Che il #325 di Dylan Dog non fosse davvero una “nuova vita” in reltà lo si sapeva, ma che ad un anno circa dalla rivoluzione annunciata al Lucca Comics 2013, la Bonelli potesse pubblicare storie di buon livello, beh questa è una sorpresa.
Il mix di autori di questo mese era originale già nelle premesse: Bruno Enna è autore più “classico”, regista a tuttotondo delle sue storie e radicato fortemente nella tradizione italiana (ha scritto anche per Topolino); Piero Dall’Agnol, nel corso degli anni, è passato da uno stile limpido e pulito a uno sempre più “espressionista” (citando il Recchioni dell’Horror Club) e quindi difficilmente coniugabile con suo comprimario ai testi.
Invece l’accoppiata funziona bene, perché Enna realizza una storia dal sapore esotico ed esoterico, lontana dallo standard investigativo degli ultimi tempi dell’inquilino di Craven Road. La giusta dose di mistero, investigazione, azione e splatter come non capitava da un bel po’ sulle pagine di Dylan. Ovviamente bisogna contenere gli elogi sperticati e valutare con oggettività il lavoro svolto su questo #326.
Malgrado il netto miglioramento rispetto agli ultimi 8-10 mesi di storie, siamo molto lontani dal capolavoro ma anche dalla storia che può entrare di diritto nei “classici” di Dylan Dog. Lo stile di Dall’Agnol può far storcere il naso a molti, malgrado a me piaccia non poco (soprattutto perché è un autore presente da molto tempo in casa Bonelli, realizzando molte belle storie di Dylan Dog). La narrazione è fluida e i personaggi sono ben caratterizzati. Anche le sottotrame (sebbene poco sviluppate) vengono concluse tutte nelle ultime pagine, dimostrando una lungimiranza di Enna che è mancata ai suoi colleghi in tempi recenti: tutti i personaggi vedono le loro storie portate a termine, non ci si dimentica di nessuno e la storia si presenta ben chiusa ermeticamente, evitando di lasciare in sospeso situazioni o di rendere insensati alcuni interventi.
La trama è semplice: un maetro tatuatore polinesiano realizza “sulla pelle” dei suoi clienti immagini sciamaniche, in grado di evocare antichi demoni, consentendogli di possedere i tatuati. Il compito di Dylan sarà scoprire chi sia questo losco individuo e il movente che lo spinge ad agire.
I colpi di scena non ci sono ma i momenti d’azione non mancano e sono ben orchestrati. Ancora una volta non siamo dinanzi ad una nuova vita, ma tenere per un anno questo ritmo sarebbe già di gran lunga più apprezzabile che continuare con le solite storie.