L'ANGOLO DI TROLLO: L'accanimento terapeutico sui Fantastici 4

E’ un tranquillo venerdì sera a casa Trollo. La TV trasmette senza sosta soporiferi episodi di Friends, mentre l’affascinante padrone di casa si aggira nervosamente tra le sue stanze, in cerca di qualcosa di nuovo da odiare. Certo, basterebbe farsi il solito giro sull’internet che, tra odiosi social merdwork e la penosa informazione da strapazzo, è sempre in grado di far girare le palle anche a Giobbe strafatto di Lexotan. Si, ok, divertente, ma non stasera. Stasera Trollo preferisce godersi una serata tranquilla, al chiaro di luna, cullandosi nell’utopistico sogno di un futuro senza fondamentalisti nerd, bimbipene e altri ignobili prodotti del web.

Ma un eroe non può scegliere quando riposare. Ed è così che, mentre Trollo fissa il cielo con sguardo sognante, avvolto nella sua vestaglia rubata al Best Western di Bologna, il cielo viene d’un tratto illuminato da un bagliore improvviso. E’ il TROLLO SEGNALE. Non c’è tempo per il cazzeggio: è uscito il film dei merdosi Fantastici 4.   

Nel parlare di come la Fox abbia utilizzato come carta da culo i contratti sui diritti dei Fantastici 4, la premessa, però, è d’obbligo: al Trollo in linea di massima fanno cagare i film sui supereroi, specie nell’accezione che negli anni hanno dimostrato di volergli dare i Marvel Studios. Mi riferisco al target a cui, volontariamente e palesemente, ha scelto di rivolgersi la Casa delle Idee con i suoi film, costituito da bambini e da famiglie, piuttosto che dai giovani adolescenti che sarebbero, invece, il pubblico naturale di questo genere di blockbuster. Dico questo, per far capire anzitutto che quando vado al cinema a vedere un film del genere, parto sempre con aspettative praticamente pari a zero; specie poi se, come in questo caso, la pellicola è preceduta da una già pessima reputazione.  

Ma il cinema è magia. E la magia è in grado di sorprenderti sempre. Per cui, nonostante partissi già con l’idea di andarmi a vedere un film penoso, Fantastic Four è riuscito comunque a sorprendermi, rivelandosi essere addirittura peggio di come era stato descritto. Un filmetto con una trama da due soldi che non spicca mai il volo e che risulta incapace di creare partecipazione nello spettatore dal primo all’ultimo minuto di visione.

Ora, sarebbe persino troppo facile sputare merda su un film mediocre come questo, sottolineando puntigliosamente le differenze più eclatanti con l’omonimo storico fumetto. Ma la realtà è che così facendo, la mia brillante opinione si confonderebbe con le vostre chiassose voci da bimbipene scriteriati, andando a confluire in un parere aprioristico e massificato, basato principalmente sul colore della pelle di Johnny Storm (che francamente è una delle cose meno fastidiose di questo film) e sull’assenza di mutandoni della Cosa.

Trollo non è infatti qui per ripetere le deprecabili banalità già manifestate da “illustri youtuber” e blogger dalla dubbia autorevolezza e dalle indubbie (in senso negativo, si intende!) capacità intellettive. Trollo è qui per darvi, come sempre, un punto di vista diverso dalla massa di social-dementi piagnoni, che si affannano ossessivamente a ripetere sempre lo stesso concetto, oltre che portarvi (che è la cosa più importante) ad approfondire nuovi e variegati profili di disprezzo.

Certo, sul fatto che questi quattro sfigati in tutina non siano i Fantastici 4, siamo tutti d’accordo. E credo anche sul fatto che sia controproducente intitolare un film Fantastic Four, quando poi i protagonisti non ricalcano minimamente le loro ipotetiche controparti cartacee, la loro caratterizzazione, così come il contesto in cui le loro vicende si svolgono. E questo perché – porca troia – se vuoi fare un film crepuscolare su un gruppo di supereroi, mantenendoti distante da qualsiasi personaggio già esistente, nessuno ti vieta di farlo. Non c’è scritto da nessuna parte che i film sui supereroi debbano necessariamente ispirarsi ai personaggi dei fumetti. Si tratta di trovare un soggetto decente su cui lavorare e di spremersi un po’ le meningi nel tentativo di creare qualcosa senza avere un canovaccio da seguire. In fondo, i tentativi precedenti non sono stati poi tanto male. Basti pensare a Gli Incredibili o a Hancock; produzioni che non hanno avuto bisogno di una fanbase precostituita per generare grandi incassi.

Ad ogni modo, tentando di dimenticare il titolo del film e cercando di pensare a questo quartetto come a una nuova proposta del panorama supereroistico cinematografico, ciò che rimane è un film lentuccio, con dialoghi ridicoli e con caratterizzazioni sterili. Una pellicola che tenta invano di proporre un approccio diverso e più “dark” rispetto alle altre pellicole targate Marvel; ma limitandosi a farlo solo sotto l’aspetto visivo e mai sotto quello sostanziale.

La trama si dipana in modo telefonato, partendo dal solito insopportabile cliché del nerd geniale e incompreso che, nel buio del suo garage e in compagnia dell’amico Ben – demente ma coraggioso – costruisce nientemeno che un congegno per il teletrasporto. Il giovane Reed, però, dovrà attendere altri 8 anni prima di arrivare al successo; quando, alla fiera della scienza del suo paesello, incontra il Dott. Storm e sua figlia adottiva Susan. I due brillanti scienziati, evidentemente, sono soliti andare in giro per le fiere scolastiche di tutto il paese alla ricerca di geni incompresi a cui affidare progetti milionari di viaggi interdimensionali, sovvenzionati dal governo degli Stati Uniti. Tutto più che verosimile, direi.

Ma il Governo cattivo (non a caso era uno dei villain di Supergiovane, insieme ai Matusa) vuole impadronirsi dell’invenzione di Reed; per cui ai ragazzi che partecipano al progetto (Reed, Johnny e Victor Von Doom) non resta altro che ubriacarsi in tre con una fiaschetta di vino da 10 ml, chiamare a raccolta anche l’amico Ben (altrimenti la Cosa chi la faceva?!?) e imbarcarsi loro stessi nel primo, fantasmagorico viaggio interdimensionale, verso quello che è stato giustamente ribattezzato Pianeta Zero (perché Zona Negativa poteva essere confuso per un luogo con persone estremamente pessimiste).

Da qui in poi, ho dormito. Pesantemente. Poi, tornato a casa, ho scaricato il finale del film e mi sono riaddormentato. Ma poi, la mattina dopo e grazie all’aiuto di svariati caffè, sono riuscito a vedere la fine del film. Cosa che avrei benissimo potuto evitare. Il viaggio interdimensionale, infatti, dota i ragazzi (anche Susan che si era beatamente fatta i cazzi suoi) di eccezionali (?) poteri che il Governo monellaccio vuole però sfruttare per i suoi loschi piani militari. Beh, non ci riesce.

Sul finale, il film cambia toni, riportando tutto alla solita favoletta in stile Marvel Studios (da cui la produzione aveva scelto – almeno a parole – di allontanarsi), con la terra in pericolo e lo scontro finale vinto dai buoni. Ah quasi dimenticavo: Victor Von Doom è il cattivo del film (anche se io ho tifato per lui tutto il tempo in cui sono rimasto sveglio).

A parziale giustificazione di questo obbrobrio cinematografico, va detto che non dev’essere semplice confrontarsi con personaggi come Reed e soci. Si tratta, probabilmente, dei più anacronistici eroi del panorama Marvel, oggetto, in tante occasioni, di ripetuti tentativi di rilettura o restauro, ma – almeno a mio avviso – sempre con scarso successo. Non è colpa dei cari Fantastici 4, semplicemente l’archetipo della famiglia normale con super problemi non crea più nessun appeal; ed è per questo che la Fox ha ritenuto logico cercare e trovare altri adattamenti, per poter continuare a racimolare un po’ di soldi con roba scritta 60 anni fa (un po’ come se oggi si proponesse una sitcom su una ragazzina robot o un telefilm su una macchina parlante).

So bene che l’argomento farà incazzare tanti di voi, ma la verità è che non tutti i personaggi dei fumetti dovrebbero avere una vita editoriale così lunga. Ci sono storie, contesti e personaggi che invecchiano più di altri e che non conservano all’infinito il loro fascino. E’ per questo che le storie vanno lette sempre e comunque tenendo conto del contesto storico e culturale da cui provengono e dal quale spesso traggono i maggiori profili di interesse. Per decenni l’intera produzione di fumetti mainstream americani si è basata esclusivamente su personaggi sempre uguali, inseriti in storie adattate all’evoluzione storica e culturale. Come nella Commedia dell’Arte o nelle storie di Topolino, i personaggi della DC Comics e della Marvel hanno continuato e continuano a reainterpretare se stessi, in un infinito e ininterrotto tentativo di autoadeguamento. Ma, purtroppo per i nostalgici invasati, questo sistema non può funzionare per tutti. Ed è così che oggi, le dinamiche della famiglia con superproblemi non sembrano così attuali e si è dunque costretti a rivisitare, anzi a rivoluzionare, un concetto che, nella sua veste tradizionale, altrimenti non funzionerebbe più.   

Non voglio dire – ovviamente – che dovrebbero interrompere la pubblicazione di Spider-man o di Batman, sia inteso (si tratta di franchise che ancora producono un enorme interesse e vendite più che consistenti); ma che, in alcuni casi, ci sono personaggi su cui non ha senso questo accanimento terapeutico, tanto fumettistico, che cinematografico. Specie se poi il risultato è una merda da milioni di dollari come questa.

Trollo insomma è per l’eutanasia supereroistica, quando necessario. Meglio morti con onore che vivi senza orgoglio e senza mutande.

Alla prossima.

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