Il ritorno di MarvelMan

A Marzo, mi raccomando investite bene i vostri soldi, se dovete fare dei tagli e decidere di lasciare sugli scaffali qualche serie Marvel,  DC o Image che sia, se dovete troncare qualche testata per rientrare nelle spese, fatelo. Se necessario smettete anche di fumare (è la cosa più inutile del mondo), o di sfondarvi il fegato in aperitivi quotidiani dove tanto ormai, a parte il conto da pagare o la promessa di una cirrosi epatica, non rimediate molto altro.
Insomma tagliate qualcosa di superfluo nella vostra vita perchè, finalmente, arriva in Italia qualcosa di fondamentale nel percorso della vostra formazione da nerd, o da geek (se vi sentite particolarmente fighi come me :p).
Dopo anni, ma tanti anni, torna il MiracleMan di Alan Moore, uno dei più importanti capitoli della rivoluzione del fumetto in calzamaglia.

Un successo nato da un plagio

Nel 1939, sulla scia del successo del superuomo pubblicato dalla National Periodical Pubblications (la futura DC Comics), creato dal primo dinamico duo della storia del fumetto, Shuster & Siegel, la casa editrice americana Fawcett Comics, introdusse sul mercato il character di Captain Marvel (e famiglia), le cui testate arrivarono a vendere fino ad un milione di copie per numero.
Sono più che certo che non avete bisogno che io vi dica chi sia Capitan Marvel, ma ormai adoro propinarvi questi articoli dettagliati quindi state zitti, che una rispolverata vi può fare solo che bene. Maleducati oltrechè asini.

Bill Parker e Clarence Beck (alle matite) crearono nel 1939 un personaggio che negli anni successivi sarebbe diventato uno dei characters più amati d’ America, al pari del Superman di Shuster e Siegel.
Così amato da meritare un adattamento  televisivo, un telefilm di 12 episodi chiamato The adventures of Captain Marvel, interpretato da Tom Tyler, trasmesso nel 1941 ( di cui vi consiglio la visione su Youtube).

Il giovane Billy Batson, un fattorino orfanello, dopo un fortuito incontro con un misterioso mago chiamato Shazam, viene investito di un immenso potere: pronunciando il nome del mago, infatti, è in grado di evocare un fulmine magico che lo trasforma nel mortale più potente della Terra.

Il successo fu così assoluto che intorno al Capitan Marvel, la Fawcett aggiunse un’ intera famiglia Marvel: Miss Mary Marvel, Uncle Marvel, e Capitan Marvel Junior.
Il segreto del successo di questi fumetti era da ricercare nelle trame dalla struttura semplice ed immediata, capaci di conquistare un bacino di lettori più ampio, constestualizzato ad un indirizzo più familiare, rispetto al Superman della National Periodical Pubblications ma, per dirla tutta, le storie di Capitan Marvel raccoglievano un così grande consenso perchè i giovani lettori non avevano molte difficoltà ad identificarsi in un loro coetaneo, capace non solo di trasformarsi, grazie alla magica saetta, in un adulto, ma in un adulto con superpoteri! Era quasi più plausibile rispetto all’essere proveniente da un altro pianeta. 
La fortuna economica del Capitano del suo editore perdurò fino al 1953, anno in cui la National vinse l’ultimo appello di una battaglia legale durata circa un decennio, una guerra combattuta nelle aule di tribunali, in cui la Fawcett sostanzialmente, era accusata di plagio, di aver cioè creato il personaggio di Capitan Marvel copiando in modo spudorato Superman.

In verità, tra le decine di imitazioni, di cui godeva Superman a quei tempi, Capitan Marvel era quello che meno di tutte meritava una simile accusa, ma evidentemente, la vera causa dell’azione legale era data dal fatto che i fumetti di Capitan Marvel e famiglia minacciarono seriamente la popolarità del Kryptoniano.
In breve, il finale di questa dispendiosa diatriba fu che chiusero una dopo l’altra tutte le pubblicazioni della Fawcett Comics con protagonista Marvel e parenti: 
Whiz Comics chiuse con il numero155, Captain Marvel Jr. con  il 119, e Marvel Family con il numero 89.

 

Intanto in Inghilterra…

Intanto in Inghilterra il detentore dei diritti di pubblicazione delle Marvel serie della Fawcett era un certo signor Miller della L. Miller & Son Pub. che nel 1954 in seguito alla chiusura delle pubblicazioni in America di Capitan Marvel si ritrovò privo di materiale da portare nelle edicole inglesi.
Fu così che decise di affidare ad un autore già affermato chiamato Mick Anglo, la creazione di un nuovo personaggio che ricordasse il defunto Capitano e ne colmasse l’improvviso vuoto.

Marvelman, escludendo alcune sottili variazioni come la tutina aderente blu, era pressappoco identico a Capitan Marvel, e forse proprio per questo motivo, raccolse una risposta molto entusiasta del pubblico inglese, tanto che la sua vita editoriale (la prima) durò ben nove anni, dal 1954 al 1963.

Billy Batson fu sostituito da Mick Moran, un fattorino del Daily Bugle (ovviamente non lo stesso Bugle che anni dopo avrebbe comprato le foto di un certo Peter Parker) che, dopo aver salvato da un’ aggressione l’ astrofisico Guntag Barghelt, venne designato da quest’ultimo come il custode di un immenso potere cosmico, che lo scienziato stesso aveva scoperto nel corso dei suoi studi in un laboratorio segreto.
Così il piccolo Mick Moran pronunciando la parola aliena Kimota (atomic sillabata al contrario), era un grado di evocare un fulmine che lo trasformava nel potentissimo MarvelMan.

Anglo ben presto ispirandosi alla serie Fawcett introdusse anche nuovi personaggi: come Young Marvelman e Kid Marvelman, Young Nastyman che era la controparte british di Black Adam, o ancora il Doctor Gargunza, che ricordava nel suo machiavellico modus operandi, il perfido Dottor Sivana.

La serie chiuse i battenti in seguito al forte calo di vendite dovuto all invasione dei nuovi characters della Marvel Comics creati da Stan Lee, i famosissimi supereroi con superproblemi che avrebbero ben presto conquistato i cuori della nuova generazione di lettori. 

Prima di fare un salto ventennale ed arrivare agli anni ’80, per la vostra  inestinguibile sete di sapere, vi segnalo che nel 1966, l’Editoriale Europa, pubblicò in Italia la testata MarvelMan, un albo gigante di 48 pagine in bianco e nero con copertina a colori, che raccoglieva le avventure firmate da Anglo e di cui furono pubblicati meno di 10 numeri.

 

Alan Moore e l’edizione Panini.

Ho provato a contattare il sig. M.M. Lupoi per avere qualche notizia extra riguardo la testata di prossima pubblicazione, ma molto gentilmente non mi si è cagato di striscio, quindi dovremo arrangiarci con quello che ho appreso navigando in rete.

Il Ritorno di Marvelman

Dopo il 1963 Marvelman cadde nel dimenticatoio fino al giorno in cui Derek Skinn della Quality Communications rilevò i diritti di pubblicazione di MarvelMan e commissionò ad un giovane e già promettente Alan Moore la sceneggiatura di una rivisatzione in chiave moderna del vecchio personaggio della golden age inglese.

Moore fu scelto proprio in base alla sue stesse dichiarazioni durante un intervista rilasciata alla Society of Strip Illustrators, che chiese a molti autori inglesi quali fossero i loro progetti o le loro ambizioni. In quella sede, Moore disse che avrebbe scritto volentieri una nuova serie di storie per il vecchio personaggio di Mick Anglo. Skinn già redattore di quella che sarebbe poi diventata la rivista contenitore che avrebbe serializzato il rivoluzionario V for Vendetta, Warrior, non si fece scappare l’occasione ed assunse Alan Moore, allora già un giovane e dotato autore, affiancandogli per i disegni Garry Leach prima ed Alan Davis poi.

 

L’arrivo del metaumano

Dimenticate tutto quello che pensavate di sapere sulla nascita del cosiddetto metaumano, quel concetto più adulto di superpotere, l’approfondimento sul rapporto tra i superesseri ed i comuni umani. Resettate le vostre informazioni e date una nuova paternità a questi concetti rivoluzionari.
E’ Alan Moore il primo autore che si misura con questa decostruzione, è sempre lui, il bardo, che introduce quasi in sordina in questa rivista, le linee guida che caratterizzeranno il fumetto supereroistico degli anni ’90-2000. Che lui stesso perfezionerà nella bibbia chiamata Watchmen.
Il vecchio (Marvelman) ed il nuovo (Watchmen) Testamento.

La famosa revisione del concetto del supereroe comincia proprio nelle pagine di A Dream of Flyng, che presumo sarà contenuto nel primo numero della nuova pubblicazione Panini.

  

A little bit of hype – A Dream of Flyng

E’ semplicemente un piccolo gioiello. Il Mick Moran di Alan Moore è un individuo adulto, stanco, terribilmente anonimo, spaventosamente umano, che non ha alcun ricordo del suo passato di supereroe, passato che ritorna prepotentemente nei suoi ricordi durante l’attentato terroristico ad una centrale nucleare. La bellezza del Marvelman di Moore (che sarà ribattezzato Miracleman solo in seguito, quando l’americana Eclipse Comics ne acquisterà i diritti per la pubblicazione sul suolo americano, cambiamento che verrà fatto per preservare l’appetibile serie da eventuali ritorsioni della Marvel comics in merito all’uso del nome) risiede proprio nel disadattamento del superuomo in un mondo realistico, dove le sue doti sono viste per la prima volta con scetticismo e terrore dalla popolazione. Il cinismo e il terrore di Liz nei confronti delle nuove doti sovrumane del suo compagno, è terribilmente attuale se pensiamo che si tratta di materiale del 1982.
L’alienazione del supereroe che distrugge, danneggia e persino uccide con il suo potere sembrano concetti e soluzioni narrative contemporanee, basti pensare ad Invincible di Kirkman o al satirico HeroSquared di Giffen e De Matteis, sono in realtà frutto del genio di Alan Moore.

Nel MarvelMan pubblicato su Warrior, è innegabile anche una rivoluzione grafica, i disegni di Leach e successivamente di Davis tendono al realismo. Un ulteriore punto di divisione dal tratto scanzonato della serie di Anglo, che in alcune tavole è persino emulato con la precisa volontà di evidenziarne l’inevitabile trapasso, l’inadeguatezza. 

Un tratto che rafforza la certezza che Mick Moran si trova in un mondo diverso da quello dove ha vissuto le prime gloriose ed al tempo stesso innocue avventure.
Racconterà a Liz, in una meravigliosa prosa che solo il Bardo può elaborare per un fumetto:

“Liz per favore lo so che può sembrare stupido adesso, ma negli anni ’50 aveva senso, almeno così ricordo io.” 

Ed ecco che in poche didascalie, il solito geniale autore, descrive tutto l’anacronismo del personaggio della golden age, inserito nella disillusa realtà dell’ Inghilterra degli anni ’80.

Da MarvelMan a MiracleMan

Con la chiusura della testata anglosassone Warrior, la serie fu bruscamente interrotta, ma l’innegabile qualità della saga ideata da Moore fece in modo che non restasse troppo fuori dai circuiti di distribuzione, ed infatti alla Quality, succedette la Eclipse Comics, decisa a pubblicare la serie in America.
Quindi, come abbiamo già detto, nell’ Agosto del 1985, vede la luce MiracleMan n° 1 che fino al numero 6 ripropone il primo Arc di More già apparso su Warrior (e che noi leggeremo nella sua interezza per la prima volta il prossimo Marzo).
Nell’ Aprile del 1986, il settimo numero della testata, contiene del materiale inedito scritto da Moore, commissionato dallo stesso editore, dopo il successo dei primi numeri e la crescenta popolarità dell’autore inglese, che nel frattempo per la DC Comics sta resusciando il fumetto supereroistico con la sua opera più famosa, Watchmen.
L’ ultimo numero firmato da Alan Moore, è datato Dicembre 1989, (MiracleMan #16), dal #17 arriva Neil Gaiman, che ne scrive le storie fino alla chiusura della testata con il numero 24 (1994), per i problemi finanziari della casa editrice che dichiara bancarotta.

Todd vs Neil

Nel 1998 il sopravvalutatissimo Todd McFarlane ad un’asta, si accaparra i diritti su tutti i personaggi Eclipse, ma in realtà, l’unico ad interessargli davvero è proprio Miracleman, che l’autore vuole introdurre nell’universo narrativo del suo Spawn. Ma l’intoppo è dietro l’angolo.
Il buon Todd, infatti, non fa in tempo a commissionare a Steve Niles uno story-arc che dovrebbe introdurre MiracleMan nel ciclo narrativo di HellSpawn, ciclo di storie che l’avido ed astuto devastatore di anatomie ragnesche, aveva già pensato di accompagnare con una nuova linea di ActionFigure ispirate al character di Moore (e prodotte dalla sua azienda di pupazzetti), che si ritrova in posta in ingiunzione vergata dai legali di Neil Gaiman, che gli proibiscono l’uso del personaggio.
Nonostante le agguerrite difese degli avvocati di McFarlane, la battaglia legale dura ben più di una decade, ed il cavillo  è dato dal fatto che i diritti comprati all’asta, valgono per tutti i personaggi Eclipse ad eccezione  di MarvelMan/MiracleMan, in quanto il suddetto character è orfano di una specifica proprietà. Ripercorrendo a ritroso la tribolata vita editoriale del personaggio, infatti, viene fuori che nè la Miller & Son, nè Anglo, e tantomeno la Quality Comics detengono specifici copyright sul personaggio, la cui paternità è legalmente attibuita all’ultimo scrittore ed all’ultimo disegnatore prima della chiusura: Gaiman e Buckingam.

La guerra (la seconda, se consideriamo quella della Fawcett-National Periodical) legale si prolunga fino al 2009, nel frattempo a dar sostegno economico a Gaiman ed alla sua neonata Marvels and Miracles LLC, arriva anche Joe Quesada, a quei tempi Editor in Chief della Marvel Comics, che evidentemente ha in mente un recupero del personaggio e infatti parallelamente la casa delle idee tratta l’acquisizione delle vecchie storie di Mick Anglo degli anni ’50-60.

Da MiracleMan a MarvelMan

E’ il 2009, quando arriva l’annuncio della Marvel, che pubblicherà in America una serie di volumi che raccolgono le prime storie di MarvelMan firmate da Anglo.
Con la proprietà dei diritti di pubblicare il materiale golden age firmato da Anglo in Mano alla Marvel Comics (che nel frattempo è riuscito almeno ad essere accreditato per il materiale da lui scritto a cavallo degli anni ’50-60), ed i diritti sulle storie di MiracleMan ben salde in mano a Gaiman (che a quei tempi è uno degli autori che stanno facendo bella la Marvel, vedi la miniserie 1602), al buon Todd non resta che arrendersi e gettare la spugna. La beffa finale è l’ennesimo cambio di nome del personaggio che torna a chiamarsi MarvelMan, lasciando il vecchio nome concepito dalla Eclipse per evitare problemi legali proprio con la Image Comics, nelle mani di Todd Macfarlane, come la buccia di un frutto proibito, al quale non è riuscito nemmeno a dare un morso.

Moore fuori dai Credits

Una cosa che noterete subito nei credits del nuovo mensile Panini di Marzo è l’assenza del nome di Alan Moore dalla copertina e dall’intero albo, la ragione risiede nelle frasi dello stesso Moore, che si è dichiarato molto seccato dalla lunga vicenda legale e che ha già in passato rinunciato a credits e guadagni per l’uso delle sue opere da terzi, vedi le trasposizioni cinematografiche di V for Vendetta, Watchmen o From Hell, o ancora La Lega degli uomini straordinari. D’altronde il bardo si è sempre mostrato estremamente refrattario a qualsiasi tentativo di riedizione, ricostruzione o reinterpretazione dei suoi lavori.
Ci vediamo in edicola a Marzo, ci aspetta MiracleMan… volevo dire Marvel Man!

Baci ai pupi.

Link blog: Fumettopenia

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