TWR la (psico)analisi di Transformers 5 : L'Ultimo Cavaliere delle Esplosioni

Prima ancora dell’uscita nelle sale, viene spesso fuori, come una sentenza, la percentuale ottenuta da un film su Rotten Tomatoes. Vedi quello che è accaduto con Batman V Superman e Suicide Squad o con il recente sfortunato capitolo inaugurale del Dark Universe della Universal: La Mummia con Tom Cruise. Tutti bollati come flop ancor prima della risposta del pubblico e, di conseguenza, del box office.

Ecco, quanto appena detto non vale per Transformers. Un franchise che, di critiche e percentuali, se ne sbatte con fierezza. Dopo che il primo Transformers nel 2007 fu accolto con un sufficente 57%, i successivi titoli non hanno mai superato il 20% di gradimento su Rotten Tomatoes. E ok, i critici americani non vedono di buon occhio il cinema d’azione ruspante ma, ogni tanto, l’ignoranza fa breccia anche nei loro cuori, vedi il caso del 79% ottenuto da quella perla rara di Fast & Furious 7.

I film dei Transformers, invece, ai critici americani fanno proprio schifo. E non è che abbiano del tutto torto, anzi. Sono film ripetitivi, con una trama appena abbozzata ed un’epica da due lire, però…

…però ci sono I FOTTUTI ROBOTTONI CHE SI MENANO.

E infatti, nonostante gliene abbiano dette di tutti i colori, i Transformers di Michael Bay fanno esplodere non solo i pianeti, ma anche i botteghini. Pensate che il terzo ed il quarto capitolo della saga hanno incassato più di un miliardo di dollari ciascuno (U.N.M.I.L.I.A.R.D.O.D.I.D.O.L.L.A.R.I.C.I.A.S.C.U.N.O.). 

Ora però, prima di parlare di Transformers 5: The Last Knight, facciamo quattro doverose chiacchiere per ricordarci come siamo arrivati a questo punto.

Con magno gaudio di chi negli anni ’80 smanettava coi robot della Hasbro, nel 2007 Michael Bay porta, per la prima volta sul grande schermo, i Transformers. Il livello raggiunto dalla CGI, finalmente, consente una transposizione di un franchise che, fino a pochi anni prima, sarebbe stato impossibile portare al cinema. Bay si avvale di una storiella incentrata su un ragazzino – un (all’epoca) simpatico Shia LaBeouf – che si ritrova nel bel mezzo del conflitto tra Autobot e Decepticon e svela al mondo l’esistenza di una finora misconosciuta turbopatata: Megan Fox.


– addominali scolpiti e fattezze da paura –

Fin qui tutto bene.
Poi, due anni dopo, esce uno sbiadito sequel, La Vendetta del Caduto, di cui si ricordano solo il viaggio in Egitto e l’assemblaggio di Devastator. Ma il box office premia ancora Bay e allora giù col terzo film, il peggiore di tutta la saga: Transformers 3. Megan Fox se ne va e Shia LaBeouf – nel frattempo diventato monotono e intollerabile – si trova una nuova turbopatata che ansima in slow motion, mentre il ruolo del cattivo va al dottor Sheperd di Grey’s Anatomy. Nel film succede… boh, chi se lo ricorda. Si menano per evitare la solita minaccia di livello estinzione.

Nonostante Transformers 3, come anticipavo più su, incassi addirittura 1,1 miliardi di dollari, è oggettivamente orrendo e, per fortuna, vengono apportati dei correttivi nel successivo capitolo: via Shia Labeouf e dentro Mark Wahlberg col suo bicipite formato Gran Biscotto.


– Crudo o cotto? Gran Biscotto! –

Mark ed i bicipiti interpretano un tizio dal nome cazzuto: Cade Yaeger. A lui Bay affianca Stanley Tucci, una figlia bona, sudata, ansimante e totalmente incapace di recitare (al cui confronto Megan Fox sembrava Anna Magnani), poi ci mette dentro i Dinobot e dà una spada ad Optimus Prime. Il risultato è ignorante ed apprezzabile.

Ed è qui che, nel confezionare il quinto capitolo, viene fuori l’idea che conduce alla cafonata definitiva, una trovata così becera che sarebbe potuta venire in mente solo ai produttori di Sharknado: intrecciare la mitologia dei Transformers con la storia di re Artù e i cavalieri della tavola rotonda. Avete presente quando da bambini facevate scontrare i Masters contro i G.I. Joe e poi arrivavano i Transformers e, nel frattempo, Voltron era assediato dai soldatini? Ecco, è la stessa cosa.
Incredibilmente questa idea, oltre a fornire a Transformers 5: L’Ultimo Cavaliere addirittura un accenno di trama, ottiene il risultato di proporre agli amanti del cinema maleducato scene memorabili come quella in cui un Merlino ubriacone cavalca un drago robot a tre teste. E poi, come ciliegina sulla torta, c’è Anthony Hopkins con un maggiordomo robot sociopatico. Guardarlo recitare in questo film è come vedere un sommelier che degusta Coca-Cola.

Poi ci sono le solite cose: robot che si menano, esplosioni, battutine scritte così così, minaccia di livello estinzione, detonazioni, gente che guarda la fine del mondo al tramonto in slow motion, deflagrazioni, dinobot, navicelle, esplosioni più grosse e via così. Perché – è ridondante precisarlo – ma è ovvio che anche Transformers 5 si fondi sui tre capisaldi del franchise, ovvero i robot, le esplosioni e la figa (non necessariamente in quest’ordine). Nel caso specifico, stavolta il fattore Patata è rappresentato da Laura Haddock (che ricorderete, forse, per il ruolo della madre di Star-lord nei film dei Guardiani della Galassia).

Quindi beh, compratevi un bicchierone di pop-corn bello grosso, un bibitone gasato ipercalorico, spegnete il cervello e entrate in sala a guardare i bicipiti grossi di Mark Wahlberg e dei robot grossi che causano esplosioni grossissime. Senza dimenticare il fondamentale messaggio che Michael Bay vuol trasmettere e cioè che, anche durante la fine del mondo, l’unica speranza di salvezza è la…

Io vi saluto e ci si vede su Facebook:

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2 commenti su “TWR la (psico)analisi di Transformers 5 : L'Ultimo Cavaliere delle Esplosioni

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