Devil e I Cavalieri Marvel #17

Eccoci finalmente giunti all’atteso ingresso nel Marvel Now del mensile Devil e i Cavalieri Marvel. Negli scorsi mesi – così come succederà per quelli a venire – abbiamo assistito alla rivoluzione delle principali testate della Casa delle Idee. Nella maggior parte dei casi, come sappiamo, le serie regolari Marvel hanno azzerato la numerazione, offrendo la possibilità ai nuovi lettori di inserirsi nella continuty del Marvel Universe senza eccessive difficoltà. Ricordiamo ancora una volta a quei pochi che non lo dovessero sapere (e mi auguro a questo punto che siate davvero pochi a non saperlo) che Marvel Now non è un reboot in stile DC Comics, ma una semplice ripartenza che non intende cancellare anni di storia della Marvel, ma che piuttosto si propone un rinnovamento di carattere narrativo, artistico e stilistico. In particolare, questo numero 17 di Devil e I Cavalieri Marvel ci presenta il prosieguo dell’ottima run di Mark Waid su Daredevil (con l’inizio di un nuovo capitolo del suo story arc) e l’inizio di due nuove testate che saranno ospitate d’ora in avanti all’interno di questo mensile. Sto parlando di Punisher War Zone e di Thunderbolts.

Tanta carne al fuoco, dunque, a cominciare dai disegni che troviamo nelle tre storie principali dell’albo. Mi riferisco innanzitutto alle tavole di Chris Samnee che torna – dopo una breve pausa – ad occuparsi delle illustrazioni del Cornetto Rosso; ma anche all’esordio del nostro Carmine Di Giandomenico su Punisher War Zone e alle illustrazioni di Steve Dillon sulla nuova testata Thunderbolts che – sono certo – saranno fonte inesauribile di disquisizioni e lamentele. Ma andiamo con ordine.

Mosca Cieca (Blind Man Bluffed) da Daredevil #18

Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: il Daredevil di Waid è molto distante (o almeno lo è apparentemente) rispetto a quello che avevamo imparato a conoscere nelle ultime storie del Diavolo Rosso. L’autore sembra volersi distaccare dalla versione noir vista fino a quel momento, tentando di riproporre un Devil più solare, meno tormentato e più vicino al personaggio conosciuto durante gli esordi. Le tragedie vissute e le difficoltà affrontate hanno fatto di Matt Murdock un character oscuro e un vigilante a tratti anche spietato. Prima Bendis, poi Brubaker hanno lasciato un’eredità pesante, dalla quale Waid cerca, almeno apparentemente, di allontanarsi. Ma non tutto è in realtà come sembra; e i fantasmi che albergano nell’anima di Matt sono duri da scacciare. Si avverte, nel corso della lettura della run di Waid, una sorta di sottotesto non espresso; come se l’autore intendesse volutamente dipingere un Matt solo apparentemente più sereno, rimandando, di numero in numero, l’inevitabile momento in cui tutti i nodi verranno al pettine. 

Nello scorso volume abbiamo assistito alla rottura tra i due soci Matt Murdock e Foggy Nelson. Quest’ultimo accusava il nostro protagonista di aver profanato la tomba del padre e di averne poi conservato morbosamente i resti. A detta di Foggy, la condotta di Matt sarebbe l’ennesima prova del disagio mentale in cui verserebbe il nostro avvocato di Hell’s Kitchen, il quale rifiuta di farsi aiutare dall’amico e socio di una vita. Si profila, dunque, la rottura dell’amicizia tra Matt e Foggy e la fine della lunga collaborazione professionale tra i due. Il nuovo episodio si apre, dunque, con l’arrivo di un nuovo potenziale cliente allo studio legale Nelson. Sulla porta dello studio campeggia il solo nome di Foggy, a testimonianza della ferma volontà di quest’ultimo di cancellare definitivamente l’amico Matt dalla propria storia professionale. Foggy sembra inizialmente restio ad accettare l’incarico propostogli; tuttavia proprio i tanti anni passati a lavorare al fianco di Matt, aiutano lo stesso Foggy a capire che l’uomo che chiede il suo aiuto dice certamente la verità e merita dunque di essere aiutato. Nel frattempo, a casa Murdock si consuma una delle scene più intense dell’intero arco narrativo. Al ritorno da una piacevole passeggiata in compagnia, Matt si accorge di un’inquietante presenza in casa sua. Non si tratta del solito criminale in cerca di vendetta, ma piuttosto della sua ex moglie Milla Donovan, recentemente dichiarata incapace e fatta rinchiudere in un istituto psichiatrico.

La bravura di Waid sta – a mio avviso – nella capacità di rendere trasparente la mente di Matt agli occhi dei lettori, in modo da rendere esattamente la misura della sua crescente insicurezza. E’ abbastanza chiaro come l’autore stia gradualmente avviando una sorta di decostruzione del personaggio di Daredevil, accompagnando quest’ultimo verso una nuova  e più convinta consapevolezza del proprio disagio mentale. Non c’è alcun bisogno di mettere nuovamente alla prova la mente di Matt; esso è già stato abbondantemente e irrimediabilmente provato dalle disgrazie trascorse, dalle sue scelte, dalla sua apparente incapacità di mantenere il controllo della sua vita.

 Al di la dei premi e degli apprezzamenti da parte della critica, devo dire che sto amando non poco la run di Waid su Daredevil. L’autore dimostra di aver assunto il pieno controllo di tutto ciò che appartiene all’universo di Matt Murdock e Daredevil. Gli aspetti positivi e negativi, il lato ottimistico di Matt, affiancato alla sua inesauribile sete di giustizia, portata all’estremo e intesa come vendetta. Tanti sono gli scrittori che si sono alternati alla sceneggiatura del Diavolo Rosso, ma solo in pochi hanno saputo dimostrare una tale inclinazione alla conoscenza e alla comprensione di questo complesso personaggio.

Non solo, ma Waid riesce nel difficile compito di scrivere una storia “iniziale”, senza dare l’impressione che lo sia. Questo numero, come detto, rappresenta un potenziale inizio per tantissimi lettori, pur essendo la continuazione di una storia in corso. Un compito non certo facile che Waid dimostra di saper compiere con scioltezza e semplicità. Il lettore che si approccia alla serie per la prima volta non avrà difficoltà a seguirne le evoluzioni e riuscirà a cogliere perfettamente il percorso psicologico dei personaggi principali. Bravo Waid, mi sei proprio piaciuto.

I disegni di Chris Samnee, già visti nei precedenti capitoli, mantengono uno stile volutamente antiquato, che ben si adatta alle storie del Diavolo Rosso. Nonostante il tratto essenziale e poco particolareggiato del disegnatore, le tavole riescono perfettamente a trasmettere le emozioni che la storie intende comunicare. In particolare, la scena del ritorno a casa di Matt risulta carica di tensione e di sgomento, proprio come previsto nelle intenzioni dell’autore. Mi rendo conto che lo stile  e il tratto di Samnee possa non piacere a tutti, ma resto convinto che i fan di vecchia data di Daredevil non potranno che apprezzare il contributo di questo grande artista.

Punisher War Zone #1

Non è facile fornire un giudizio su questo primo capitolo della miniserie. Il ricordo dell’eccellente run di Rucka/Checchetto è ancora vivo e pulsante nei cuori dei numerosi fan di Castle. L’intenso finale apparso sull’ultimo numero ha lasciato i lettori piuttosto turbati, ma ha anche posto le basi per quella che si preannuncia (e anche il titolo lo suggerisce) come l’ennesima sanguinosa guerra personale di Frank Castle. Quest’ultimo viene accusato ingiustamente dell’uccisione di alcuni poliziotti nel corso del suo ultimo intervento; e stavolta sembra che la cosa non sia andata giù ai Vendicatori, i quali hanno deciso di mettere un punto definitivo all’insaziabile sete di sangue di Frank. Gli spunti certamente non mancano. Interessante, in particolare, il rapporto tra Logan e Frank, due personaggi con più di un aspetto in comune. Staremo a vedere se, e in quale maniera, queste premesse verranno sfruttati nel corso di questa nuova miniserie.   

Come detto, non è facile fornire un giudizio obiettivo di questo primo capitolo, così come non deve essere stato facile per Rucka mettere insieme i pezzi della memorabile run appena conclusa e ricominciare tutto daccapo. Ciò che posso dire con certezza in merito a questo nuovo capitolo è che ne ho adorato i disegni di Carmine Di Giandomenico e i colori di Matt Hollingsworth. Il team grafico non fa rimpiangere le tavole di Checchetto che tanto ci avevano esaltato e coinvolto nei mesi precedenti. Si tratta di uno stile unico, personale e certamente distante rispetto ai canoni classici dei comics americani, ma che – specie nella parte dedicata allo scontro tra il protagonista e Spider Man – risulta perfettamente integrato all’interno del racconto. Non voglio dare l’impressione di essere di parte (chiaro che parteggi per gli autori italiani), ma il lavoro di Di Giandomenico mi ha davvero impressionato. L’ho trovato enormemente maturato dal punto di vista stilistico e – almeno a mio avviso – il suo tratto risulta sempre più originale e riconoscibile. Caratteristiche importanti in un contesto – quello del fumetto americano – spesso globalizzato ed uniformato verso uno stile sempre più incline ai gusti del grande pubblico.    

Arruolati (Enlisted)da Thunderbolts #1

Sin dal febbraio 1997 (data della loro prima apparizione su The Incredible Hulk n. 449) la caratteristica principale dei Thunderbolts è sempre stata la loro non celata vocazione al male. La prima formazione, infatti, vedeva tra le fila di questo curioso supergruppo una serie di criminali agli ordini del potente Barone Zemo. Da allora molte cose sono cambiate (ad iniziare dai componenti del gruppo), ma non la caratteristica basilare dei Thunderbolts: la loro caratteristica predisposizione alla violenza e alle soluzioni radicali.

In questo primo capitolo, assistiamo al reclutamento da parte del Generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross (con quel soprannome c’è da stupirsi che lo abbiano messo a capo del gruppo solo adesso) di una nuova unità operativa che dovrebbe svolgere sostanzialmente lo stesso ruolo del Punitore: eliminare definitivamente i nemici, piuttosto che sbatterli in gattabuia. Ed infatti, non è un caso che il primo elemento al quale il Generale Ross rivolga le proprie attenzioni sia proprio Frank Castle (qui raffigurato in versione pre-barbuta); personaggio che incarna alla perfezione tutte le qualità richieste da Ross. Oltre al Punitore, Ross in questo numero propone l’arruolamento anche ad altri componenti: Venom (Flash Thompson), Elektra e Deadpool. Ad occhio e croce una formazione che non dovrebbe tradire le attese. Facile prevedere violenza in abbondanza già dal modo in cui vengono presentati i singoli personaggi, ma anche dalla scelta di Steve Dillon per i disegni. L’artista inglese è un veterano del fumetto pulp, avendo in più occasioni collaborato con un grande maestro del genere: Garth Ennis.

Lo stile di Dillon è sempre stato oggetto di aspre critiche da parte di una consistente fetta di pubblico che ha sempre considerato l’artista non all’altezza dei compiti assegnatigli. Critiche molto spesso dettate dalla moda più che da una vera e propria conoscenza dell’artista. In realtà, lo stile di Dillon si è ben adattato ad alcune opere (Preacher, Punisher) nelle quali si rendeva necessaria la sua cruda essenzialità. Col tempo, poi, Dillon è stato in grado di affinare la sua tecnica e di modularla a seconda del soggetto proposto. A mio personale avviso, piuttosto che considerarlo un deficit per la nuova serie dei Thunderbolts, ritengo che la sua esperienza e la sua naturale inclinazione verso il genere pulp debbano essere considerati dei veri e propri punti di forza. Staremo a vedere. Ad ogni modo, nonostante la personale ammirazione che nutro nei confronti di questo disegnatore, non ho gradito minimamente la sua versione di Hulk Rosso, davvero distante rispetto alla mia personale idea del personaggio. Spero vivamente che migliori.

Quanto alla storia, anche qui è presto per esprimere un giudizio. Mi sento tuttavia in dovere di sottolineare alcuni particolari che non mi sono troppo chiari, nella speranza che qualche lettore più affezionato ai singoli protagonisti della serie possa fugare i miei dubbi. Il primo riguarda la collocazione temporale di questa serie rispetto alla regolare continuity Marvel. Abbiamo visto il Punitore senza la barba e, in ogni caso, non mi sembra che gli eventi narrati in questo capitolo siano coerenti con quanto accaduto in Punisher War Zone #1. Il secondo dubbio riguarda la ragazza dai capelli rosa che Ross tiene richiusa da qualche parte. Si vede uno scontro con Hulk, ma nulla di più. Anche qui, qualche fan del Golia Verde potrebbe venire in mio soccorso; ogni aiuto è ben accetto.   

In definitiva, sono curioso di vedere la piega che prenderà questo titolo e contento di non dover leggere più quelle pessime storie della Sig.na Ghost Rider.
Credo che sia tutto. Alla prossima.

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