Neil Blomkamp torna con un secondo lungometraggio fantascientifico e ci rende partecipi di una distopia amara e cattiva. Dopo aver stupito il pubblico con District 9, la seconda prova riesce meno perché inciampa in una probabile pressione economica tale da appiattire la pur brillante idea.
Elysium è un bel film che riconferma il talento del regista sud africano ma che non riesce a superare la genialità del suo esordio.
Nel 2154 la situazione economica e sociale precipita e crea due mondi. Uno sulla terra in cui restano ad abitare i poveri e uno su Elysium, un centro spaziale uguale al concept di Halo, in cui vivono i ricchi. La differenza tra i due mondi è abissale. Solo in quest’ultimo la gente non si ammala e vive spensierata e felice; è un mondo idilliaco. L’unico neo è rappresentato da una spietata Jodie Foster, a capo del ministero de la Cura.
Per alcuni sulla terra tra morte e devastazione raggiungere Elysium diventa una speranza. Vana.
Matt Damon è il protagonista e ci viene presentato tatauto e con un trascorso di furti e rapine; ora però è diventato un manovale per mettere la testa a posto e nutre la speranza di raggiungere il mondo perfetto. Ma un giorno, a causa di un guasto, viene irrorato di radiazioni e ha solo cinque giorni di vita.
L’unico rimedio è andare su Elysium, appunto.
Aiutato dai suoi ex amici anarchici, cercherà di raggiungerlo ma dovrà scontrarsi con un folle criminale.
Se dovessi scegliere un film che ha imposto un nuovo modo di pensare la fantascienza sicuramente citerei District 9 e i motivi principali sono due.
In primo luogo è riuscito a rispolverare il concetto dell’alienazione, tanto caro a Philip K. Dick, con una particolare attenzione al presente e in secondo è riuscito a dosare con cinismo e amara constatazione della realtà la possibilità di sognare un futuro diverso e florido; come se le macchine e i computer che tanto ci hanno semplificato la vita potrebbero, un giorno, renderci più liberi e tolleranti.
Neil Blomkamp riprende i due temi amplificandoli con un budget migliore ma come molto spesso accade: non è sufficiente.
Come il primo lungometraggio anche questo soffre di una seconda parte frenetica e poco bilanciata rispetto l’intera pellicola. Non solo, l’alienazione e il dualismo nella pellicola risultano gravati dai clichè del solito film anti sistema.
Dei personaggi minori sembra non interessarsi il giovane Neil, della vita su Elysium, ad esempio, sappiamo ben poco. Il regista sembra infatti concentrarsi maggiormente sull’istinto di protezione che i ricchi, concentrati nel politico Jodie Foster, vogliono mantenere tagliando fuori qualsiasi terrestre a qualsiasi costo. Lo rivela anche l’ausilio di un folle criminale, Sharlto Copley (già visto in District 9).
L’atmosfera è straordianaria; complice una ottima regia e fotografia. La sua passione per i mecha è testimoniata da un voluto impatto realistico: il concept e il design è quanto di più plausibile possa esserci. Inoltre è presente un rimando, seppur flebile, alla cinematografia cronenberghiana con l’unione di uomo e macchina, di sangue e bulloni.
Per il resto è una pellicola diretta e infarcita di suggestioni e rimandi alla cultura pop del mondo videoludico, Blomkamp si rivela un regista attento e sensibile e con un grande spazio per migliorare.
Sappiate che il prossimo progetto sarà con il folle duetto dei “Die Antwoord” e riguarderà la vita di un robot.
Sembra una via in discesa per il regista che, primo tra tutti, avrebbe dovuto avere il suo nome sotto quello di Halo – The Movie.
marcodemitri®
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