Diciamoci la verità: andare al cinema è diventato sempre più difficile. E’ necessario avere delle motivazioni forti che ti spingano a rinunciare al caldo tepore di casa tua per andare a spendere soldi (ormai tanti) al cinema. Si, perché al giorno d’oggi tutto ciò che danno al cinema puoi vederlo tranquillamente a casa e senza spendere un solo centesimo (puoi, se sei un criminale incallito; noi del Bar vi sconsigliamo di scaricare illegalmente, sia chiaro 😀). Il discorso non fa una grinza e potrebbe pure starmi bene, se non fosse che poi, quando esce il film di Checco Zalone, noti che in tutte le sale cinematografiche del circondario c’è una fila chilometrica. E’ in quel momento che realizzi che le persone ce l’hanno le motivazioni che li spingano al cinema. Solo che sono quelle sbagliate.
A distanza di neppure una settimana dalla sua uscita, ieri sono andato al multisala a vedere Il Paradiso degli Orchi, primo adattamento cinematografico del famosissimo romanzo di Daniel Pennac che ha dato il via ad un vero e proprio fenomeno editoriale. Da fedele lettore dell’autore francese (e da cittadino rispettoso della legge) non ho neppure preso in considerazione l’idea di scaricare il film e mi sono fiondato ad assistere al film, convinto del fatto che – come me – tanti altri appassionati si sarebbero affrettati ad andare a vedere il primo capitolo della saga dei Malaussène. Ovviamente non c’era NESSUNO. Ed è un vero peccato, perché Il Paradiso degli Orchi è un film così adorabile come non ne vedevo da tanto, tanto tempo.
Per chi non avesse avuto il piacere di leggere i libri della saga, ecco le linee salienti della trama. Benjamin Malaussène è impiegato come “supervisore tecnico” in un enorme grande magazzino parigino. La qualifica, tuttavia, è solo di facciata, perché Benjamin in realtà per lavoro fa il capro espiatorio. Si, avete capito bene: il protagonista è pagato per assumersi la responsabilità di tutte le lamentele dei clienti e per prendersi tutte le sgridate e le mortificazioni da parte del suo capo; tutto ciò allo scopo di impietosire e scoraggiare i clienti insoddisfatti a fare causa ai grandi magazzini.
Presto però l’apparente quiete dei Grandi Magazzini viene interrotta dall’esplosione di una bomba che provoca il ferimento di alcuni clienti e la morte di uno di essi. Alla prima esplosione, ne seguono altre nei giorni seguenti; sempre all’interno dei locali del grande magazzino e sempre più potenti e pericolose della prima. Il primo sospettato – manco a dirlo – non può che essere il nostro capro espiatorio, ritenuto dalla polizia parigina (e in particolare dal commissario Rabdomant) un personaggio piuttosto ambiguo. Ed in effetti, Benjamin è davvero un tipo strano. Vive in casa con la sua numerosa e variegata famiglia, composta da tanti fratelli, un cane epilettico e una madre che, però, vive il suo amore altrove e si limita a tornare a casa di tanto in tanto per lasciare un nuovo fratellino alle amorevoli cure di Benjamin.
Ai membri della famiglia si uniscono poi una serie di personaggi in qualche modo collegati a Benjamin, che formano tutti insieme quella che nel corso dei romanzi diventerà la Tribù Malaussène. Si tratta di un vero e proprio miscuglio di razze, personalità, abitudini e culture, ognuna diversa dall’altra; tutti uniti da un grandissimo affetto l’uno per l’altra. Sarà grazie a loro e anche grazie all’aiuto della bella Zia Julie (procace giornalista conosciuta proprio sul luogo di lavoro) che Benjamin riuscirà a dimostrare la propria estraneità ai fatti e a svelare l’inquietante segreto che si cela dietro agli attentati dinamitardi.
Devo ammettere che mi mancava l’atmosfera che si respira leggendo i romanzi di Pennac. Si tratta di luoghi, personaggi e storie che hanno rivestito un ruolo importante durante una fase della mia vita. Oggi il film di Nicolas Bary propone un ritorno a quei momenti; e lo fa attraverso un approccio non totalmente fedele, ma assolutamente efficace. E’ innegabile che le differenze col romanzo siano tante, ma la pellicola riesce perfettamente nell’arduo compito di riportare a galla le stesse magnifiche atmosfere della controparte cartacea.
Portare sullo schermo il romanzo di Pennac, infatti, non era semplice. Si trattava indubbiamente di un progetto ambizioso e particolarmente rischioso, vista anche l’importanza che la serie di romanzi ha rivestito negli anni passati. La penna dell’autore è stata capace di dare vita ad una serie infinita di bizzarri personaggi, situazioni divertenti e atmosfere stravagante; e francamente nutrivo forti dubbi sulla possibilità di ricreare questo dolce pazzo mondo sul grande schermo. Il film però funziona bene. Come accade per il romanzo, infatti, si ride, si rimane sorpresi, ci si appassiona alle indagini e ci si innamora di tutti quegli adorabili, strambi personaggi. Insomma, seduzione , suspense , mistero, umorismo e follia; queste le caratteristiche che faranno apprezzare il film ad un pubblico davvero ampio ed eterogeneo. Peccato che non si sia vista neppure l’ombra di un trailer, di un cartellone, o di una pubblicità su una rivista. Forse la distribuzione sa già che se non ci sono nel cast Abbatantuono, Zalone ed er Patata, gli italiani preferiscono starsene a casa.
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