Arcadia quando accadeva che il computer manovrava da solo il timone, mentre qui ha addirittura un congegno che slega il legame di quest’ultimo col computer ed in più era ottimista, un eroe positivo. Nel film ritroviamo un Harlock che ha vissuto per (dicono le leggende) cent’anni e forse è proprio questa longevità che ha tolto in lui l’idea speranzosa di poter attendere un cambiamento del pensiero umano; infatti il vecchio Harlock aveva appena iniziato la sua carriera da pirata e prima di incontrare Raflesia e le mazoniane stava per perdere la voglia di vivere (lo dice chiaramente nell’anime), nel nuovo, il Capitano, ha già avuto la sua dose di avventure ed è al culmine della sopportazione di questa grave colpa, tant’è che quando viene catturato, tenuto a digiuno per tre giorni e poi liberato da Kei e Logan, non vuole più agire, ma si accascia a terra rassegnato, schiacciato dal peso delle sue colpe e dall’idea che niente cambierà perché se c’è stato qualcosa di buono nella vita dell’umanità, si trattava di istanti ma… : «Un istante ripetuto nel tempo, diventa infinito.»; queste parole, davanti alla visione commuovente del fiore che è nato sulla Terra, nonostante le sue condizioni, danno nuova linfa ad Harlock, pronto a riprendere il comando dell’Arcadia e della sua ciurma!
La pennellata di classe finale sarà nel dialogo fra Harlock e Logan, entrambi feriti, il primo (probabilmente) a morte, il secondo sfregiato sul viso e accecato da un colpo di pistola. Harlock spiega a Logan di come la razza umana abbia bisogno di un simbolo di libertà e giustizia, di come la Terra debba essere protetta e che la sua immagine da capitano dello spazio, non può svanire! Quindi, qualcuno dovrà vestire i suoi panni e diventare Harlock! Così lancia una benda a Logan che, indossatala, afferra fiero il timone dell’Arcadia, mentre Harlock si accascia sulla sua poltrona, rimanendo in un ombra funerea e la nave pirata spaziale, inverte la rotta per riprendere la guerra contro la Legione di Gaia! Una sorta di: «Verso l’infinito e oltre!»; che lascia senza fiato e suscita emozioni contrastanti, fra il dispiacere di sapere che il vero Harlock, probabilmente, morirà, e la gioia nel sapere che comunque vadano le cose, lassù ci sarà sempre un Capitano pronto ad affrontare eserciti sterminati, pur di difendere la Terra.
La scelta di rendere questo personaggio più vulnerabile rispetto a quello degli anni ’70, spiega Aramaki, è dipesa dai tempi che corrono, dove i giovani stessi perdono sempre più la speranza in un domani migliore e si rassegnano alle colpe commesse dai loro predecessori e contemporanei, dunque il regista voleva mandare un messaggio e farlo nel modo più forte possibile, parafrasando le sue parole: bisogna saper tornare a piangere per cominciare a costruire un mondo migliore
Note finali
Ai carissimi critici
Non capisco proprio con che giudizio i critici, ovvero coloro che sono iscritti all’albo dei giornalisti ed hanno il potere di fornire gloria o vergogna ad un film, scrivendo sulle più importanti testate giornalistiche d’Italia, hanno incolpato questo lungometraggio d’animazione di essere carente in quanto a storia, quando, invece, la trama subisce svolte completamente inaspettate ed è carica di significati grandiosi, come lo sono tutte le opere di Matsumoto. Forse si sono lasciati prendere così tanto dalla spettacolarità visiva da non aver seguito attentamente la trama o (peggio) non l’hanno capita. Difficile trovare un film d’animazione che restituisca un tale spessore culturale e ideologico, assieme ad una grafica che pochi legami ha con i lavori così acclamati della DreamWorks o dell’ultima Disney; anzi, per l’importanza che ogni personaggio aveva nella serie del ’70 di Capitan Harlock, il film ha fatto ciò che più poteva, tentando di sintetizzare i caratteri dell’aliena Mimay, del burbero Yulian, della bella Kei, dello sfaccettato Logan e del profondissimo Capitan Harlock. Si è visto, in altri esperimenti, come sia complesso condensare tutti o gran parte degli aspetti psicologici di questi personaggi così poliedrici; caso eclatante è quello dei personaggi di Neon Genesis Evangelion riproposti nei vari Rebuild of Evangelion, i quali hanno perso tantissimo rispetto alla serie animata pur essendo collocati nelle stesse situazioni, mentre qui, Harlock, viene posto in un ambiente totalmente diverso da quello della storica serie tv.
La critica che posso accettare è una non totale comprensione che uno spettatore vergine di Harlock e dei lavori di Matsumoto, possa avere di tutto l’organico, ma tengo a sottolineare il “non totale”, il quale lascia intendere che la maggior parte degli elementi siano stati compresi. Certamente chi, come me, ha visto anche solo la serie tv, ha compreso, in questi nuovi panni più tenebrosi del Capitano, molto più di chi l’ha incontrato per la prima volta, ma questo è un problema che è secondario al film e non è tanto pesante da determinarne un giudizio negativo.
Le pecche del film
Vi sono all’incirca tre piccoli deficit (se proprio si vuole fare i puntigliosi):
1) La scena di Kei nella doccia. Inutile, completamente inutile, ma ricoprono all’incirca trenta secondi, quindi non ha rovinato nulla; probabilmente serviva per un bel fanservise sulla piratessa e per mostrare le goggioline d’acqua in HD!
2) Logan, da giovane, coltivava alcune piante, ma purtroppo si rende conto che non crescono e quindi il sogno della madre (ormai defunta) non potrà essere realizzato; preso da uno scatto d’ira gira una valvola che fa esplodere la serra e non solo uccide la ragazza che amava, ma rende invalido il fratello. La ritengo una pecca perché mi è sembrata decisamente eccessiva come reazione, un po’ come mi è parsa eccessiva la reazione di Harlock che, invece di scendere sulla Terra e uccidere coloro che la stavano sfruttando, decide di rendere impraticabile il pianeta.
3) Molto probabilmente chi ha visto per la prima volta Capitan Harlock, non credo abbia afferrato che dentro il computer centrale c’era l’anima del miglior amico di Harlock, anche se in più scene si vede lui, seduto accanto al computer che gli parla e lo definisce “amico”.