Lo dico senza pudore: Fast and Furious è la più bella saga action contemporanea.
Messo da parte lo stile alla Roberto Cavalli versione “auto”, con modifiche colorate, minigonne, alettoni e quanto di più osceno possa essere fatto ad un auto – che sia ben chiaro: mi riferisco al messaggio filtrato per il pubblico medio e cioè “colora la tua macchina che le fighe ti andranno dietro” -, F&F cambia direzione e diventa un action-crime movie: un sottogenere che si concentra maggiormente sulle truffe, le gang e il terrorismo.
L’intuizione si rivela vincente perchè la saga acquista maggior serietà, non rinunciando agli aspetti comici, e dimostra come si possano fare bei film senza impegnare eccessivamente la trama.
Nel sesto capitolo Toretto (Vin Diesel) è contattato nuovamente da Hobbs (Dwayne Johnson) per riformare il team e catturare un pericoloso criminale di nome Owen Shaw (Luke Evans). Ma c’è una sorpresa – non per chi ha visto il finale del quinto: Letty (Michelle Rodriguez) è viva e lavora per i cattivi.
Ci siamo.
Allacciate le cinture.
E via.
Il sesto capitolo conferma due importanti punti: la regia e il carisma.
Sono le componenti esclusive che permettono alla pellicola di decollare.
Girato molto bene con scene d’azione tra le più belle di sempre e giocato sul carisma di due colossi come il buon Vin e l’ingombrante ex The Rock, è un costante climax di esplosioni, pugni e voli d’angelo.
Ma a differenza del quinto, stavolta, la sceneggiatura è al di sotto; salvo solo nell’ultima parte.
Justin Lin si riconferma una vera e propria promessa di questo genere e segna anche una maturità diversa rispetto il precedente capitolo.
Fautore della svolta della saga, con Tokyo Drift e i restanti, Lin regala scena dopo scena palpitazione allo spettatore, che giunge al punto di battere le mani e gioire per alcuni colpi di scena o per l’arrivo del buono di turno: è una specie di transfert.
I protagonisti sono perfetti per le parti: la durezza di Diesel e il granitico Dwaine fianco a fianco ti fanno sentire protetto e a sognare che i super eroi non sono soltanto nei fumetti; sono più maschi e gonfiati di steroidi.
Belle le ambientazioni e gli inseguimenti; Londra e Mosca funzionano come scenario e la scelta di costruire veri e propri set in mattone regalano uno spettacolo più autentico.
Inferiore al quinto ma superiore ai restanti è un titolo da non lasciarsi sfuggire per chi ama il cinema esplosivo.
Nel finale, poi, c’è quel colpo di scena che non t’aspetti e che ti fa prendere il calendario e contare i giorni fino al prossimo capitolo.
Che soffrirà per alcune assenze importanti.
Ma che saranno colmate, a quanto pare, da un grande personaggio.
Adrenalina eh?!
marcodemitri®
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