L'ANGOLO DI TROLLO: Capitan America: (IN)Civil War

Dopo aver speso tempo e parole per demolire quell’orrore cinematografico che risponde al nome di Batman V Superman: Dawn of Justice (QUI) ed aver giurato solennemente dinnanzi agli antichi e nuovi dei che non avrei mai più messo piede al cinema in tutta la mia vita per assistere ad uno stupido cinecomics, eccomi di ritorno dopo aver visto Capitan America: Civil War (questo perché la parola del Trollo vale meno di zero).

La visione di questa pellicola è stata anticipata da innumerevoli feedback positivi da parte dei fan dei fumetti e soprattutto dei cinefumetti Marvel, aprioristicamente convinti che questo film avrebbe dimostrato tutta la superiorità dell’Universo Cinematogrfico Marvel rispetto all’orrido lavoro svolto fino a questo momento dalla concorrenza Warner/DC.

E’ stato così? Si, decisamente! Si tratta di un bel film? Naturalmente NO!

Capitan America: Civil War è il tipico film mediocre dei Marvel Studios, pieno di azione e fanservice, ma totalmente assente di soggetto, trama e interpretazione. L’anti-cinema, insomma. Il fatto di essere un prodotto migliore di BvS è, in realtà, una magra consolazione (per la serie “sai che ci vuole..“), utile solo a quella massa di cerebrolesi che fanno il tifo per Mamma-Marvel e non per un cinema di buon livello.

Ma partiamo dall’inizio. Civil War, pur essendo tecnicamente il sequel dei primi due capitoli cinematografici di Capitan America, prende le mosse, in realtà, dai fatti avvenuti nei film degli Avengers. La popolazione mondiale è, infatti, sconvolta dalle conseguenze delle battaglie dei Vendicatori (in particolare New York e Sokovia) e teme che l’eccessiva libertà d’azione di cui gode il supergruppo possa costituire un pericolo per la il pianeta. Dei danni che avrebbero causato i Chitauri, Ultron e compaglia cantante, non frega una ceppa di cazzo a nessuno.

Come se non bastasse, sembra che Bucky Barnes, vecchio compagno di merende di Cap con un debole per la dottrina bolscevica, abbia ricominciato a giocare al piccolo terrorista, lasciandosi dietro una discreta scia di sangue e macchiandosi, oltretutto, dell’efferato omicidio del re del Wakanda, padre di Pantera Nera. La paura della popolazione mondiale sale a dismisura (?).

Questo non sta affatto bene a Tony Stark che, preso atto dell’imminente (?) necessità per gli Avengers di firmare un contratto di lavoro a tempo indeterminato con le Nazioni Unite, si trasforma in Iron Sindacalista e tenta in tutti i modi di convincere (con le buone e con le cattive) i suoi colleghi a firmare il contratto collettivo per poi essere liberi di essere costretti a catturare il Soldato d’Inverno. 

Ma il contratto non sembra affatto convincente (orario massacrante, salario minimo da fame e obbligo di convivenza con quel pesantone di Visione) e l’idea di catturare il compagno Bucky non sembra sconfinferare affatto a Cap. Ed è così che quest’ultimo, Falcon e altri rivoluzionari radical chic dell’ultima ora si rifiutano di firmare ed anzi promettono di affinacare il Compagno d’Inverno nella sua singolare protesta. A Tony sale decisamente la VIULEEEENZA! 

Sentendosi ormai alle corde e temendo di perdere la sua battaglia sindacale, Tony si ricorda di aver sempre saputo la vera identità di Spider-man. Quindi, dopo una rapida visita a casa Parker e un altrettanto veloce corteggiamento alla Zia To-May, riesce a far firmare l’accordo collettivo a Spidey e 1, 2 e 3: ecco Spider-man negli Avengers. Decisamente una delle parti più stupide dell’intera pellicola. 

Nel frattempo, Pantera Nera infuriato per l’assassinio del padre, re del Wakanda, si mette un’armatura fica e fa cose fiche in momenti fichi.

Il livello di tensione per le lotte sindacali sale fino al punto che ben cinque esponenti di ogni fazione decidono di darsi appuntamento in un aeroporto abbandonato per corcarsi di legnate. Si tratta di un classico sistema di appianamento delle divergenze in uso ormai da tempo nell’Universo Cinematografico Marvel. A questo punto, finisce un primo tempo godibile e io mi compro un pacco di Cipster.

Tornato in sala, purtroppo, il film cala pesantemente d’intensità (unico fattore positivo del primo tempo) e il secondo tempo si trascina stancamente verso il consueto finale nonsense che non starò qui a raccontare per evitare di rovinarvi la sorpresona (!?). Dopo la solita estenuante attesa per le due inutili e inconducenti scene post credit, me ne torno mestamente a casa, non prima di un timido tentativo presso la biglietteria per farmi restituire i soldi.

Che dire? Un film d’azione ben realizzato nel primo tempo e decisamente sottotono nel secondo. Trama, sceneggiatura e interpretazione di livello davvero basso (tranne che per il solito ottimo Robert Downey Jr.) che non aggiunge e toglie nulla a quanto visto sin ora nel MCU. Il pregio maggiore è certamente la regia dei fratelli Russo (già ottima nel secondo capitolo dedicato a Cap), in grado di rendere ogni scena di lotta nel modo più chiaro, fluido e convincente possibile. Buona anche la caratterizzazione di quasi tutti i personaggi, che godono ognuno di uno spazio sufficiente. Pantera Nera è molto fico.

Tuttavia, per il resto, come detto, si tratta di un film assai carente sotto il profilo della sceneggiatura e dei dialoghi. Un film adatto ad un pubblico giovane, ma la cui visione rischia davvero di irritare lo spettatore più maturo. Come sempre, probabilmente, il problema è di noi nerd cresciutelli che insistiamo nell’aspettarci sempre film sui supereroi rivolti a noi, quando, ovviamente, l’industria cinematografica non ha alcuna convenienza a farlo. Non saremo noi il pubblico di domani e non acquisteremo noi pupazzetti, tazze e zainetti di Spider-man. Il futuro è dei ccciovani. Noi vecchi possiamo tranquillamente andare a farci fottere.

Con queste amare considerazioni, il Trollo vi saluta, ricordandovi che, se siete anche voi degli intollerabili nerd nostalgici del tipo “quando ero giovane io, i Quinjet passavano in orario“, non potete esimervi dal mettere un like alla pagina del vecchio Trollo. Se l’alzheimer galoppante glielo permetterà, ve ne sarà grato.

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